giovedì 10 ottobre 2024

NOBEL PER LA LETTERATURA 2024. LETTERATURA E SOCIETA'. HAN KANG. STANCANELLI E., Han Kang: "Il passato ci salverà", REPUBBLICA, 24.09.2017

 Quando nel 2016 vinse il Man Booker prize con La vegetariana, poi pubblicato in Italia da Adelphi, Han Kang, scrittrice sudcoreana già autrice di alcuni romanzi e raccolte di poesie, era del tutto sconosciuta da questa parte del mondo. Ma la storia di Yeong-hye che, in seguito a un sogno, decide di smettere di mangiare carne e poi anche tutto il resto, fino a immaginare di potersi trasformare in un albero, andò a ficcarsi nei nostri cuori occidentali, centrando in pieno la malefica ossessione per la purezza e l'innocenza che funesta le nostre vite.



Con una scrittura evocativa e lirica ma anche violenta, esattissima, Han Kang torna ora con Atti umani (col quale ha appena vinto il premio Malaparte 2017) romanzo che ricostruisce la storia del terribile massacro di Gwangju. Era il maggio del 1980, i militari entrarono con i carrarmati nella città coreana e spararono per le strade, facendo strage degli studenti insorti contro la dittatura. Ci furono quasi tremila morti. Atti umani è insieme la storia dell'inchiesta condotta dalla scrittrice, che si mette in scena in prima persona, e il romanzo parzialmente inventato di quello che avvenne. Le voci narranti che si alternano sono quelle dei ragazzi, in un complicato intreccio tra vivi e morti, superstiti passati attraverso l'orrore della tortura, adulti che devono gestire il proprio lutto. Chiedo a Han Kang del modo peculiare in cui passato e presente si rincorrono nei suoi romanzi.

La vegetariana era ambientato in un presente percussivo, alle cui spalle premeva un passato mitologico. In Atti umani al contrario c'è un passato insopprimibile che rende il presente impossibile.

"A vent'anni lavoravo come redattrice per una rivista di letteratura. Avevo appena pubblicato una raccolta di racconti. In quel periodo avevo preso l'abitudine, inaugurando ogni anno il nuovo diario, di scrivere sulla prima pagina queste due frasi: "Può il presente aiutare il passato? Può il vivo aiutare i morti?". La sua domanda mi ha fatto ricordare questo episodio. È vero, in Atti umani il passato incombe, come un incubo ricorrente. Eppure, mentre scrivevo il libro, ho iniziato a sentire come se stesse accadendo proprio il contrario. Come se il passato stesse, invece, aiutando il presente. Ogni volta che avevo la tentazione di mollare, quando mi sono sentita troppo scossa e angosciata di fronte alla violenza degli uomini che stavo raccontando, mi è parso che fossero proprio i morti ad aiutarmi, letteralmente. I morti ad aiutare i vivi. Allora riprendevo a scrivere come se una nuova forza mi stesse trascinando. Questa unione di passato e presente, questa collaborazione, è stata la materia del libro".

La presenza in prima persona di chi scrive (l'ultimo capitolo racconta di Han Kang stessa che raccoglie materiali, consulta archivi, parla coi testimoni) è anche un modo per suggellare un patto di verità col lettore? Ha immaginato che la letteratura fosse insufficiente di fronte a tanto orrore e servisse mettersi in gioco personalmente?

"Fin dall'inizio ho deciso che il libro si sarebbe aperto e chiuso con due scene illuminate dalla luce delle candele. Perché i personaggi del romanzo credono che le anime dei morti tornino a noi nella luce delle fiammelle. Nell'ultima, che si svolge al cimitero, sono io stessa ad accendere una candela davanti alla tomba di Dong-ho.
Ora: in questo epilogo, il 75 per cento delle cose sono vere, e il resto è inventato. Ma ho cancellato intenzionalmente il segno delle cuciture tra la realtà e la finzione. Uso me stessa come un ponte tra il libro e i lettori, tra passato e presente. Ma non perché non mi fidi della finzione. Semplicemente credo che la forma narrativa possa tenere insieme invenzione e realtà".

