Dopo le abolizioniste della prostituzione arrivarono le antiporno. Della serie che le brutte cose non arrivano mai da sole. Era nell’aria, io lo sapevo, lo avevo intuito diverso tempo fa, perché le influenze culturali inviano dei segnali e se non li recepisci è perché di quella cultura sei impregnata fino in fondo. In Europa è arrivato un vento bacchettone, moralista, vittoriano, roba da preti e dame di carità che hanno scambiato il femminismo per una religione. Considerano i corpi delle donne talmente sacri, come fossero feticci, simulacri, non aventi diritto di parola, da ergere in loro nome monumenti, statue, templi e divieti e censure e repressione e sovradeterminazione.
Assieme all’ondata proibizionista sulla prostituzione è arrivata anche quella del porno. Era lì, si attendeva il momento giusto, e quale momento è più giusto rispetto a quello in cui esasperazione, bisogno, economia in frantumi sono il terreno perfetto sul quale realizzare moralizzazione dei costumi? Corsi e ricorsi storici, in fondo, hanno riguardato diversi tempi e luoghi in cui a turno c’erano streghe da bruciare, crimini da inventare e nuove cose da proibire. Oggi le streghe sono le sex workers autodeterminate, le attrici porno, quelle che sfilano in modo autodeterminato e facendo proposte che nessuno ascolta.
Sono le stesse che dichiarano di non essere vittime se non del proibizionismo e di questo autoritarismo sui corpi che limita la loro possibilità di autorappresentazione. Dall’alto della loro supponente posizione di salvatrici dell’umanità le abolizioniste e le antiporno, queste sacerdotesse che fanno guerra ad altre donne, che vogliono rieducarle, convincerle che sono sbagliate, un po’ vittime e se non vittime allora un po’ criminali, queste dame che lanciano sfide a quelle che non la pensano come loro piuttosto che accettarne la diversità, rendono la discussione tra femminismi sempre più impraticabile. Come si può, d’altronde, ragionare di autodeterminazione con chi afferma che le uniche donne libere di scegliere somigliano a loro?
A Londra festeggiano la nascita del gruppo contro prostituzione e pornografia. Ed era già successo altrove, negli Stati Uniti, negli anni Ottanta, la feminist sex wars che portò ad una degenerazione dei femminismi che più che perseguire libertà iniziarono a esigere repressione e securitarismi. C’è malafede, in questo, e c’è parecchio fanatismo, perché l’argomentare di alcune di queste donne che in giro leggo soprattutto sui social network è pieno di stereotipi, generalizzazioni, mistificazioni. Pornografia viene associata alla pedopornografia e sono due cose molto diverse.
La prima viene realizzata da persone adulte, che scelgono di svolgere quel lavoro e se non scelgono, così come avviene per ogni altro lavoro, potessero fruire di tutte le garanzie del caso potrebbero sempre denunciare, esigere diritti, giusto compenso, contributi, malattie, quello che serve. La seconda è un crimine e criminali sono sfruttatori e fruitori di simili porcherie. La malafede poi sta anche nel fatto che si mettono in piazza brandelli di carne altrui senza però stare a sentire le parole delle persone di cui si parla.
C’è sempre e comunque un disconoscimento dei soggetti, ed è inverosimile leggere frasi come “loro sanno che vinceremo” dette da chi, per l’appunto, guarda le donne che intende rappresentare solo come oggetti da salvare o da sconfiggere. Non so a voi ma a me questo preoccupa abbastanza. È medioevo che già negli Stati Uniti ha prodotto disastri. In Italia ne vediamo i primi segni. Tanto rincorrere le immagini segnalandole in nome della dignità delle donne sta in fondo legittimando chi, poi, ottiene la censura di una pubblicità perché viene mostrato un vibratore. Saremo ancora noi le vittime di questo e non potremo addebitare questo male agli uomini cattivi, ai maschilismi, a chissà cosa, perché si tratta di una nuova ondata reazionaria che si nasconde dietro nobili intenzioni e così, ancora una volta, impone il controllo del corpo delle donne.
È davvero questo quello che vogliamo? Trasferire il controllo dei nostri corpi da un esercito di moralisti all’altro? Davvero intendiamo abdicare al progetto di liberazione e rinunciare definitivamente a costruirlo per noi, da sole, in modo autodeterminato? Che sul mio corpo io non possa decidere perché l’antiabortista esige di farmi partorire per forza o che non possa farlo perché il mio salvatore e la mia salvatrice mi dicono che spogliarmi è peccato (peccato contro le donne!), non è forse la stessa cosa? Per me lo è. Perché il mio corpo non appartiene a nessuno. Decido io quello che voglio essere, diventare. Decido io anche di mostrare il mio corpo nudo. E se ci sono altre intenzionate come me a opporsi a questo nuovo fascismo ditelo adesso. Combattete con me. Con noi, perché non credo di essere l’unica a pensarla così. Con leggerezza, comunque. Potete cominciare leggendo le storie della Militante Antiporno. Perché al solito, una risata li/le seppellirà.
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