sabato 8 novembre 2025

LETTERATURA, NOIR E SOCIETA' ITALIANA. CALDIRON G., La sfida della perdita nel blues del Nordest, IL MANIFESTO, 8.11.2025

 «Alla nostra età non c’era più tempo per rimediare alle cazzate». Un modo come un altro per dire che alla vita e alle scelte che la possono, o forse la devono accompagnare, è giusto dare un senso, un significato che solo la perdita, la fine, può davvero negare. Sebbene si tratti di un ammonimento che l’Alligatore riserva a se stesso pensando al modo in cui ha rincontrato un suo grande amore di tanti anni prima, e a come intende vivere questo inatteso legame, si può essere tentati dal pensare che quelle parole suonino come una sorta di incipit per il ritorno sulla scena del celebre detective senza licenza creato oltre trent’anni fa da Massimo Carlotto.



PERCHÉ in A esequie a venire (Einaudi Stile Libero, pp. 210, euro 18), non solo il personaggio di Marco Buratti, l’ex cantante di blues che ha perso la voce in prigione dopo essere stato condannato ingiustamente, ma che in quel contesto drammatico ha appreso molte cose che metterà poi a frutto nelle sue indagini – lo scrittore padovano lo fece debuttare nel 1995 in La verità dell’Alligatore (e/o) -, ma anche gli amici più fidati con cui divide ogni avventura, mostrano con chiarezza ciò gli anni che passano inesorabilmente anche per loro portano con sé.

Nel romanzo, l’Alligatore ritrova i suoi due storici soci, l’ex contrabbandiere Beniamino Rossini e Max la Memoria, un reduce degli anni Settanta che ora cerca di appassionarsi alla Rete, condividendo perfino con loro una cascina sui Colli Euganei alle porte di Padova. Ma se gli eterni lavori di ristrutturazione della casa e gli appuntamenti culinari che grazie a Max scandiscono la loro convivenza possono far pensare ad una vita da studenti un po’ attempati, l’impressione è che in sottofondo aleggi sempre il sentimento della perdita cui ciascuno dei tre si misura in modo differente.

Sono gli amori perduti, o la donna con cui si era pensato di poter trascorrere l’intera esistenza a far compagnia ai personaggi. E, in qualche modo ancora più in là sullo sfondo, l’idea che la vera sfida per chi campa sia quella di dare un senso a ciò che resta dopo questo vuoto, che probabilmente non è solo fatto di persone che non ci sono più, ma anche di un mondo che ha perso significato e i cui frammenti restano talvolta impigliati soltanto nelle reti opache della memoria.

COME IL BLUES – una playlist di voci femminili «ascoltate» durante la storia conclude il libro per offrire al lettore l’opportunità di condividere anche questo aspetto dell’itinerario dell’Alligatore – esprime a un tempo una nostalgia di futuro e tutta la malinconia del presente, anche le storie narrate in A esequie avvenute sono scandite dal dolore ma anche dalla volontà di opporvisi, di dare un senso alla vita battendosi per quanto possibile contro la violenza, la sopraffazione, la negazione della libertà. Due storie si intrecciano nel percorso dei protagonisti, proiettando delle vicende personali nella prospettiva di una realtà sociale ambigua, porosa alla corruzione e all’arricchimento ad ogni costo come è quella del Nordest che Carlotto indaga da sempre attraverso una rielaborazione affascinante e sicura dei codici del noir.

Due storie si intrecciano nel percorso dei protagonisti, proiettando delle vicende personali nella prospettiva di una realtà sociale ambigua, porosa alla corruzione e all’arricchimento ad ogni costo come è quella del Nordest che Carlotto indaga da sempre attraverso una rielaborazione affascinante e sicura dei codici del noir

Da un lato c’è il rapimento di una donna moldava legata sentimentalmente a un imprenditore veneto che, al pari di molti suoi colleghi della zona, si avvale dei servigi delle banche clandestine cinesi in grado di movimentare rapidamente ingenti risorse al nero e di ripulire ogni genere di soldi sporchi.

Proprio per questo, non volendo rivolgersi alla polizia, l’uomo, contattato dai rapitori, chiederà all’Alligatore e ai suoi amici di scoprire quanto è accaduto: la verità sarà dolorosa e per molti versi disarmante. Dall’altro c’è il caso di una giovane ucraina, fuggita dalla guerra ma costretta a prostituirsi in Veneto da un’organizzazione mafiosa di suoi concittadini. Quando Beniamino, che anche grazie all’aiuto di Marco e Max ha intrapreso una sua guerra personale contro la tratta delle donne, riuscirà a metterla in salvo, la reazione della mafia ucraina, prosperata nel silenzio generale nel resto d’Europa all’ombra, e anche grazie alla guerra in corso, sarà selvaggia e terribile.

LE MAFIE, quelle locali di cui il Veneto aveva conosciuto una versione cresciuta nell’entroterra veneziano già negli anni ’70, come quelle legate a network globali, dalla Cina all’Ucraina, e un «sottobosco economico» regionale che viola sistematicamente la legge, saccheggia il territorio, inquina e sfrutta, e che a quel mondo criminale è spesso legato. È questo lo scenario in cui si muovono l’Alligatore e i suoi due soci, un po’ acciaccati dalla vita, intenti a leccarsi le ferite, ma sempre decisi ad affermare un senso di giustizia e di dignità di fronte allo strapotere del denaro e della violenza.

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