sabato 8 ottobre 2011

BERTI F., DA TONNIES AL VIRTUALE. COME CAMBIA LA COMUNITA' NELL'ERA DI INTERNET

in AA.VV., Comunità, persona e chatline. Le relazioni sociali nell'era di Internet, 2005

2. Il concetto di comunità: Tönnies e i classici del pensiero sociologico





I rapporti che uniscono gli individui o, come le chiama Tönnies, le

volontà umane si trovano tra di loro in relazioni molteplici; tuttavia è possibile

ricondurli sostanzialmente a due gruppi: da una parte tale rapporto

può essere concepito “come vita reale organica”, e questa è l’essenza della

comunità, dall’altra “come formazione ideale e meccanica” che riassume il

concetto di società (Tönnies 1979: 45).

Nonostante i termini comunità e società siano stati spesso utilizzati

come sinonimi, agli occhi di Tönnies essi si presentano come vera e

propria antitesi: “ogni convivenza confidenziale, intima, esclusiva viene

intesa come vita in comunità; la società è invece il pubblico, è il mondo.

In comunità con i suoi una persona si trova dalla nascita, legata ad essi nel

bene e nel male, mentre si va in società come in terra straniera. Il giovane

viene messo in guardia contro la cattiva società; ma parlare di «cattiva

comunità» è contrario al senso della lingua” (ib). “La comunità – continua

Tönnies – è la convivenza durevole e genuina, la società è soltanto una

convivenza passeggera e apparente. È quindi coerente che la comunità

debba essere intesa come organismo vivente, e la società, invece, come un

aggregato e prodotto meccanico”. “La comunità – taglia corto Tönnies – è

antica, mentre la società è nuova, come cosa e come nome” (ib: 46).

Per Tönnies “la teoria della comunità muove dalla premessa della

perfetta unità delle volontà umane come stato originario o naturale, che

si è conservato nonostante e attraverso la separazione empirica, atteggiandosi

in forme molteplici secondo la natura necessaria e data dei rapporti

tra individui diversamente condizionati” (ib: 51). In prima istanza la comunità

è possibile a partire da rapporti che si basano sulla discendenza e sul

sesso come il rapporto tra madre e bambino, il rapporto tra uomo e donna

come coniugi e il rapporto tra coloro che si riconoscono come fratelli e

sorelle, o almeno come figli della stessa madre. Emerge chiaramente come

per Tönnies l’embrione di una comunità sia ravvisabile nell’appartenenza

ad una stessa stirpe e quindi in un legame di sangue. Oltre al legame di

sangue, di cui l’espressione più evidente risiede nel legame di parentela

che trova la sua sede più adeguata nella casa comune, Tönnies considera

prodromici ad una comunità i rapporti di luogo e i rapporti di spirito; i

primi emergono nel vicinato che è il carattere generale della convivenza

nel villaggio, i secondi nell’amicizia prodotta nel modo più spontaneo

dalla identità e dalla somiglianza della professione o dell’arte.

La vita della comunità implica quindi una generalizzata condivisione

di beni e situazioni: i membri di una comunità hanno gli stessi

amici e riconoscono gli stessi nemici, si danno protezione reciproca e

costruiscono difese comuni, organizzano un sistema economico basato

sugli stessi presupposti. Presupposto della comunità, ed è questo uno dei

passaggi più profondi dell’opera di Tönnies, è quindi la comprensione, un

modo di sentire comune e reciproco che “rappresenta la particolare forza

e simpatia sociale che tiene insieme gli uomini come membri di un tutto.

(…) La comprensione riposa quindi su un’intima conoscenza reciproca,

in quanto questa è condizionata – e a sua volta la stimola – dalla partecipazione

immediata di un essere alla vita dell’altro, dall’inclinazione alla

simpatia nella gioia e nel dolore” (ib: 62).

Certo è che tale modello comunitario sarebbe oggi difficilmente

riproponibile vista la ristrutturazione che ha caratterizzato le società

contemporanee, almeno quelle occidentali, in modo pluralista e multiculturale:

per Tönnies, al contrario, la comunità è tanto più probabile

quanto maggiore è la somiglianza di costituzione e di esperienza e quanto

più la disposizione naturale, il carattere, il modo di pensare sono eguali e

concordanti; in particolare la comunità non è possibile se non a partire da

una lingua comune.

