domenica 30 novembre 2014

ANTROPOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE E DEI MOVIMENTI. D. PIZIO, Il ghigno virale dell'ahacktivismo. Intervista con G. Coleman, IL MANIFESTO, 28 novembre 2014

u­diosa di fama inter­na­zio­nale e docente alla McGill Uni­ver­sity di Mon­treal, Gabriella Cole­man è una pro­fonda cono­sci­trice di Ano­ny­mous, il movi­mento hack­ti­vi­sta autore di alcuni dei più spet­ta­co­lari attac­chi infor­ma­tici con­dotti negli ultimi anni con­tro isti­tu­zioni, governi e mul­ti­na­zio­nali di tutto il pia­neta. Antro­po­loga per for­ma­zione, la gio­vane docente sta­tu­ni­tense ha seguito l’evoluzione del feno­meno sin dalle sue ori­gini e ha rac­colto il mate­riale pro­dotto in anni di studi nel volume Hac­ker, Hoa­xer, Whi­stle­blo­wer, Spy: the many faces of Ano­ny­mous, uscito per la casa edi­trice Verso. 


L’abbiamo incon­trata a Lon­dra, in occa­sione della pre­sen­ta­zione del libro.
L’azione diretta digi­tale e il sup­porto di alcuni gruppi hac­ker a favore dei movi­menti sociali non sono certo una novità. Eppure Ano­ny­mous rispetto ad altre espe­rienze pas­sate ha avuto un effetto dirom­pente, tanto da essere stato defi­nito nel 2011 come un nuovo attore sullo sce­na­rio glo­bale. Quali pensi siano le dif­fe­renze che inter­cor­rono tra le vec­chie forme di hack­ti­vism e quelle messe in campo da Anon?
Ci sono diversi motivi per cui Ano­ny­mous è pro­fon­da­mente diverso dalle espe­rienze sto­ri­che di hac­king che lo hanno pre­ce­duto. Le prime forme di azione diretta digi­tale infatti erano messe in atto da col­let­tivi ben defi­niti, orien­tati a sini­stra e fon­dati da atti­vi­sti che si cono­sce­vano per­so­nal­mente. Ano­ny­mous, invece, si è dif­fuso in modo così ampio per­ché non si è mai pre­oc­cu­pato di difen­dere alcun tipo di purezza iden­ti­ta­ria: al suo interno ci sono sog­getti pro­gres­si­sti men­tre altri non lo sono; ci sono per­sone alla loro prima espe­rienza poli­tica e atti­vi­sti con 10 anni di espe­rienza alle spalle; ci sono hac­ker pro­ve­nienti dal mondo dell’open source e black hat che amano vio­lare siti web e sistemi infor­ma­tici. Infine ci sono sin­goli indi­vi­dui che non pos­sono essere inca­sel­lati in nes­suna di que­ste cate­go­rie. Si tratta cioè di una sorta di mel­ting pot dei geek, delle per­sone appas­sio­nate di tecnologia.
Non dimen­ti­chiamo poi che le ori­gini della sua este­tica sono nume­rose: una delle più impor­tanti è 4Chan, la cele­bre image board da cui nasce l’idea di humor insita in Ano­ny­mous. Ma anche la maschera di Guy Faw­kes e la sua ico­no­gra­fia hol­ly­woo­diana hanno un’importanza note­vole per­ché ren­dono imme­dia­ta­mente rico­no­sci­bili e inter­pre­ta­bili le cam­pa­gne con­dotte dagli Anon.
Ano­ny­mous nei suoi sei anni di vita ha mostrato una plu­ra­lità di volti. Ini­zial­mente nelle sue azioni era ben tan­gi­bile l’idea del gioco, del «do it for fun», un con­cetto cen­trale nella cul­tura hac­ker. Invece le cam­pa­gne con­dotte negli ultimi anni sono all’insegna di un atteg­gia­mento più «mili­ta­re­sco». Quali credi quindi siano state le dif­fe­renti tappe dell’evoluzione di Anonymous?
