Io non conosco personalmente Ilaria Cucchi. Conosco la sua
figura pubblica. Conosco la lotta che sta conducendo insieme ai suoi
familiari, la conosco da quando la vicenda di suo fratello Stefano è diventata
di dominio nazionale. Va da sé che avrei preferito non conoscere neppure la sua
figura pubblica, non sapere niente di lei, non avere coscienza del suo volto.
Se suo fratello Stefano non fosse stato ammazzato io non saprei chi è Ilaria
Cucchi. E se io non sapessi chi è Ilaria Cucchi, l’Italia sarebbe un paese migliore.
Invece l’Italia è quel paese ripugnante in cui non solo
Stefano Cucchi è stato ammazzato – fatto per cui una stravagante sentenza di primo grado ha condannato per omicidio
colposo quattro medici dell’ospedale Pertini di Roma, assolvendo allo stesso
tempo per insufficienza di prove le guardie penitenziarie in servizio a Regina
Coeli – ma è lo stesso paese in cui capita di leggere che Ilaria Cucchi è indagata per diffamazione dopo essere stata
denunciata dal sindacato di polizia Coisp, lo stesso
che manifestò a favore dei poliziotti responsabili dell’assassinio di Federico
Aldrovandi sotto gli uffici del Comune di Ferrara dove lavora Patrizia Moretti,
la mamma di Aldrovandi. Secondo il Coisp, Ilaria Cucchi ha “offeso la dignità
dei lavoratori di polizia”.
Ora, da un punto di vista filosofico, la dignità è una condizione che
deriva dalla natura umana dell’uomo, è il valore che ogni uomo possiede per il
semplice fatto di esistere al mondo. L’offesa a sua volta è un comportamento
che viola il principio di dignità. È del tutto evidente che il Coisp prende
alla lettera lo statuto ontologico che è alla base del concetto di dignità: vi
è dignità se si esiste al mondo. In ragione di ciò, se non si esiste al mondo,
non si ha diritto morale alla dignità. Vale a dire che si ha diritto alla
dignità non come lavoratori di polizia, ma in quanto esseri umani viventi.
Ergo: non si ha diritto alla dignità se non si è viventi, tantomeno se la
propria vita è venuta meno a seguito di un enigmatico
evento che ha procurato lo schiacciamento di gambe, mascella, vescica, torace e
colonna vertebrale.
Eppure anche
un morto ha una dignità. Se non altro perché c’è stato un tempo
in cui egli è stato vivo. Un morto conserva il grado e le prerogative morali di
un vivo perché il suo essere morto lo trasfigura, per mezzo della dignità che
gli è ancora dovuta, in un vivo emerito. Perciò, la denuncia dei Coisp a Ilaria
Cucchi è in tutto e per tutto una
triplice offesa alla dignità. Offende il concetto stesso di
dignità, offende la dignità di Ilaria Cucchi e offende la dignità memoriale di
Stefano Cucchi. Temo però che nessuna procura si muoverà mai contro il Coisp a
difesa della Dignità,
quella dei Cucchi e la nostra, quella di tutti.
Nessun commento:
Posta un commento