I libri come Crescere Nonostante» (a cura di di Stefano Laffi per Codici, Edizioni dell’Asino) sono poco letti perché l’Italia è un paese dove a farla da padrona è la divulgazione di soli elementi culturali ideologicamente approvati e che infatti, una volta acquisiti, non producono, né gli viene chiesto di produrre, alcun cambiamento sulla vita reale. Crescere Nonostante è invece un libro che suggerisce una variazione dello sguardo sul mondo giovanile contemporaneo rimettendo in gioco il rapporto tra adulti e ragazzi, tra padri e figli, ma anche tra educatori ed educandi.
Stefano Laffi nella sua introduzione chiarisce tuttavia che il libro non è un manuale dell’operatore sociale «ma una raccolta dei suoi possibili punti di vista attorno a un tema” quello su cui la cooperativa milanese Codici lavora ormai da dieci anni – la ricerca e l’intervento sociale– e che ha prodotto quest’opera corale dei suoi componenti. Si tratta di 8 saggi che hanno la particolarità di partire da esperienze biografiche dei loro autori, da cui il sottotitolo di romanzo di formazione, per allargarsi a riflessioni sul mondo giovanile e sui rapporti intergenerazionali.
Il libro è pensato non solo per essere una messa in discussione dei punti vista sulle giovani generazioni ma anche una rimessa in gioco del rapporto tra scrittura e azione, tra osservatore ed osservato. Come Laffi afferma nell’introduzione, «la fortuna del lavoro con bambini e ragazzi è questo sguardo critico che si acquista verso la realtà tutta e non solo intorno alla loro condizione, è l’urgenza che si sente di un cambiamento a beneficio non solo loro ma nostro, è la ricchezza dei nuovi immaginari che si aprono. Inutile dire che i primi a cambiare siamo stati noi».
Nel primo saggio «Scuola obbligata» Massimo Conte ribalta il punto di vista per cui gli adolescenti problematici diventano pessimi scolari a favore di quello per cui chi non riesce bene a scuola diventa problematico e afferma infine che, grazie agli effetti di delegittimazione e repressione da parte degli ultimi governi verso la scuola, «non è più interna a nessun movimento, e non è più interna al reale dibattito pubblico. Resta un campo isolato di cui si interessano solo gli addetti ai lavori e gli studenti, chiusi in una posizione di difesa di quello che resta della scuola pubblica».
In «Scegliere la propria causa» Andrea Rampini ripercorre la propria formazione politica di base e la confronta con l’attuale boom dei metodi partecipativi proposti ai giovani « in troppi casi queste retoriche sono utilizzate in modo pretestuoso, come strumento di propaganda per circuire elettori e consumatori. La partecipazione in questi casi suona come un imbroglio».
Valentina Bugli, nel saggio «Because I’m black», affonta le problematiche di genere tra le giovani di origine straniera per ribaltare lo sguardo sull’esperienza migrante come « acquisizione di superpoteri che sono in effetti una somma di capacità inedite: bilinguismo, trilinguismo, dialettica e riflessività, abilità nel bilanciare l’energia nei gruppi, capacità di mediazione tra generi e generazioni, spirito di sacrificio, capacità di adattamento».
Oana Marcu in «La reinvenzione dell’adolescenza» racconta i giovani rom romeni dopo le dure azioni repressive degli ultimi anni in Italia dove «sono rimasti quelli più capaci di affrontare l’estrema precarietà della mancanza di un alloggio e nelle attività di strada». Daniele Brigadoi Cologna in «Per una pedagogia dell’avventura» racconta di un viaggio-studio di giovani italiani in Cina che diventa anche «costruzione della realtà come adeguamento progressivo alla differenza culturale».
«L’enigma del lavoro» di Domenico Letterio dovrebbe essere letto da tutti quelli interessati alla disoccupazione giovanile, specie al Sud, in quanto afferma che “E’ questo, in prima battuta, ciò che cercano i ragazzi e le ragazze che sono alla ricerca di un lavoro. Sono alla ricerca di un senso, di fronte all’imperante insensatezza del mondo in cui si trovano a vivere».
Infine, in «Perdersi nel futuro» Stefano Laffi riprende un tema del suo bel libro La congiura verso i giovani e definisce tale congiura « la negazione di un accesso alla realtà, la depoliticizzazione della presenza di bambini, ragazzi e giovani: deupaperati del diritto di dire la propria e di vedere riconosciuto un potere di incidenza sul mondo, hanno avuto in cambio un’esistenza confortevole, il lauto risarcimento materiale dei consumi, una sorta di sonnifero alla protesta generazionale».
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