Tra il 2008 ed il 2010 lo pseu­do­nimo Ano­ny­mous era usato per fare trol­ling, ovvero ela­bo­rare e met­tere in atto scherzi con cui far infe­ro­cire il pro­prio avver­sa­rio. Dal 2010 il trol­ling tar­gato Ano­ny­mous è scom­parso e si è tra­sfor­mato in un atti­vi­smo più serio: pen­siamo alle cam­pa­gne lan­ciate con­tro Israele in sup­porto alla causa pale­sti­nese, oppure a quelle che denun­cia­vano la siste­ma­tica vio­la­zione dei diritti umani a Guan­ta­namo. Que­sta è la ragione per cui i com­po­nenti di Lulz­Sec –un gruppo di hac­ker che nel 2011 ha com­piuto attac­chi di alto livello con­tro Sony, Fox News e Cia, solo per citare alcuni dei suoi obbiet­tivi – hanno scelto di bat­tez­zare il loro team con un nome non ricon­du­ci­bile ad Ano­ny­mous: per­ché sape­vano che si sareb­bero dati all’hacking solo per diver­tirsi e non per soste­nere una qual­che causa politica.
Detto que­sto, se lo humor è pos­si­bile, Ano­ny­mous non rinun­cerà a farvi ricorso per nes­suna ragione al mondo! Il trol­ling infatti è una tat­tica comu­ni­ca­tiva estrema che può sem­pre entrare nell’equazione, se la situa­zione lo rende pos­si­bile. Altri­menti viene usato solo in pic­cole dosi. Ritengo però che il lulz, il diver­ti­mento, sia ancora una com­po­nente essen­ziale del Dna di Anonymous.
Oggi le ope­ra­zioni di Ano­ny­mous sono dimi­nuite di numero rispetto al pas­sato. Quali sono le cause di que­sta crisi? Oppure ritieni che siamo di fronte ad un momento di trasformazione?
28clt1piccola
Ano­ny­mous da pra­tica pub­blica si sta tra­sfor­mando in quella che io ho chia­mato «sto­ria nasco­sta». La muta­zione in corso è stata pro­vo­cata da diversi fat­tori. In Europa e Nord Ame­rica gli arre­sti con­dotti con­tro nume­rosi hac­ker sono sicu­ra­mente riu­sciti a sor­tire un effetto nella comu­nità. Vedere Jeremy Ham­mond con­dan­nato a 10 anni di galera per le incur­sioni con­tro Strat­for o Lauri Love incri­mi­nato in Gran Bre­ta­gna e minac­ciato di estra­di­zione negli Stati uniti, ha por­tato molti atti­vi­sti ad agire in modo più silen­zioso, senza atti­rare l’attenzione.
In secondo luogo credo che molte crew di hac­ker siano andate in burn out. Alcune hanno com­piuto azioni inin­ter­rot­ta­mente per circa tre anni: un ritmo inso­ste­ni­bile alla lunga, tanto da richie­dere una pausa. Tor­ne­ranno? Quest’estate alcune di loro sono riap­parse momen­ta­nea­mente in occa­sione di #OpFer­gu­son, cam­pa­gna lan­ciata in sup­porto alla rivolta scop­piata a St. Louis, ma poi sono nuo­va­mente scomparse.
È inte­res­sante però che il cen­tro di gra­vità di Ano­ny­mous si sia spo­stato in Ame­rica Latina, dove le atti­vità di hac­king non si sono mai fer­mate. E que­sto anche a causa del fatto che i paesi dell’area sono sprov­vi­sti degli stru­menti neces­sari per com­bat­tere il «cyber crime».
In che modo credi che Ano­ny­mous abbia influen­zato le pra­ti­che dei movi­menti sociali con­tem­po­ra­nei? Quale por­tato lascia loro in eredità?
