PARIGI «Dal punto di vista giuridico c’è poco da dire, la sentenza del Consiglio di Stato è corretta e del resto le ordinanze erano formulate male, scritte in modo precipitoso ed emotivo dopo gli attentati. Tiravano in ballo la laicità quando non è questo il punto». Jean-Pierre Le Goff, filosofo e sociologo, ha pubblicato pochi mesi fa il libro «Malaise dans la démocratie» (Stock) per parlare del malessere francese.
Perché la laicità non c’entra?
«Perché riguarda la separazione tra la sfera politica dello Stato e le religioni, non le spiagge. Anche la legge sul burqa si fonda non sulla laicità ma sul fatto che il velo integrale islamico turba l’ordine pubblico, perché nasconde il volto della persona, lo stesso vale per un passamontagna. In ogni caso, la sentenza del Consiglio di Stato lascia intatta la questione politica».
Come la definirebbe?
«Una questione di civiltà, culturale. Oggi una parte considerevole della popolazione prova un’insofferenza crescente verso atteggiamenti che vengono percepiti come una provocazione. Non bisogna negare questa realtà. I sondaggi sono molto chiari. Ed è inutile tirare in ballo il razzismo, la discriminazione, o addirittura una volontà di sopraffare la libertà delle donne di vestirsi o coprirsi come vogliono. Sono assurdità. Il punto è che certi abbigliamenti sono poco sopportabili a una popolazione che ha avuto centinaia di morti negli attentati. Le cose sono cambiate, nei decenni».
È aumentata l’esibizione religiosa?
«Certamente. Non si tratta di un semplice foulard, come se ne vedevano ogni tanto negli anni Ottanta. Anche se il burqa è vietato, oggi girano per strada donne coperte dalla testa ai piedi e con i guanti. È una constatazione. Anche se una parte della sinistra moralizzatrice parla di razzismo».
La sinistra a dire il vero è divisa e un suo esponente di notevole peso, il primo ministro Manuel Valls, ha detto di comprendere i sindaci.
«È vero, e ha fatto bene. Altri si rifiutano di riconoscere l’inquietudine dei francesi. Bisogna dare una risposta ragionevole a questa preoccupazione, invece di accusare di razzismo. Quando alla tv i francesi vedono le ragazze rapite da Boko Haram, come sono vestite? Non ricordano forse le donne che vediamo sempre più spesso nelle nostre strade? L’ex ministro socialista Jean-Pierre Chevenement (che Hollande vuole mettere a capo della fondazione dell’Islam di Francia, ndr), ha ragione a chiedere ai musulmani più “discrezione” quanto ai simboli religiosi. Oppure possiamo ignorare questi problemi, e allora a quale percentuale arriverà Marine Le Pen al primo turno delle presidenziali? Se vogliamo fare salire ancora l’estrema destra non c’è modo migliore».
Anche Hollande e il governo parlano spesso delle questioni identitarie.
«Ma esiste un islamo-gauchisme di estrema sinistra dove si mescolano diritti individuali e tutela della donna con indulgenza verso gli islamisti, una confusione totale. La sinistra oggi è in difficoltà perché da trent’anni ha abbracciato una visione multiculturale estranea alla tradizione assimilazionista della Francia».
Che pensa delle critiche del mondo anglosassone?
«Non mi sorprendono, il loro modello multiculturale è appunto diverso dal nostro. Ma noi che vogliamo fare? Adottare quello? Molti francesi non vogliono, perché c’è un modo di vivere insieme che si è strutturato nei secoli e che va al di là della laicità. La domanda è: in quale civiltà vogliamo vivere? E quale ruolo della donna vogliamo difendere? Siamo a un bivio: o restiamo repubblicani, o diventiamo multiculturali come gli anglosassoni. Ma dobbiamo affrontare il problema, o rischiamo di assistere a manifestazioni di violenza».
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