«Non siete uomini, siete froci». Così, come un colpo di pistola, l'insulto è risuonato in tutta la banca. Siamo in Sicilia, a Palermo. Allo sportello, di fronte a una cassiera di mezza età, ci sono Marco e Gianni, 44 e 49 anni, professionisti milanesi in vacanza. Avvocato il primo e architetto il secondo, stavano in fila per versare un assegno. Lo stesso giorno in cui, a Roma, un ragazzino di 14 anni si gettava dal balcone a San Basilio. E lo stesso giorno del colloquio di Roberto, 22 anni, studente di ingegneria per un contratto co.co.co a Torino: «Ti muovi sempre così?». Poi: «Tu sei gay?». Morale, il posto è svanito nel nulla. «Ci scusi», hanno replicato alla coop, «ma il suo profilo non corrisponde. Per cui arrivederci».
E' l'Italia no gay. Con migliaia di colpevoli e migliaia di vittime. Secondo l'Istat, il 47,4 per cento degli italiani ammette di avere sentito amici o parenti insultare un omosessuale. Eppure la legge contro l'omofobia è stata svuotata di ogni effetto pratico. E, sia a destra sia a sinistra, c'è chi la vuole boicottare. Perché è meglio che nessuno parli di loro. Dell'incalcolabile esercito di gay, lesbiche e trans che vivono tutti i giorni l'omofobia della porta accanto. Da Nord a Sud. A scuola. Al lavoro. In famiglia. Per strada. Come un'epidemia venuta dal passato. Senza un antidoto. Basti pensare che in Italia non esiste una statistica ufficiale dei casi di omofobia. Ognuno fa da sé. Da una parte l'Istat, dall'altra l'Unar, l'ufficio contro le discriminazioni di palazzo Chigi. E ancora il dossier dell'Arcigay e la Help line del Gaycenter di Roma. Morale: nessuno sa quanti siano i gay colpiti dall'odio omofobo. Né quanti anni abbiano, o dove vivano. Di sicuro la parola "omofobia", secondo quanto ha rilevato Cybion, è sempre più al centro dei cinguettii su Twitter, con 196.950 conversazioni nel solo 2013, rispetto alle 345.978 della parola "razzismo", uno dei topic più ricorrenti.
"L'Espresso" ha incrociato per la prima volta i dati, le denunce e le storie di tanti gay e lesbiche italiani. Per tracciare una mappa dell'Italia antigay.
METROPOLI A RISCHIO
C'è un dato su cui tutti concordano. Sono Roma e Milano le città dove l'omofobia miete più vittime. «Fra 2012 e 2013 abbiamo catalogato circa 20 mila richieste d'aiuto, di cui circa la metà denunciavano discriminazioni, dalle più gravi alle più nascoste, dal mondo scolastico a quello famigliare», spiega Fabrizio Marrazzo del Gaycenter. «Il dato che emerge è che le tre regioni a più alto tasso di denunce e di episodi, sono il Lazio e la Lombardia, cui segue l'Emilia Romagna. I casi di violenza fisica superano i dieci all'anno, e parliamo solo di quelli certi». Per quanto riguarda la capitale, su cento richieste ben 68 provengono dalla città di Roma, mentre il 14 per cento dalla provincia e un altro 18 per cento da tutte le altre province del Lazio. Ed è così in tutta Italia: da Firenze a Bergamo, da Napoli a Pesaro i casi sono quasi il triplo nel capoluogo rispetto alla provincia: «Il dato, però, ha due diverse interpretazioni. Le zone rosse mostrano anche una maggiore propensione alla denuncia, cosa che invece nelle realtà piccole non avviene. Spesso le regioni che registrano meno casi, come la Sicilia o la Calabria, sono quelle dove è maggiore l'omertà, non dove gli omofobi sono di meno», spiega Marrazzo.
IDENTIKIT DI UNA VITTIMA
Chi pensa che l'omofobia abbia un bersaglio fisso, si sbaglia. Colpisce tutti: giovani e anziani. Il 56 per cento di chi chiede aiuto è maschio, il 40 per cento donna e, per un 4 per cento, le chiamate arrivano da trans. L'età varia dagli 11 agli 80 anni. « Ci sono minorenni che denunciano violenze, così come anziani. Si tratta, stime alla mano, di circa il 10 per cento del fenomeno», spiegano alla Help line. Vale a dire che nell'Italia senza leggi anti-omofobia, solo un caso su dieci viene segnalato e denunciato. La punta di un iceberg che, comunque, mostra già numeri significativi. Delle chiamate giunte al Gaycenter, circa 120 casi sono stati trattati. A questi si aggiungono i 63 episodi violenti e discriminazioni gravi (144 nel 2012), arrivate all'Unar, cui sono seguite indagini giudiziarie. Si va dalle violenze fisiche alle minacce, dagli insulti al bullismo. Fino a omicidi e suicidi. Quattro solo nei primi mesi dell'anno: «Per un totale di 150 vittime dell'omofobia accertate negli ultimi 40 anni», rivela il presidente dell'Arcigay,
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