Facebook, Twitter e gli account di tutti gli altri social network andrebbero chiusi. E non tanto perché promuovono una cultura superficiale, allontanano dai rapporti personali e minacciano il sonno, l'autostima e quanto altro. Andrebbero chiusi perché minacciano la carriera e il lavoro di ciascuno di noi. A sostenere questa tesi, in modo anche abbastanza perentorio, è Cal Newport professore associato alla Georgetown University. «In un'economia capitalistica, il mercato premia le cose che sono rare e preziose. E l'uso dei social network non rientra esattamente in questa logica» dice lo studioso.
«Al giorno d'oggi, chiunque può ripubblicare una storia o condividere articoli e foto senza filtri» spiega ancora Newport. «L'idea che se ci si impegna abbastanza in questa attività di basso valore, in qualche modo si aggiunge qualcosa di alto valore nella propria carriera, è falsa» dice il professore che sostiene la necessità di studiare e prepararsi al punto da «essere così bravi che gli altri non possano non accorgersene»
E per spiegare la sua teoria, Cal Newport porta l'esempio della sua stessa carriera e spiega che le opportunità e conoscenze interessanti nella vita reale non sono così scarse come i social media vorrebbero farci credere. «Nella mia vita professionale - racconta - non appena ho migliorato la mia posizione come accademico e scrittore, ho cominciato a ricevere più opportunità di quante ne potessi gestire». E dice: «Le cose buone ti trovano. E non c'è bisogno dei social network per attirarle». Il professore poi obietta sul fatto che i social media siano innocui: «I social sono coinvolgenti. E non si può pensare di concedersi qualche momento per distrarsi perché tolgono concentrazione. Più usi i social media nel modo per cui sono progettati per essere utilizzati - cioè per essere consultati frequentemente durante il giorno - più il cervello impara a desiderare nuovi stimoli al minimo accenno di noia».
E la curiosità per vedere cosa succede online, per controllare quanti cuoricini, like o retweet ha collezionato un post, diventa pian piano sempre più inconciliabile con la concentrazione continua e intensa che richiedono invece alcuni compiti difficili. Perché - spiega ancora Newport - il cervello semplicemente non riuscirà più a tollerare un periodo così lungo senza una pausa «social». «E la concentrazione -conclude - è la base su cui si fonda il talento». E il lavoro.
Ma Cal Newport ha ancora un appunto da fare ai sostenitori indiscussi dei social media e a chi promuove il cosiddetto «web personal marketing» ovvero la costruzione, gestione e promozione di sé attraverso la propria presenza online. «Coltivare il proprio 'marchio' online è un approccio fondamentalmente passivo di avanzamento professionale. Si devia il tempo e l'attenzione dal proprio lavoro al convincere il mondo del proprio valore»: un meccanismo - rivela lo studioso - seducente, ma controproducente.
Ed ecco il consiglio dell'esperto: chiudete i social, spegnete lo smartphone, rimboccatevi le maniche e mettetevi al lavoro. Cosa semplice a dirsi, ma difficile per la maggior parte degli utenti dei social media che temono - abbandonando la propria presenza online - di perdere amici e ricordi digitali sentendosi sostanzialmente prigionieri dei social network.
Il quadro emerge da un'indagine del Kaspersky Lab (condotta su quasi 5mila utilizzatori di 12 Paesi, tra cui anche l'Italia) secondo cui più di tre utenti su quattro vorrebbero lasciare i social network ma hanno paura di perdere il contatto con gli amici e i ricordi digitali fatti di foto, video e altri contenuti condivisi. Il 78% degli intervistati ha pensato di lasciare Facebook & co, ma poi ci ha ripensato. Il 39% del campione pensa che i network online siano una perdita di tempo, ma il 63% ha deciso di non cancellarsi per restare in contatto con amici e parenti, il 21% - invece - non si cancella per timore di perdere soprattutto le foto caricate in Rete.
Nessun commento:
Posta un commento