domenica 16 dicembre 2012

PSICHIATRIA E RESPONSABILITA' PENALE. SARANTIS THANOPULOS, Schizofrenia della giustizia, IL MANIFESTO, 15 dicembre 2012


Una psichiatra francese, Danièle Canarelli, è stata incriminata di omicidio involontario a causa di un assassinio commesso da uno dei suoi pazienti affetto da schizofrenia. A Marsiglia lo scorso 13 Novembre all'apertura del processo il presidente del tribunale ha detto: «Non si giudica qui la psichiatria né gli psichiatri. Si tratta di sapere, in una situazione concreta, se un errore vero e proprio è stato commesso. 

Non può esistere l'impunità, la società non lo accetta». Il discorso sembra sensato ma, nella sostanza, è incongruo. Cosa significa, in effetti, che la società non accetta l'impunità? Se il paziente di Canarelli ha commesso l'omicidio nel pieno delle sue facoltà mentali è punibile, se così non è stato non lo è. Punire al suo posto lo psichiatra, per difetto di sorveglianza, non è giustizia. La connessione di un omicidio commesso da schizofrenico alla mancanza di attenzione adeguata da parte dello psichiatra che l'aveva in cura è arbitraria. La responsabilità degli psichiatri è quella di curare i loro pazienti (rendere la loro esistenza vivibile), non quella di prevedere e di prevenire le eventuali loro azioni dannose per proteggere la società. Ogni previsione in questo campo è, peraltro, altamente fallibile perché la stessa impasse emotiva può avere in persone diverse, ma anche nella stessa persona, esiti diversissimi nel comportamento per cui l'unica prevenzione sicura contro la potenziale violenza di uno schizofrenico è la repressione pura e semplice. La domanda di sicurezza contro la violenza si sta sovrapponendo alla domanda di cura del dolore in modo del tutto ideologico. La pericolosità sociale degli schizofrenici non è supportata da dati statisticamente significativi. Inoltre, è molto più frequente che siano vittime piuttosto che autori di violenza. I delitti degli schizofrenici sono sopravalutati sul piano della loro reale pericolosità, perché si sposta verso il disordine della psicosi conclamata e diagnosticata l'inquietudine, ben più destabilizzante, provocata dai delitti molto più frequenti commessi da persone da tutti considerati «normali» che improvvisamente esplodono catastroficamente in senso psicotico. In realtà il delirio e la deformazione manifesta del rapporto con la realtà proteggono dalla violenza: se la trama delirante regge riesce a mantenere vivo il legame personale e il coinvolgimento con l'altro, seppure in forma dolorosa e frammentaria. Nei normopsicotici, invece, la struttura psichica si compatta in modo estremo per non cedere (su assunti deliranti ma senza lo sviluppo di un delirio vero e proprio) e il legame con l'altro è nella sua essenza spersonalizzato, tutto centrato sull'iperadattamento all'ambiente circostante. Il soggetto sofferente di questa forma di psicosi «fredda» appare allo sguardo degli altri (perfino dei familiari) come persona affidabile, perché la sua presenza nel mondo (tutta conformata alle norme sociali) non desta impressione né fastidio. Finché catturato in un coinvolgimento emotivo improvviso, che rompe la corazza in cui vive, non si sente minacciato a morte e uccide. Il 18 Dicembre, giorno previsto per la sentenza, Canarelli sarà condannata o assolta. Ma giustizia non sarà comunque fatta in una società che incoraggia il mimetismo e reprime il dolore (con tutte le forme di anestesia disponibili), scaricando sui suoi membri più infelici e marginali le sue responsabilità.

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