Il corpo è protagonista nei suoi libri. Un corpo sempre abusato, attraversato, violentato. Considera il corpo il campo di battaglia, come scriveva Etty Hillesum, da offrire al mondo per comprendere e raccontare?

"Onestamente, essendo cresciuta come buddista e avendo praticato fino ai vent'anni, non sono abituata a dividere il corpo dalla mente. Ma certamente il corpo umano è al centro della mia riflessione. Un corpo amato, malato, addolorato. La sua fragilità. La mortalità. La dignità. La bellezza".

In questo libro passa dall'attenzione su una singola persona, come ne "La vegetariana", al desiderio di raccontare un'intera comunità. In che modo questo cambio di prospettiva ha influito sulla sua scrittura?

" La vegetariana e Atti umani sembrano molto diversi, ma io li considero collegati tra loro, quasi una coppia. Il padre di Yeonghye, la protagonista de La vegetariana, è un veterano della guerra in Vietnam, e suo fratello è un reduce del massacro di Gwangju.
Yeong-hye combatte una battaglia silenziosa, opponendosi col suo corpo - sacrificandolo mentre immagina di salvarlo - alla violenza degli esseri umani. Lotta per la sua dignità, e il libro ruota intorno alla sua lotta. In Atti umani tutti i narratori lottano, ricordano e tengono il lutto, ma questa volta il libro, anziché essere avvitato sulla lotta stessa, si muove verso la luce, come in quella scena in cui Dong-ho bambino trascina la madre fuori, a guardare il sole. Volevo ricordare Gwangju non solo come teatro di un massacro. Ci sono circostanze nelle quali alcune persone mostrano tratti di umanità luminosa e inscalfibile. Queste persone sono quelle che tengono accesa la nostra coscienza. Scrivere Atti umani mi ha cambiata. Sono stata scossa e angosciata dalla profondità della violenza umana. Ma, aggrappandomi alla determinazione di Dong-ho e stretta alla sua mano, sono riuscita a portare i personaggi fino in fondo".

È affascinante l'uso che fa della seconda persona singolare. Il romanzo è infatti raccontato da molte voci diverse, una delle quali si rivolge, usando la seconda persona, a Dong-ho, il ragazzino che sta cercando l'amico scomparso. Le serve a spostare l'attenzione su quello che gli altri vedono di noi, piuttosto che su quello che siamo davvero?

"La prospettiva che offre la seconda persona è molto diversa da quella di una prima, o una terza. Usare il "tu" significa rendere presente qualcuno davanti a te, evocarlo. Un personaggio, intendo. Ma nello stesso modo quando in un romanzo leggi "tu", quel "tu" sei anche tu, tu lettore. È come una freccia che è contemporaneamente puntata verso di te, e infilzata dentro di te.
Volevo sentire le stesse cose che sentiva Dong-ho, lo stesso dolore, essere con lui nel posto in cui era".

Uno dei suoi personaggi dice: "Per favore, scriva il suo libro in modo tale che più nessuno possa oltraggiare ancora la memoria di mio fratello". Era questo il suo obiettivo? E quanto ha a che fare con la verità?
"Raccontare la verità è stata la motivazione più forte".

Qui, come ne "La vegetariana", le persone considerate pazze sono quelle che semplicemente praticano un'altra verità. Questo ha a che fare con il deficit di democrazia di alcuni paesi, come il suo o il nostro, in alcuni periodi storici?
"Penso che quasi ogni paese abbia subìto ferite profonde nel Ventesimo secolo. Ho letto recentemente Giorgio Bassani, che ho amato moltissimo e mi ha fatto riflettere. Spero che i miei libri possano, con la stessa verità e sincerità, permettere ai lettori italiani di condividere la nostra storia".

Dopo aver scritto questo libro, si sente di rispondere alla domanda che cosa è umano, e cosa non lo è?
"Me lo sto ancora chiedendo. In questo momento sono concentrata in particolare sulla questione della dignità. Mi chiedo: che cos'è un essere umano? Cos'è che ci rende umani, cosa rende umano un essere umano?".

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