Una volta ho preso un volo andata e ritorno San Francisco-Londra per partecipare a una riunione di un’ora su un libro. Un’altra volta ho preso un volo da San Francisco per Hong Kong, da lì ho raggiunto Singapore e sono rientrato a casa dopo due pranzi di lavoro, più “pranzi” che “lavoro”. Un’altra volta ancora sono andato ad Atlanta a intervistare un funzionario che all’ultimo minuto mi ha dato buca. Infine, c’è stata la volta in cui sono andato in aereo a Miami, sono rimasto lì tre giorni, ho percorso ottomila chilometri, preso una camera in albergo, noleggiato una macchina e, sulla strada del ritorno, mi sono demoralizzato perché mi sono reso conto che la persona che ero andato a conoscere per scrivere una breve biografia era troppo noiosa per una breve biografia.
Una volta ho preso un volo andata e ritorno San Francisco-Londra per partecipare a una riunione di un’ora su un libro. Un’altra volta ho preso un volo da San Francisco per Hong Kong, da lì ho raggiunto Singapore e sono rientrato a casa dopo due pranzi di lavoro, più “pranzi” che “lavoro”. Un’altra volta ancora sono andato ad Atlanta a intervistare un funzionario che all’ultimo minuto mi ha dato buca. Infine, c’è stata la volta in cui sono andato in aereo a Miami, sono rimasto lì tre giorni, ho percorso ottomila chilometri, preso una camera in albergo, noleggiato una macchina e, sulla strada del ritorno, mi sono demoralizzato perché mi sono reso conto che la persona che ero andato a conoscere per scrivere una breve biografia era troppo noiosa per una breve biografia.
Da qui nasce il rimorso per le mie trasferte del passato. Dopo un anno di videoconferenze con scarsi disagi, rifletto con un certo imbarazzo sullo sperpero dei viaggi in aereo di prima della pandemia. Penso alla mia produttività e al mio tempo libero perduti, ai soldi del mio capo e all’inquinamento prodotto dall’aereo che mi trasportava a destinazione per quell’importantissimo evento a Key West.
Lo ammetto: non è vero, non sto pensando ai soldi del mio capo. Eppure: Città del Messico, Austin, Hyderabad, Washington… Quante di quelle trasferte sarebbero state superflue se solo mi fossi collegato su Zoom? A spanne, penso che la risposta sarebbe compresa tra “la maggior parte” e “tutte”. Il trasporto aereo è un miracolo moderno. Ma è anche costoso, fastidioso e tremendamente dannoso per l’ambiente. Adesso che è stato dimostrato che le videoconferenze sono un modo accettabile per svolgere bene il proprio lavoro, quando il virus se ne andrà non ci sarà motivo per interromperle. Potremo permetterci tutti quanti di essere più assennati nei confronti dei viaggi di lavoro, anche se Zoom non è perfetto.
Parlo al plurale e uso il “noi” perché gli aeroporti e gli alberghi da cui transitavo nelle mie trasferte assai-poco-indispensabili non erano mai vuoti. Nel 2019 gli americani hanno effettuato più di 400 milioni di viaggi d’affari. Molti dei miei compagni di viaggio si sono chiesti, come mi è capitato spesso, se i vantaggi di ogni particolare trasferta giustificassero le spese e i disagi.
Ho parlato con parecchi ex-guerrieri della strada – perlopiù rappresentanti – che mi hanno detto di avere avuto di frequente idee contrastanti riguardo i loro spostamenti e vagabondaggi. Da una parte, volare era tremendo: per un viaggio andata e ritorno in un dato Paese se ne vanno quasi due giorni interi, senza contare l’alimentazione poco sana, le poche ore di sonno, l’alcol.
Ma quale alternativa avevamo? Per anni, affermare che gli incontri a quattr’occhi erano meglio delle videoconferenze è stata quasi una verità ovvia e indiscutibile, per evidenti motivi. Gli incontri di persona favoriscono un rapporto più profondo e forse anche un miglior iter decisionale di gruppo.
Ho parlato con parecchi ex-guerrieri della strada – perlopiù rappresentanti – che mi hanno detto di avere avuto di frequente idee contrastanti riguardo i loro spostamenti e vagabondaggi. Da una parte, volare era tremendo: per un viaggio andata e ritorno in un dato Paese se ne vanno quasi due giorni interi, senza contare l’alimentazione poco sana, le poche ore di sonno, l’alcol.
Ma quale alternativa avevamo? Per anni, affermare che gli incontri a quattr’occhi erano meglio delle videoconferenze è stata quasi una verità ovvia e indiscutibile, per evidenti motivi. Gli incontri di persona favoriscono un rapporto più profondo e forse anche un miglior iter decisionale di gruppo.
Una simile affermazione può sembrare esagerata, ma sono davvero molti gli ex viaggiatori abituali ad aver detto qualcosa di simile. Jack Duhamel è un venditore di software e durante il lockdown si è trasferito in una cittadina di pescatori del Connecticut. Mi ha raccontato di aver concluso un affare con una società situata in Europa dell’est: le trattative sono partite da zero, perché in passato Duhamel non aveva avuto nessun contatto con quell’azienda, ma nel corso di oltre una decina di incontri su Zoom nell’arco di quattro mesi, si è concretizzato un grosso contratto. “In passato, avrei preso un aereo, sarei volato lì e avrei concluso la vendita” dice.
Con le videochiamate ho provato anche io qualcosa di simile. Naturalmente, non sono intime come gli incontri di persona, ma neanche peggiori. Perdipiù, l’era virtuale ha i suoi vantaggi: è più rapida, costa meno e non ci si ritrova intrappolati nel sedile centrale di un aereo per cinque ore consecutive.
Oltretutto, c’è il cambiamento del clima, un danno collaterale impietoso dei voli aerei. Il trasporto aereo incide per appena il 2,5% sulle emissioni globali di anidride carbonica, ma per motivi complessi le emissioni degli aerei di fatto contribuiscono molto più al riscaldamento del pianeta di quanto suggerisca la loro effettiva emissione di CO2. Un altro problema è quello dei costi in base all’utilizzo: un solo viaggio andata e ritorno può portare all’emissione di più anidride carbonica per passeggero di quanto la persona media di molti Paesi produca in un anno. Secondo uno studio, un solo volo transatlantico andata e ritorno è sufficiente a invalidare i benefici apportati dalla rinuncia a utilizzare l’automobile per un anno intero.
Suzanne Neufang, amministratrice delegata della Global Business Travel Association, ha detto che le compagnie aeree stanno studiando vari modi per rendere i loro voli a emissioni zero. L’associazione che dirige prevede che entro il 2025 il volume dei viaggi d’affari tornerà ai livelli del 2019, ma quando ciò accadrà, ci tiene a sottolineare, i voli in aereo potrebbero avere un impatto di gran lunga meno grave sull’ambiente. “I viaggi di lavoro non devono necessariamente tornare a essere come erano in passato”, mi ha detto.
In verità, sono scettico. È verosimile che occorreranno decenni prima che il trasporto aereo diventi a emissioni zero, se mai ci riuscirà. Nel frattempo, abbiamo trovato un’alternativa perfettamente ragionevole alle riunioni di persona. Collegatevi di più e volate meno.
Traduzione di Anna Bissanti
© 2021, The New York Times
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