NON tutti sudano. Qualcuno in questo momento si sta infilando guanti e maglione. Sono le donne che lavorano in ufficio, ma non controllano la manopola del condizionatore. I colleghi uomini, perfettamente a loro agio sotto la bocchetta dell'aria fredda, le considerano sabotatrici del benessere generale. Ma una formula matematica ora conferma che le donne hanno ottime ragioni per lamentarsi della "discriminazione del termostato". L'equazione del "comfort termico", in base alla quale l'intensità dell'aria condizionata viene calcolata in molti uffici, risale infatti agli Anni '60 e prende in considerazione un individuo di sesso maschile, età di 40 anni e peso di 70 chili. Il metabolismo di una donna rispetto a questo standard è ridotto di una quota compresa tra il 20 e il 32 per cento. Il fossato che separa i due sessi può così arrivare a tre gradi, con l'optimum maschile fissato a 21 gradi e quello femminile a 24, indossando una maglietta a maniche corte.
Il tema delle scaramucce estive da aria condizionata è stato preso sul serio dai ricercatori olandesi dell'Università di Maastricht, che hanno monitorato 16 donne con sensori e termometri su tutto il corpo (più uno, sotto forma di pillola deglutibile, nello stomaco) e hanno quantificato la differenza fra il metabolismo dei due sessi. Il corpo femminile, spiega il coordinatore della ricerca Boris Kingma su Nature Climate Change , ha una percentuale di grassi superiore a quella dell'uomo. E i grassi, a differenza dei muscoli, generano meno calore all'interno del corpo.
La pubblicazione dello studio è stata accompagnata da una valanga di commenti dei lettori. Molti uomini lamentano di essere loro, in realtà, i discriminati. Il dress code li costringe infatti a vestire in giacca e cravatta anche d'estate, quando le donne si presentano in sandali e camicetta scollata. Il ministero dell'Ambiente giapponese, in effetti, dal 2005 lancia ogni primavera la campagna "Cool Biz", che suggerisce di alzare il termostato a 28 gradi e rivoluziona la mise da ufficio, eliminando la cravatta e sdoganando le camicie a maniche corte. Negli Stati Uniti oggi c'è anche chi chiede temperature aggiustabili a seconda dell'età e dell'etnia, per non aggiungere alla discriminazione fra i sessi anche quella fra nativi e immigrati e fra giovani e anziani (il metabolismo rallenta con il passare degli anni). E per non causare una scissione del campo femminista, con le donne in menopausa pronte a unirsi al fronte maschile.
La campagna contro il termostato "sessista" è stata sollevata negli Stati Uniti il 23 luglio, quando ilWashington Post ha pubblicato l'editoriale "Uffici freddi, donne congelate, uomini indifferenti". Negli Usa — il primo Paese al mondo per consumo elettrico da condizionatori — molti uffici fissano infatti la temperatura a 21 gradi sia in estate che in inverno. E sul quotidiano di Washington l'editorialista Petula Dvorak aveva descritto così la sua esperienza: «Le riconosci subito. Le donne congelate escono durante la pausa pranzo come fossero tartarughe alla ricerca di un raggio di sole. Non importa quanto intollerabile sia il caldo fuori. Ogni donna con la quale mi sono fermata a parlare in un umido, torrido pomeriggio di luglio era lì per scongelarsi». L'articolo arrivava alla conclusione che l'aria condizionata in ufficio è «l'ennesimo grande complotto sessista». Ma i ricercatori di Nature più semplicemente suggeriscono che abbassare il condizionatore fa consumare meno energia. E quindi, nel suo piccolo, adattare il termostato alle donne permetterebbe a tutto il pianeta di restare più fresco.
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