ROMA - 'Arrivederci e grazie'. Ormai non ci facciamo neppure più caso a quella scritta, minuscola, in fondo agli scontrini della nostra spesa. Una gentilezza che si è trasformata in involontaria provocazione. Il segno di un conflitto d'interessi che ciascuno di noi incarna nella propria doppia essenza di consumatore e lavoratore. 'Arrivederci e grazie', ognuno per sé. Ma se ci fermassimo un solo attimo a riflettere, scopriremmo che non è proprio così: ce ne torniamo a casa come consumatori soddisfatti, quasi orgogliosi, di aver fatto lo shopping tanto agognato. Sempre più spesso di aver risparmiato.
Ma come appartenenti alla comunità dei lavoratori dovremmo frenare gli entusiasmi. "La verità è che quel prezzo che si è creduto vantaggioso, è il risultante di una catena di sfruttamento - scrivono Marco Ferri e Francesco Iacovone in 'I consumati. Siamo uomini o merci?' (Massari Editore) - . Dal costo del lavoro di chi ha prodotto la materia prima, passando per chi l'ha trasformata prima confezionata poi, chi l'ha trasportata, chi l'ha immagazzinata, chi l'ha esposta e chi l'ha venduta, chi ha incassato ed emesso gli scontrini. Il prezzo di quel prodotto è il risultato della somma della filiera di lavori sottopagati e svolti in modo disagevole e pesante". E tutto questo per soddisfare l'idea compulsiva che ci fa popolare ogni giorno, domeniche, feste e notti comprese, i grandi centri commerciali, i supermarket, le vie dello shopping, gli outlet. Le moderne acropoli delle città italiane, i templi del consumismo del quale siamo tutti fedeli bigotti. Don Sturzo le battezzerebbe "cattedrali nel deserto", come lo erano le fabbriche dei territori disagiati.
Ferri, fondatore dell'agenzia di comunicazione Consorzio Creativi e Iacovone, sindacalista dei Cobas da sempre al fianco degli "invisibili" addetti del commercio, raccontano questo conflitto d'interessi in un libro che parla appunto alla nostra doppia anima. Invisibili, perché "milioni di donne e uomini appartenenti alla classe lavoratrice e al ceto medio incontrano una categoria di lavoratori - commessi, cassieri, facchini... - ma non li riconoscono come loro simili". In Italia i lavoratori del commercio sono circa tre milioni e mezzo, più dei dipendenti pubblici. Un intero popolo soggiogato dagli effetti della lunga crisi economica, dalla giungla contrattuale (flessibilità estrema, precariato, part-time involontario, cooperative fantasma, orari devastanti, domeniche e festività obbligate, diritti e tutele calpestati...) che ha consentito in chiave anti-recessione la politica degli sconti e delle promozioni. Ma travolto, ora, anche dall'ondata dello shopping on-line che sta bruciando occupazione: "Così - scrivono Ferri e Iacovone - i lavoratori del commercio, che hanno pagato la crisi, rischiano di pagare anche la ripresa".
'Arrivederci e grazie', ognuno per sé. Ma non è così. E' innegabile, come ha certificato il Censis, che per l'80,4% degli italiani l'offerta della distribuzione moderna nella crisi economica ha funzionato come una sorta di welfare dei consumi, tutelando il tenore di vita. Però certe cose costano poco perché qualcuno ha pagato un altro prezzo. Risparmiamo grazie alla "compressione di salari e tutele degli addetti del commercio e della logistica". Eccola, dunque, l'illusione ottica che nasconde il conflitto d'interessi consumatore-lavoratore. Secondo Ferri e Iacovone siamo tutti "consumati": per comprare si consumano ore e ore, fine settimana, intere porzioni di vita. Inseguendo sconti e promozioni. "Tu compri, ma metti in vendita il costo del tuo lavoro, accettando di non avere aumenti di salario; metti in saldo i tuoi diritti; metti in vendita i tuoi risparmi accettando interessi bancari pur di avere liquidità da spendere. Stai aiutando l'economia, è vero. Ma di chi?". Ed allora, è il messaggio finale degli autori, "se la nuova condizione sociale che accumuna cliente e commesso è quella di 'consumati', forse c'è almeno un sentiero che possa farli incontrare, riconoscersi, guardare le cose dalla stessa parte, capirsi, unirsi".
Intanto i Cobas hanno regalato una copia del libro al ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, Luigi di Maio. "Confidiamo nella lettura attenta del ministro – spiega Iacovone – affinché rifletta sulle condizioni dei lavoratori del settore, che ha illuso con le sue promesse non mantenute. Lo legga magari di domenica, giorno dedicato a alla cultura, allo sport, allo spettacolo e alla socialità. Giorno in cui milioni di lavoratori sono chiusi tra le mura di negozi e centri commerciali".
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