Ano­ny­mous è riu­scito a sfug­gire al ten­ta­tivo di governi ed isti­tu­zioni di rin­chiu­derlo nel frame media­tico del «cyber ter­ro­ri­smo». Nel feb­braio 2012 è stato oggetto di un attacco vio­len­tis­simo da parte di Keith Ale­xan­der, ex coman­dante in capo dell’Nsa: a suo dire gli hack­ti­vi­sti ave­vano la capa­cità di pro­vo­care il black out della rete elet­trica nazio­nale. Era vero? Cer­ta­mente no. Ma il governo era pre­oc­cu­pato, aveva capito che stava per­dendo la bat­ta­glia della pro­pa­ganda. Non dob­biamo dimen­ti­care infatti che solo poche set­ti­mane prima trenta par­la­men­tari polac­chi ave­vano usato la maschera di Guy Faw­kes come sim­bolo per pro­te­stare con­tro l’approvazione del trat­tato Acta. Le dichia­ra­zioni di Ale­xan­der erano un ten­ta­tivo dispe­rato di porre rime­dio a que­sta situa­zione. Fu una mossa inu­tile, dal momento che oggi Ano­ny­mous viene con­si­de­rato come un supe­re­roe masche­rato, non certo un terrorista.
Que­sto è impor­tante per­ché rende pos­si­bile la nascita di nuove gene­ra­zioni di hack­ti­vi­sti. Ano­ny­mous ha costruito un esem­pio potente per il futuro e la sua vicenda è espres­sione di un risve­glio poli­tico desti­nato a durare. Le azioni digi­tali dirette si mol­ti­pli­che­ranno, anche se saranno pub­bli­ciz­zate in modo dif­fe­rente rispetto al pas­sato. Esporsi pub­bli­ca­mente serve per avere l’attenzione del mondo e con­ta­giare posi­ti­va­mente quanti ti stanno intorno. Ma sta diven­tando troppo peri­co­loso e per que­sto motivo in molti scel­gono di agire silen­zio­sa­mente.
Aggiun­ge­rei poi che in un con­te­sto come quello attuale, dove la pri­vacy non esi­ste più e dove la sor­ve­glianza elet­tro­nica è dif­fu­sis­sima, è impor­tante la pre­senza di un movi­mento che con­tra­sti fron­tal­mente que­ste dina­mi­che. Sarà in grado di con­ta­giarne altri? Lo spero, per­ché l’ideale anti-celebrità insito in Ano­ny­mous è impor­tante per creare una cul­tura capace di opporsi a tutte quelle forze che ci spin­gono a pra­ti­care quo­ti­dia­na­mente una reco­gni­tion politics.
L’irrappresentabilità di Ano­ny­mous ricorda da vicino il con­cetto di mol­ti­tu­dine, sia per la sua potenza che per i suoi limiti. Senza rap­pre­sen­ta­zione infatti non c’è nes­suna iden­tità, senza iden­tità niente unità, senza unità niente orga­niz­za­zione. E senza orga­niz­za­zione è dif­fi­cile con­durre una guerra, come invece Ano­ny­mous ha sem­pre soste­nuto di fare.
Molte delle que­stioni ine­renti al para­digma «mol­ti­tu­di­na­rio» sono effet­ti­va­mente rap­pre­sen­ta­tive della realtà di Ano­ny­mous. E aggiungo anche che non credo si tratti di un movi­mento poli­tico in grado di unire la gente per com­bat­tere l’austerità o le peg­giori mani­fe­sta­zioni del capi­ta­li­smo contemporaneo.
Allo stesso tempo però Ano­ny­mous ha creato una piat­ta­forma con­tro tutte quelle forze sociali che indu­cono all’individualismo, e ha pro­dotto un’idea di col­let­ti­vi­smo che non è basata su un’unica iden­tità. È qual­cosa di incre­di­bil­mente potente, ed è la prima volta che assi­stiamo a un feno­meno simile, nono­stante molti movi­menti di sini­stra l’avessero teo­riz­zato già in passato.
Non dimen­ti­chiamo infine che la ricerca e la pub­bli­ca­zione di infor­ma­zioni segrete può dav­vero essere d’aiuto per smuo­vere le coscienze. Pen­siamo ai leak di Edward Sno­w­den. Certo, sape­vamo già della morsa di sor­ve­glianza che atta­na­glia Inter­net! Ma avere delle prove tan­gi­bili signi­fica creare un nuovo livello di verità agli occhi dell’uomo della strada. È dif­fi­cile pro­cu­rarsi docu­menti di quel tipo. E oggi gli unici attori in grado di farlo sono gli hacker.

Nessun commento:

Posta un commento