Dopo l’anteprima di Vanity Fair della scorsa settimana, anche il New York Times dedica ampio spazio al libro della figlia di Steve Jobs, Lisa Brennan-Jobs. Si intitola Small Fry - A memoir, ed esce il 4 settembre per Grove Press )IN Italiano, Pesciolino, Rizzoli, ma ormai c’è poco che ancora non si sappia.
In parte ritratto di due famiglie complesse, in parte ricordo nostalgico della California negli anni Settanta e Ottanta, Small Fry non è il primo libro della Brennan-Jobs, ma è quello destinato a diventare più famoso. Parla infatti della sua infanzia e dell’adolescenza, dei genitori, l’artista Chrisann Brennan e Steve Jobs, fondatore di Apple. Da giovane, il padre di Lisa era una figura mitica raramente presente nella sua vita: era nata quando lui aveva 23 anni, e per lungo tempo aveva negato che fosse sua figlia, accettando solo dopo molte battaglie legali il test del DNA.
Con il libro, tuttavia, la scrittrice non vuole condannare il padre, anzi “lo perdona di tutte le difficoltà nella loro relazione”. E qui il New York Times cita alcuni esempi: quando si rifiutò di installare il riscaldamento nella sua stanza da letto di ragazzina, non era insensibile, dice la Brennan-Jobs, ma le stava trasmettendo un “sistema di valori”. E quando, malato e debole, le disse che aveva l’odore di un gabinetto, commentando il suo profumo di acqua di rose, le stava solo mostrando la sua sincerità. Quello con Steve Jobs resterà per sempre un rapporto complesso e tormentato, fatto di incomprensioni e complicità, di nomignoli affettuosi e lunghi silenzi, di provvisori riavvicinamenti e gesti simbolici ma silenziosi. Tra tutti, l’aver battezzato “Lisa” il progenitore del Mac proprio in onore della figlia, come Jobs confessa a Bono Vox durante una cena in Costa Azzurra, dopo averlo negato per anni (ma non voleva essere crudele: le stava insegnando a «non sfruttare la sua posizione» e i suoi successi, spiega l’autrice).
Lei invece vorrebbe che “le scene del libro dove pattiniamo e ridiamo insieme diventassero virale come quella di lui quando mi dice che non erediterò nulla”. Peraltro l’eredità è poi arrivata - svariati milioni di dollari, come gli altri tre figli avuti dalla moglie - e prima erano arrivate l’attenzione e l’affetto di Jobs (il NYT racconta ad esempio che quando era in gita con la scuola in Giappone, il padre si presentò all’improvviso e passò con lei un giorno insieme in giro insieme, a parlare di Dio e dalla coscienza).
Quando il suo rapporto con la madre divenne teso, ai tempi delle scuole superiori, Lisa si trasferì dal padre, sperando che sarebbe diventato il genitore che aveva sempre voluto che fosse. Ma Jobs poteva essere duro, aggressivo, perfino crudele. Che il genio visionario fondatore di Apple non fosse un personaggio facile era già trapelato anche dalla biografia più nota, quella ufficiale, scritta da Walter Isaacson (”Non ho mai parlato con lui e non ho mai letto il libro, ma so che sono stata descritta come fredda verso mio padre e poco attenta al fatto che lui stesse male. (...) Mi vergogno di essere la parte cattiva di una grande storia”).
Così Brennan-Jobs descrive la scena in cui insieme al padre e alla matrigna va a una sessione di terapia, durante la quale si era lamentata di sentirsi sola chiedendo ai genitori di impegnarsi a darle la buona notte. La risposta di Powell Jobs allo psicologo era stata: «Siamo solo persone fredde». Nell’articolo del NYT, un paragrafo è dedicato poi alle “scene inappropriate” di cui la giovane figlia di Jobs è stata testimone: approcci un po’ troppo focosi tra il padre e la matrigna (“Rimani, questo è un momento di intimità familiare, è giusto condividerlo”, dice il fondatore di Apple”), discorsi a sfondo sessuale (riportati anche nel libro della ex compagna di Jobs, A Bite in the Apple, uscito nel 2013). Ma la Brennan-Jobs sottolinea di non essersi mai sentita minacciata dal padre: per lei, queste scene mostrano che era “soltanto impacciato”.
Il libro si chiude con un altro episodio. Una sera, quando ormai le sue condizioni di salute si erano aggravate, Jobs guardando Law and Order alla televisione aveva chiesto alla figlia: «Scriverai di me?». Lei risponde di no. «Bene», dice lui, e torna subito a guardare la tv.
La memoria di Steve Jobs è per Apple un tesoro da tutelare: dopo i commenti negativi alla biografia ufficiale, da cui è stato tratto anche il film di Danny Boyle con Michael Fassbender, a Cupertino si sono spesi a favore del meno fortunato Becoming Steve Jobs Critiche invece sia per il documentario Man in the Machine, che per l’altro film, interpretato da Ashton Kutcher. Prevedibile dunque la reazione della vedova del fondatore di Apple, Laurene Powell Jobs, dei suoi figli e della sorella, Mona Simpson, hanno dichiarato al Times: “Lisa fa parte della nostra famiglia, quindi è stato con tristezza che abbiamo letto il suo libro, che si distacca notevolmente dai nostri ricordi di quei tempi. La figura di Steve non quella è del marito e del padre che conoscevamo. Steve amava Lisa, e si rammaricava di non essere stato il padre che avrebbe dovuto essere durante la sua infanzia. È stato un grande conforto per Steve avere Lisa a casa con tutti noi negli ultimi giorni della sua vita, e siamo tutti grati per gli anni che abbiamo trascorso insieme come famiglia”.
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