Uscì in Italia con il titolo "L'uomo flessibile" negli anni 90, proprio mentre Jeremy Rifkin prediceva la fine del lavoro e una nuova qualità della vita diffusa, dono delle tecnologie. Adesso che le due grandi bolle della new economy e dei subprime hanno cambiato la prospettiva di 360 gradi, il professor Sennett è in libreria con un volume che si chiama "L' uomo artigiano" ("The craftsman"), sempre per i tipi Feltrinelli. E' ovvio chiedergli se è contento di aver visto lontano, e visto giusto. Lui risponderà di no, ma che è importante, piuttosto, imparare dagli errori di ieri, e cominciare a prendere coscienza del tasso di artigianità che c'è anche in tante professioni moderne intellettuali, dal software, alla ricerca, alla medicina. Che bisogna "trascorrere più tempo con le persone che sanno fare le cose" e meno ad ascoltare i discorsi dei manager. E che la felicità è un obiettivo troppo elevato, che non fa parte di questo mondo. Tanto meno quello del lavoro.
Professor Sennett, l' uomo
artigiano del suo libro è colui che svolge bene il proprio mestiere, "a regola
d'arte", che ci mette un forte impegno personale ed è appagato da quello che fa.
Oggi molti ruoli professionali richiedono abilità, skills, e un atteggiamento
"artigianale", imprenditivo . Ma la grande differenza tra i lavoratori autonomi
e lavoratori dipendenti non è più tanto evidente sul piano delle tutele e della
sicurezze, che ormai sono sempre meno anche per i secondi. Lo spartiacque vero
tra l'una e l'altra condizione è l'essere padrone del proprio lavoro, amarlo e
trarne soddisfazione, ogni giorno. Cosa sempre più difficile nelle
organizzazioni, però, soprattutto in tempi di recessione ..
L'errore che il sistema economico sta pagando è l'essersi basato su una visione a breve termine e sul modello della flessibilità organizzativa, dell'instabilità e della velocità per adeguarsi ai cambiamenti. E' stato così anche nella gestione del capitale umano. Non si è investito sulla conoscenza e i lavoratori, in questi anni, hanno potuto acquisire solo una esperienza incompleta, lavorando in imprese frammentate e instabili. Nel mio libro "L'Uomo artigiano" evidenzio la differenza che c'è tra chi sa fare una cosa, si accontenta di saperla fare e basta, e colui che invece è dotato dell'abilità artigianale che lo spinge a un continuo miglioramento. Oggi, nelle grandi organizzazioni questa visione non trova spazio. Le aziende non la incoraggiano. Al contrario, se serve una competenza che manca all'interno, anzicchè far crescere le persone in organico la si va a cercare fuori, reclutando qualcuno che possibilmente costi anche meno. Magari in Cina. Essere artigiano, qualunque lavoro si faccia, vuol dire pensare a quanto puoi crescere migliorando le tue abilità, ed avere tutto il tempo che serve per riuscirci. Questo non dipende solo dalla motivazione, che è importante ma non sufficiente, ma dal contesto organizzativo, che deve essere favorevole e valorizzare le persone, investendo su di loro a lungo termine. Invece nelle aziende il focus è brevissimo. Il modello artigiano del passato ci insegna una cosa importante: il senso del tempo. Per diventare maestri ai tempi antichi ci volevano anni.
Ma possiamo permettercelo? Le
tecnologie hanno polverizzato il tempo e la velocità del mercato impone i ritmi
anche all'innovazione?
Non è vero: guardiamo al caso di Apple. Ai suoi inizi, era considerata una organizzazione lenta in confronto a Microsoft, e in più occupava in maggioranza manodopera stabile. A lungo termine, si è dimostrata quella in grado di sopravvivere meglio tra le due. Un'altro elemento importante per imparare è la collaborazione : la formazione non è un'attività isolata, richiede condivisione delle conoscenze, scambio di critiche reciproche, controllo continuo dei progressi. Nei valori aziendali correnti, invece, la cooperazione viene vista come un retaggio del passato. Sì, è vero, tempo e cooperazione sono valori tradizionali ma alla lunga producono risultati, soprattutto se l'obiettivo che ci diamo è la produzione di beni e servizi di qualità, che non si costruiscono con la fretta, ma basandosi sulla crescita delle competenze.
