È morto a Padova, all’età di 86 annil il professor Angelo Ventura, docente emerito di storia contemporanea all’Università del Bo e autore di importanti testi sul Risorgimento, sul movimento socialista, sul fascismo e le leggi razziali in Italia. Era malato da tempo. I funerali si svolgeranno mercoledì 10 febbraio, preceduti dall’alza bara in ateneo, nel cortile antico del palazzo del Bo, alle ore 11. I nome di Angelo Ventura è legato ad uno degli episodi di sangue avvenuti anche in Veneto durante i cosiddetti anni di piombo, quando le Brigate Rosse e altri movimenti comunisti assassinavano, gambizzavano, ferivano esponenti politici, imprenditori, sindacalisti, doventi universitari. Il docente di storia fu gambizzato da un commando del Fronte Comunista combattente, un’organizzazione interessata al confronto con le Br che si era responsabile di espropri proletari e violenze contro le persone in Veneto e nelle Marche. Nel 1979 l’organizzazione cessò di esistere. Ventura, colpito dai proiettili ad un piede, riuscì a salvarsi rispondendo con una pistola al fuoco dei terroristi. «La scomparsa del professore emerito Angelo Ventura – ha commentato il rettore di Padova, Rosario Rizzuto – è una grossa perdita non solo per il nostro Ateneo ma per tutto l’ambiente della ricerca storica e, più in generale, della cultura italiana. Con Ventura se ne va uno storico competente e rigoroso nei suoi scritti, che hanno formato generazioni di studenti. Ricordo in particolare la sua lucida analisi del fenomeno del terrorismo, contributo fondamentale per poter capire un periodo così complesso e tragico della storia del Paese».
Anche Publio Fiori, come Angelo Ventura, tentò di reagire
In quegli anni di fuoco ci fu un altro esponente politico, della Democrazia Cristiana, che tentò di reagire con la pistola alla furia dei terroristi rossi: Publio Fiori, esponente di spicco dello scudocrociato, entrò nel mirino delle Brigate Rosse, per alcuni motivi precisi: nel 1971 si candidò al comune di Roma e venne eletto con 13.700 voti di preferenza. Nominato Presidente dell’Omni (Opera Nazionale Maternità Infanzia, istituto creato dal fascismo) della capitale, Fiori riorganizzò il servizio di assistenza all’infanzia. Nel 1974 Fiori diventa assessore ai Lavori Pubblici di Roma, iniziando una costante opera di recupero delle borgate abusive, predisponendo un piano per costruire strade e assicurare acqua, gas, luce e un impianto di fognature alle zone periferiche. Come assessore, mise a punto una serie di opere pubbliche, come la Panoramica di Monte Mario e la Sopraelevata Tiburtino-San Lorenzo. L’anno successivo, alle elezioni regionali è il primo degli eletti con 70.000 preferenze. Fu allora che le Br decisero di colpirlo: il 2 novembre del ‘77 un commando delle Brigate Rosse formato da Balzerani, Gallinari e Seghetti, gli tese un agguato e lo ferì con undici colpi di arma da fuoco alle gambe, al bacino e al torace. Fiori tentò di reagire con la sua pistola regolarmente detenuta, ma la raffica di colpi dei terroristi gli impedì ogni reazione.
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