LA TECNOLOGIA che ci circonda rischia a volte di essere troppo smart. Producendo pericolosi scivoloni sui terreni della riservatezza dei dati personali. È quello che potrebbe accadere con gli Smart Tv della Samsung che, nelle medesime indicazioni fornite all'interno degli avvisi rivolti agli utenti, allertano sulla sorte di quel che diciamo in loro presenza. Esattamente: la stessa privacy policy ci avvisa di stare ben attenti a ciò di cui chiacchieriamo in salotto perché il nuovo, intelligente pannello che abbiamo appena comprato potrebbe registrare e trasmettere le conversazioni a "terze parti".
Ormai da tempo i modelli più avanzati dei televisori Samsung, così come quelli di altre aziende fra cui Lg e Sony, con i tv presentati all'ultimo Ces di Las Vegas dal cuore Android o tramite il nuovo telecomando One-Flick Entertainment, offrono un qualche tipo di "voice interaction". Si tratta del controllo vocale lanciato ormai qualche anno fa e arrivato a un buon livello di affidabilità, direzione verso la quale tutti i produttori stanno marciando. Una funzionalità che, come quella per i controlli gestuali, l'utente può attivare o disattivare a piacere. Perdendo però in quest'ultimo caso una delle novità per le quali, presumibilmente, ha scelto un certo marchio o modello invece di un altro.
Ad aver sollevato le polemiche degli ultimi giorni è un passaggio nascosto appunto nelle privacy policy degli Smart Tv: "Per fornire la funzione di Riconoscimento vocale alcuni comandi vocali potrebbero essere trasmessi, insieme alle informazioni sul dispositivo e ai relativi identificativi, a un servizio di conversione da voce a testo fornito da terze parti, nella misura necessaria per fornire all'utente le funzionalità stesse", si legge nel disclaimer. "Samsung potrà, inoltre, raccogliere, e il dispositivo potrà acquisire, i comandi vocali e i testi associati in modo da fornire, valutare e migliorare le funzionalità di Riconoscimento vocale". Poi la frase sulla quale si è concentrata maggiore preoccupazione, in realtà inserita già da qualche mese nel documento: "Tenere presente che qualora le parole pronunciate includano informazioni personali o sensibili, tali informazioni saranno comprese tra i dati acquisiti e trasmessi al fornitore esterno per il fatto che l'utente impiega il Riconoscimento vocale".
Insomma, non solo i comandi esplicitamente rivolti al televisore - la cui acquisizione è segnalata sullo schermo dall'icona di un microfono - ma potenzialmente molti passaggi delle nostre chiacchierate potrebbero diventare vulnerabili. In particolare, la faccenda sta rispolverando dubbi sull'affidabilità di quelle "terze parti", su come potrebbero utilizzare le informazioni e ancora prima su come queste frasi sarebbero trasmesse, se criptate o meno. Sono servizi che, in questo caso per conto dell'azienda sudcoreana, fanno il lavoro sporco, analizzando quello che diciamo e restituendo l'azione prescelta. Fra questi quelli del gruppo Nuance, leader nei software di riconoscimento vocale il più celebre dei quali è senz'altro Dragon NaturallySpeaking e sul quale, qualche mese fa, si vociferava anche una possibile acquisizione da parte del produttore asiatico.
Un portavoce ha difeso Samsung asserendo che il colosso "prende molto seriamente la privacy dei consumatori" e che "in tutte le nostre Smart Tv impieghiamo standard di sicurezza e pratiche, inclusa la protezione dei dati, per proteggere le informazioni personali degli utenti e prevenire ogni raccolta e uso indebito". Per poi aggiungere, non senza una punta di contraddizione, che "il riconoscimento vocale, che consente ai clienti di controllare il televisore con la voce, è una funzione che può essere attivata e disattivata a scelta. E il proprietario può anche disconnettere il tv dalla rete wi-fi". Della serie, hai un prodotto potentissimo ma per startene tranquillo mentre chiacchieri meglio isolarlo da internet.
Non basta. Se anche si disabilita il Riconoscimento vocale, limitandosi a utilizzare il microfono per una serie di comandi preimpostati che non hanno bisogno di un'analisi immediata, la policy racconta come "Samsung non raccoglierà le frasi", va bene, "ma potrà associare testi e altri dati di utilizzo per valutare le performance della funzione e migliorarle". Insomma, se anche non trasmettiamo ad altri ci interessa capire come parli col televisore. Se infine si toglie di mezzo pure questa raccolta dei dati dal menu impostazioni, il tv diventa (in teoria) sordo e ogni caratteristica vocale muore. Con essa, buona parte del suo pedigree smart.
Si apre dunque un altro fronte in termini di sicurezza dei dati personali. C'è anche da dire che è stata Samsung a finire nel mirino perché è la più esplicita nelle proprie indicazioni relative alla privacy. Non altrettanto si può infatti dire di Lg e Philips, che come ha rilevato Cnet rimangono piuttosto vaghe sul punto. Oltre al problema esterno, cioè su quanto, come e dove finiranno le nostre chiacchiere gestite dalle famigerate "terze parti" a cui i colossi si affidano per i servizi più diversi, c'è pure un problema di hacking legato al più ampio calderone dell'internet delle cose. Uno studio dello scorso anno firmato HP raccontava come il 70% dei prodotti interconnessi, dagli smartwatch ai televisori intelligenti, possa essere facilmente penetrabile a causa di scarse difese ai loro sistemi operativi o alle piattaforme cloud sulle quali vengono parcheggiati dati e documenti degli utenti.
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