Non è vero: guardiamo al caso di Apple. Ai suoi inizi, era considerata una organizzazione lenta in confronto a Microsoft, e in più occupava in maggioranza manodopera stabile. A lungo termine, si è dimostrata quella in grado di sopravvivere meglio tra le due. Un'altro elemento importante per imparare è la collaborazione : la formazione non è un'attività isolata, richiede condivisione delle conoscenze, scambio di critiche reciproche, controllo continuo dei progressi. Nei valori aziendali correnti, invece, la cooperazione viene vista come un retaggio del passato. Sì, è vero, tempo e cooperazione sono valori tradizionali ma alla lunga producono risultati, soprattutto se l'obiettivo che ci diamo è la produzione di beni e servizi di qualità, che non si costruiscono con la fretta, ma basandosi sulla crescita delle competenze.
Allora la bottega di oggi qual
è?
E' la piccola impresa, che
per questo va sostenuta come modello e va messa nelle condizioni di investire
sulle persone. Oggi serve più la crescita che la flessibilità.
La felicità nel lavoro è un
traguardo fuori portata per i singoli nella situazione economica attuale ?
La felicità non lo so.
Preferisco parlare di motivazione, che credo nasca dal rispetto e, negli
individui, dalla consapevolezza del valore del proprio lavoro. Le persone che
sonoorientate a sviluppare le proprie capacità anche quando perdono il
posto sono più sicure, forti della propria autostima e questo è un vantaggio in un
momento di minori protezioni e di scarsa mobilità sociale. Spesso questi lavoratori si
rendono conto delle proprie abilità proprio nel momento in cui si trovano
disoccupati e non possono più esercitarle e vivono questa mancanza come una
ferita.
Quanto conta l'età dell'"uomo artigiano"?
E' irrilevante. In mestieri come
quelli della tecnologia si può essere maestri già a vent'anni, e in ambienti
come la ricerca o la medicina invece conta molto avere una coscienza del valore
etico e sociale del proprio lavoro che non si accumula come la conoscenza.
L'artigiano è uomo o donna?
Anche questo è irrilevante
E' più importante il talento o
la tecnica?
La tecnica. L'idea che pochi
eletti siano dotati di eccellenza e che vadano ricercati e coltivati esclude la
maggior parte delle persone che lavorano e questo è un terribile spreco di
risorse umane. I geni non mi hanno mai interessato.
La creatività o la tecnica?
La creatività o la tecnica?
Ancora la tecnica
Barack Obama dà molta
importanza al capitale umano, alla conoscenza. Lei come vede gli anni a venire
per il lavoro negli Stati Uniti?
La mia speranza è in un
futuro migliore, ma il mio non è un giudizio obiettivo, perchè sono un
consigliere del futuro presidente. Credo ci vorranno anni per riparare al danno
profondo subito dall'economia Usa. In Europa pensate che Obama abbia una specie
di bacchetta magica, io almeno di una cosa sono certo: l'era dell' incompetenza
è finita e ce ne accorgeremo subito. Cosa mi piace di lui? Che è realista,
diversamente da Bush.
Rifkin profetizzava la fine del lavoro che avrebbe migliorato la nostra qualità della vita. Lei ha previsto un aumento dell'incertezza e le conseguenze negative dell'instabilità lavorativa anche a livello sociale. Aveva ragione lei…
Non sono contento di vedere che il sistema di cui evidenziavo l'inadeguatezza è collassato, sono più interessato al modo di riscostruirlo su basi più solide a partire dalle capacità, dalla sostenibilità e da una formazione che fornisca competenze a un numero vasto di individui, valorizzando anche le persone comuni.
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