La scoperta del Dna da parte di Francis Crick e James D. Watson è avvenuta in un momento in cui le biotecnologie cominciavano a diventare timidamente una nuova fonte di investimento privato e pubblico.
Benché non sia stata l’unica, anni dopo, la più importante ricerca che si è sviluppata dalla genetica del Dna, anche in termini di finanziamenti e attenzione da parte dell’opinione pubblica, è stata quella del «Genoma Umano». Definito come la mappatura degli elementi base della vita, tale progetto ha nutrito molte aspettative. Ad esempio quella di individuare i geni responsabili di molte malattie per le quali si sarebbero trovate cure agendo miratamente su di essi. Quella di utilizzare l’ereditarietà come fattore per ottimizzare la prevenzione. E persino quella di aumentare l’accuratezza nel predeterminare il comportamento umano – l’ethos in senso generale come la stessa parola «gen-etica» mostra.
UN FERTILE CAMPO D’INTERVENTO
La genetica genomica è diventata così pervasiva da reclamare titolarità nel definire l’essenza umana. (Nata sull’onda delle genomica, la risposta preoccupata che la bioetica ha offerto, quando non si è chiusa nei limiti della confessione religiosa, si è spesso risolta in mera deontologia della ricerca). L’idea sulla centralità dei geni nella spiegazione della vita individuale ha tuttavia subìto una piccola battuta d’arresto quando, con il progredire del Progetto Genoma, si è visto che in molti casi la prospettiva di considerare un gene responsabile del carattere o di una malattia era più complessa e che fattori contestuali o collaterali agli stessi geni possono incidere in modo altrettanto determinante. La maggiore attenzione alla multifattorialità ha comportato che la genomica pura si riconsiderasse nella dimensione più ampia della biologia molecolare. Ciò tuttavia non ha significativamente intaccato, anzi ha ulteriormente contribuito ad espandere l’appetibilità delle biotecnologie e la fiducia nella capacità tutta interna di manipolare cellule e geni senza dare importanza ai fattori ambientali esterni con i quali la vita agisce e dai quali è influenzata.
Grazie alla messa a punto di nuove macchine e tecniche per la visualizzazione le biotecnologie e con esse la genomica e la biologia molecolare hanno trovato un ulteriore e fertile campo d’intervento, nonché fonte di finanziamento, nel cervello. Analogamente a quanto è accaduto nella genetica, anche nella neurobiologia l’individuazione di specifiche parti del cervello con precipue funzioni legate alla fisiologia, al comportamento umani e lo studio dei neuroni si sono poi sviluppati nel senso di una maggiore considerazione dei modi e della struttura attraverso i quali le singole componenti interagiscono. Similmente al Progetto Genoma si è così dato vita al Progetto Connettoma «da 30 milioni di dollari varato nel 2010 dal National Institute of Health statunitense». È nata una nuova branca delle neuroscienze: la connettomica.
Per capire le strategie di ricerca, gli obiettivi, e soprattutto le implicazioni antropologiche di questa nuova frontiera neuroscientifica, costituisce un importante strumento il libro di Sebastian Seung, Connettoma. La nuova geografia della mente(traduzione di Silvio Ferraresi, Codice Edizioni, pp. 385, euro 15,90). Seung spiega che «il connettoma è la totalità delle connessioni tra i neuroni di un sistema nervoso. Questo termine, come il suo omologo genoma, implica completezza; il connettoma non è una sola connessione, e nemmeno molte connessioni:è tutte le connessioni». Per l’autore «gli aspetti più peculiari della nostra identità, sono codificati nel nostro connettoma».
Una delle importanti implicazioni della connettomica, a differenza della neurogenetica più tradizionale, è che la prima considera il cervello come un organo plastico, che cioè muta in termini quantitativi e qualitativi nel corso della vita. Attraverso le cosiddette «quattro R» quali ripesatura, riconnessione, ricablaggio e rigenerazione di neuroni e sinapsi, il connettoma forma e riforma le nostre identità umane garantendo loro la stabilità sufficiente affinché esse si possano definire tali. Per Seung, quella connettomica è una prospettiva diversa rispetto a quella predestinale tipica della genomica secondo la quale tutto è già nei nostri geni e ciò che siamo è deciso sin dal concepimento. Connettoma è dunque una mappatura dinamica di quella che si ritiene essere l’essenza umana. Una mappatura che ci differenzia come individui anche nel caso dei gemelli identici perché i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno sono diversi. Tuttavia, questa riapertura all’influenza esterna, all’ambiente, al rapporto con gli altri che la connettomica sembra implicare, è però elusa dal discorso di Seung. Perché in realtà quella che disegna il connettoma non è tanto una mappa – una mappa ha senso se mantiene aperta l’interazione fra interno ed esterno –, ma un modello che estrapola elementi e li costituisce come una struttura autonoma che somiglia ad un dispositivo.
