Quasi l’80% degli italiani si dice a favore della stretta in vista delle prossime festività. A rivelarlo il 54esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese, quest’anno incentrato sui cambiamenti apportati dal Covid nelle nostre vite. «In vista del Natale e del Capodanno — si legge nel report dell’istituto di ricerca fondato nel 1964 — il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Il 54,6% spenderà di meno per i regali da mettere sotto l’albero, il 59,6% taglierà le spese per il cenone dell’ultimo dell’anno. Per il 61,6% la festa di Capodanno sarà triste e rassegnata. Non andrà tutto bene: il 44,8% degli italiani è convinto che usciremo peggiori dalla pandemia (solo il 20,5% crede che questa esperienza ci renderà migliori)... Il virus ha colpito una società già stanca», mette in evidenza lo studio.
«Ampliate le diseguaglianze sociali»
Inoltre, «il 90,2% degli italiani è convinto che l’emergenza sanitaria e il lockdown hanno danneggiato maggiormente le persone più vulnerabili, ampliando le disuguaglianze sociali già esistenti». Se da un lato, da marzo a settembre 2020 «ci sono 582.485 individui in più che vivono nelle famiglie che percepiscono un sussidio di cittadinanza (+22,8%)», dall’altro 1.496.000 individui (il 3% degli adulti) hanno una ricchezza che supera il milione di dollari (circa 840.000 euro): di questi, 40 sono miliardari e sono aumentati sia in numero che in patrimonio durante la prima ondata dell’epidemia. Secondo i dati raccolti dal Censis, ad esempio, l’esperimento della didattica a distanza durante la pandemia sembra non aver funzionato in modo adeguato. «Per il 74,8% dei dirigenti la didattica a distanza ha di fatto ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti» anche se «il 95,9% è molto o abbastanza d’accordo sul fatto che la Dad» sia stata «una sperimentazione utile per l’insegnamento».
Cattivi e paurosi
Siamo diventati più cattivi, intransigenti, e paurosi: il 57,8 per cento degli italiani si è dichiarato disponibile a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva. Una percentuale che sale a 64,7 tra i giovani tra i 18 e i 34 anni. E di contro il 77,1 per cento degli italiani chiede pene severissime per chi non indossa la mascherina (sale a 82,5 nella fascia di età 18-34 anni) e il 56,6 per cento vuole il carcere per i contagiati che non rispettano le regole della quarantena.
Scomparsi cinque milioni di lavoratori in nero
La pandemia ha creato una netta spaccatura anche nel mondo del lavoro, distinguendo nettamente tra chi beneficia di garanzie e chi invece è costretto ad arrangiarsi con lavori precari, instabili o affatto garantiti. «Per l’85,8% degli italiani si legge nel rapporto - la crisi sanitaria ha confermato che la vera divisione sociale è tra chi ha la sicurezza del posto di lavoro e del reddito e chi no. Su tutti, i garantiti assoluti, i 3,2 milioni di dipendenti pubblici. A cui si aggiungono i 16 milioni di pensionati». Poi si entra «nelle sabbie mobili: il settore privato senza casematte protettive. Vive con insicurezza il proprio posto di lavoro il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese». C’è poi l’universo degli scomparsi, quello dei lavoretti nei servizi e del lavoro nero, stimabile in circa 5 milioni di persone che, scrive il Censis, hanno «finito per inabissarsi senza fare rumore. Infine, i vulnerati inattesi: gli imprenditori dei settori schiantati, i commercianti, gli artigiani, i professionisti rimasti senza incassi e fatturati».
43 milioni di italiani in contatto grazie al web
Un focus è, infine, dedicato alle nuove tecnologie. Il lockdown — infatti — ha trainato l’incremento di utilizzo delle tante piattaforme oggi disponibili da parte di chi era già in grado di farlo, e ha favorito l’ingresso in questo mondo di qualche milione di persone che ne erano del tutto estranee. Nel complesso, quasi 43 milioni di persone maggiorenni sono rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano la rete internet. Al di là di farvi ricorso quando non esiste altra possibilità, quanto sono state, però, davvero soddisfacenti le relazioni sociali coltivate da remoto? Stando ai dati raccolti, almeno un quarto della popolazione a un certo punto è andata in sofferenza. Infatti, le incomprensioni, l’impossibilità di usare il linguaggio del corpo, la difficoltà nel creare la necessaria empatia sono diventate sempre più evidenti. Un tipo di problema che segnalano in misura decisamente minore gli ultrasessantacinquenni, per i quali le videocall hanno coinciso con la possibilità di rimanere in contatto con i propri cari (amici e parenti) domiciliati altrove. A ben vedere, rileva il Censis, si tratta di quel segmento che non era costretto a utilizzare le piattaforme per studio o lavoro, dunque meno soggetto a quel processo di logoramento che ha portato non poche persone a sfiorare il «burnout».
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