martedì 29 ottobre 2024

PSICOANALISI E CULTURA ISLAMICA. PINI V., Gohar Homayounpour: “Vi racconto il bello di fare psicanalisi con il Terzo Occhio”, LA REPUBBLICA, 26.10.2024

 Fra le cose più difficili che un essere un essere umano debba affrontare c’è la perdita di una persona amata. L’abbandono, la malattia, il lutto portano dolore e depressione. Guerre e conflitti peggiorano le cose. E nella nostra mente dettagli di vita fanno riemergere il trauma.


Nei pensieri di Gohar Homayounpour, scrittrice e psicoanalista iraniana, c’è un colore che fa emergere tristezza il blu di Persia, quello della camicia che indossava suo padre quando affogò nel Lago Lemano di Ginevra. Una sofferenza, che nel tempo Homayounpour ha imparato ad affrontare con l’amore. E che racconta, ospite del Festival di Salute 2024, in corso a Padova.

LO SPECIALE Festival di Salute 2024


“Ho elaborato il lutto quando ho scoperto come amarti davvero. C’è troppo odio nella malinconia”, scrive nel libro: ‘Blues a Teheran’ (Raffaello Cortina ed.). Riprendere a vivere per chi non c’è più e non vorrebbe vederci annientato. Scegliere di guardare avanti senza perdersi in quel mondo pieno di risentimento che è la malinconia.

Professoressa Homayounpou, lei offre una via per riempire il vuoto dopo una perdita
“Le ferite non possono sparire, ma si può vivere con esse. La perdita di un essere caro fa diventare più etici, aiuta a capire cosa è giusto. La psicoanalisi può sostenere il paziente in questo cammino, ma non può cancellare il dolore. Non possiamo guarire dalle nostre ferite, né cancellare quelle degli altri. Possiamo vivere e aiutare i pazienti ad avere una vita piacevole. Tutto questo non nonostante le ferite ma proprio a causa di esse”.

Quanto conta la relazione con il mondo esterno?
“Quando siamo molto depressi o ansiosi, siamo troppo concentrati su noi stessi. Questo nasconde una forma di narcisismo. Abbiamo la sensazione che non potremo più stare bene, ma non è così. Il trauma e la malinconia sono senza tempo. Sentiamo che ci troviamo in una situazione che non cambierà mai. Non possiamo pensare che il dolore del lutto passi, ma possiamo imparare a conviverci”.

In Blues a Teheran, lei parla anche del valore della musica.
“La parola Blues è associata alla malinconia, è un genere musicale che fa parte della vita e della morte. Racchiude paure, perdite, ma anche amori e gioie. Aiuta a elaborare il lutto, la tristezza, perché è piacevole da ascoltare”.

Qual è il ruolo dell’umorismo per cercare di stare meglio?
“Ci aiuta a guardare oltre ma per funzionare è necessaria la coscienza dell’altro, del mondo esterno. Bisogna diventare esseri sociali”.

Lei ha fatto una scelta ‘rivoluzionaria’, ha lasciato Parigi per lavorare a Teheran
“Dietro a ogni decisione ci sono sempre ragioni inconsce e consce. Ho scelto l’Iran per fare psicoanalisi lì e tentare di trasmettere il discorso psicoanalitico alle future generazioni. Mio padre è stato per anni a capo del programma di alfabetizzazione per adulti in Iran. Ho fondato il Gruppo Freudiano di Teheran per seguire il mio desiderio ma anche il suo. In Iran la psicoanalisi è ancora qualche cosa di ‘sovversivo’ come dovrebbe essere”.

In che senso la psicoanalisi è sovversiva?
“Vivere e fare psicoanalisi Teheran costringe a vedere le cose attraverso il terzo occhio. E il linguaggio dell’inconscio è quello del margine, è quindi sovversivo. Per questo la psicoanalisi ha successo in Iran. In Occidente è in declino perché è legata al messaggio consumistico: ‘Il cliente ha sempre ragione’. Cerchiamo di ripulirla da ciò che può far sentire a disagio il paziente. Più diventiamo politicamente corretti per attrarre i clienti, meno siamo desiderabili per i pazienti”.

In Iran c’è interesse per la psicoanalisi?
“Abbiamo più di 200 studenti e posso dire che anche a Mashhad, una delle città più religiose del paese, il desiderio di psicoanalisi è sempre più forte. I pazienti sono per metà uomini e per metà donne. Ma di solito gli uomini non aderiscono al lavoro di gruppo. Preferiscono le sedute individuali”.

A lei non piace di parlare di pazienti iraniani come una categoria a sé.
“Il dolore è il dolore lo stesso ovunque nel mondo. Tutti condividiamo piaceri e malesseri dell’essere umano ma ci sono delle differenze culturali. Dobbiamo tentare di considerare queste differenze da una posizione di differenza e non di identità. Come freudiana, credo nell’universalità del complesso d’Edipo ma in Iran c’è un’elaborazione particolare che chiamo complesso di Sherazade. L’oggetto del desiderio delle ragazze continua a essere la madre. Perché le dinamiche familiari sono molto più matriarcali di quanto si immagini. L’Occidente ha continuamente utilizzato la logica binaria di vittimizzare o erotizzare le donne iraniane. Le iraniane sono molto di più”.


Ma i valori islamici del suo paese e psicoanalisi possono condividere?
“Le teorie freudiane riguardano tutta l’umanità. Ci saranno sempre proibizioni legate alla sessualità, ad esempio, e temi come l’incesto o il parricidio rimarranno sempre un tabù anche nelle società più evolute. In Iran questi aspetti sono più evidenti perché si è in presenza di una situazione sociopolitica più impegnativa”.

Sabato 26 ottobre alle 12:10 Gohar Homayounpour sarà sul palco del Festival di Salute 2024 e verrà intervistata da Maura Gancitano (Aula Magna dell'Università di Padova)

Nessun commento:

Posta un commento