Grazie alla messa a punto di nuove macchine e tecniche per la visualizzazione le biotecnologie e con esse la genomica e la biologia molecolare hanno trovato un ulteriore e fertile campo d’intervento, nonché fonte di finanziamento, nel cervello. Analogamente a quanto è accaduto nella genetica, anche nella neurobiologia l’individuazione di specifiche parti del cervello con precipue funzioni legate alla fisiologia, al comportamento umani e lo studio dei neuroni si sono poi sviluppati nel senso di una maggiore considerazione dei modi e della struttura attraverso i quali le singole componenti interagiscono. Similmente al Progetto Genoma si è così dato vita al Progetto Connettoma «da 30 milioni di dollari varato nel 2010 dal National Institute of Health statunitense». È nata una nuova branca delle neuroscienze: la connettomica.
Per capire le strategie di ricerca, gli obiettivi, e soprattutto le implicazioni antropologiche di questa nuova frontiera neuroscientifica, costituisce un importante strumento il libro di Sebastian Seung, Connettoma. La nuova geografia della mente(traduzione di Silvio Ferraresi, Codice Edizioni, pp. 385, euro 15,90). Seung spiega che «il connettoma è la totalità delle connessioni tra i neuroni di un sistema nervoso. Questo termine, come il suo omologo genoma, implica completezza; il connettoma non è una sola connessione, e nemmeno molte connessioni:è tutte le connessioni». Per l’autore «gli aspetti più peculiari della nostra identità, sono codificati nel nostro connettoma».
Una delle importanti implicazioni della connettomica, a differenza della neurogenetica più tradizionale, è che la prima considera il cervello come un organo plastico, che cioè muta in termini quantitativi e qualitativi nel corso della vita. Attraverso le cosiddette «quattro R» quali ripesatura, riconnessione, ricablaggio e rigenerazione di neuroni e sinapsi, il connettoma forma e riforma le nostre identità umane garantendo loro la stabilità sufficiente affinché esse si possano definire tali. Per Seung, quella connettomica è una prospettiva diversa rispetto a quella predestinale tipica della genomica secondo la quale tutto è già nei nostri geni e ciò che siamo è deciso sin dal concepimento. Connettoma è dunque una mappatura dinamica di quella che si ritiene essere l’essenza umana. Una mappatura che ci differenzia come individui anche nel caso dei gemelli identici perché i connettomi si modificano nel corso della vita a seconda delle esperienze e degli accadimenti che per ognuno sono diversi. Tuttavia, questa riapertura all’influenza esterna, all’ambiente, al rapporto con gli altri che la connettomica sembra implicare, è però elusa dal discorso di Seung. Perché in realtà quella che disegna il connettoma non è tanto una mappa – una mappa ha senso se mantiene aperta l’interazione fra interno ed esterno –, ma un modello che estrapola elementi e li costituisce come una struttura autonoma che somiglia ad un dispositivo.
PROSPETTIVE POSTUMANE
Per Seung noi siamo più del nostra genoma perché le connessioni neuronali, a differenza del patrimonio genetico, possono modificarsi plasticamente. Ma la modifica è qui intesa fondamentalmente in senso biochimico ed elettrico. Ciò implica che, come la matassa dei fili di una cablatura, il connettoma si possa separare, rilocalizzare e riprodurre. Questa ipotesi è infatti quella che nei due capitoli finali l’autore sostiene menzionando il procedimento dell’ibernazione del cervello e, soprattutto, il processo dell’uploading del connettoma, secondo prospettive postumane che però le neuroscienze non sanno evocare ancora meglio di un romanzo fantascientifico di Philip K. Dick.
Come detto, l’esperienza esterna, l’ambiente benché evocati non vengono poi veramente giocati nel discorso di Seung. Per la stessa logica per la quale solo ciò che può essere separato e riprodotto può essere conosciuto, per la stessa logica del divide et impera che prevale oggi nelle neuroscienze non sorprende se il cervello si possa considerare incorporabile nel computer o se quest’ultimo si possa sostituire completamente al primo. Alla fine, e proprio per l’esclusione dell’esperienza ambientale e sociale – dell’umano come essere politico –, la connettomica mostra di basarsi sull’intercambiabilità fra cibernetica robotica e neurobiologia. Capire come funziona un cervello umano alla fin fine significa star lavorando a riprodurre un cervello artificiale, un automa. O meglio, in questo caso, star riproducendo un cervello informatico visto che per il connettoma «l’informazione è la nuova anima» nella quale riduzionismo meccanicistico e spiritualistico si incontrano nuovamente dimenticando che l’umano è anche corpo e persona.
Come detto, l’esperienza esterna, l’ambiente benché evocati non vengono poi veramente giocati nel discorso di Seung. Per la stessa logica per la quale solo ciò che può essere separato e riprodotto può essere conosciuto, per la stessa logica del divide et impera che prevale oggi nelle neuroscienze non sorprende se il cervello si possa considerare incorporabile nel computer o se quest’ultimo si possa sostituire completamente al primo. Alla fine, e proprio per l’esclusione dell’esperienza ambientale e sociale – dell’umano come essere politico –, la connettomica mostra di basarsi sull’intercambiabilità fra cibernetica robotica e neurobiologia. Capire come funziona un cervello umano alla fin fine significa star lavorando a riprodurre un cervello artificiale, un automa. O meglio, in questo caso, star riproducendo un cervello informatico visto che per il connettoma «l’informazione è la nuova anima» nella quale riduzionismo meccanicistico e spiritualistico si incontrano nuovamente dimenticando che l’umano è anche corpo e persona.
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