La relazione comunitaria risulta tuttavia permeata da un senso di

profondo paternalismo che si regge sul rispetto delle gerarchie, come

dimostra il ruolo che Tönnies attribuisce al concetto di dignità ovvero

l’autorità esercitata da un superiore per il bene dell’inferiore e che si presenta

sotto tre specie: la dignità dell’età, la dignità della forza e la dignità

della saggezza o dello spirito e che si riuniscono appunto nella dignità

che compete al padre da cui nasce il senso della reverenza. In virtù di ciò

diviene possibile, agli occhi di Tönnies, un rapporto comunitario anche

tra padrone e servo.

Al contrario “la teoria della società muove dalla costruzione di una

cerchia di uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente

l’uno accanto all’altro, ma che non sono già essenzialmente legati,

bensì essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i

legami, mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni. (…)

In questo ambito ognuno sta per conto proprio e in uno stato di tensione

contro tutti gli altri. (…) Nessuno farà qualcosa per l’altro, nessuno vorrà

concedere e dare qualcosa all’altro, se non in cambio di una prestazione o

di una donazione reciproca che egli ritenga almeno pari alla sua. È anzi

necessario che essa gli sia più gradita di ciò che avrebbe potuto tenere

per sé, poiché soltanto l’ottenimento di un oggetto che appare migliore lo

indurrà a privarsi di un bene” (ib: 83).

La società non ammette quindi alcuna entità superiore agli individui

che rimangono divisi l’uno dall’altro; non esiste alcun bene comune

ma anzi ognuno, nel godere di quanto possiede, cerca di escludere l’altro

a meno che non avvenga uno scambio. Da questo punto di vista la società

corrisponde all’economia di mercato anzi, la società è il mercato tant’è

che Tönnies vede la società come “società borghese”. Nella società acquista

un ruolo determinante il denaro e in particolare il denaro cartaceo che

attribuisce valore alle cose; risulta inoltre determinante il contratto che

permette l’incontro tra volontà altrimenti divergenti e lo stesso concetto

di obbligazione che garantisce l’assoluzioni di prestazioni dovute anche

attraverso coercizione. Ciò è possibile solo a partire dal riconoscimento

di un ordinamento giuridico che può essere riassunto nella formula pacta

esse observanda. “Prima e al di fuori della convenzione – e anche prima e

al di fuori di ogni contratto particolare – il rapporto di tutti verso tutti

può essere concepito come un rapporto di ostilità potenziale o come una

guerra latente, contro cui tutti quegli accordi della volontà spiccano poi

come altrettanti trattati e conclusioni di pace” (ib: 96). La società si regge

sulla concorrenza e non sulla fratellanza anche se poi di fatto sono possibili

delle coalizioni per ridurre i danni e magari per crearsi dei nemici comuni

e ciò da luogo ad una “socialità convenzionale, la cui regola suprema è la

cortesia: essa consiste in uno scambio di parole e di compiacenze nel quale



ognuno sembra essere a disposizione di tutti e tutti sembrano stimare gli

altri come loro pari, ma nel quale in realtà ognuno pensa a se stesso ed è

preoccupato di affermare la sua importanza e i suoi vantaggi in contrasto

con tutti gli altri. Cosicché, per tutto ciò che di gradevole l’uno fa all’altro,

si aspetta di ricevere in cambio almeno un equivalente, ed anzi lo esige;

e di conseguenza pesa esattamente i suoi servizi, le sue adulazioni, i suoi

regali, e così via, in relazione all’effetto desiderato” (ib: 97). Da questo

punto di vista lo sviluppo della società sulla comunità segna la fine della

gratuità e il passaggio da una economia domestica e contadina ad una

commerciale e industriale come descrive Tönnies riprendendo la teoria

di Marx.

Dopo l’analisi dei due fondamentali concetti di comunità e società,

Tönnies effettua un’ulteriore distinzione tra quella che chiama volontà

essenziale e quella che definisce come volontà arbitraria; seppure tale dicotomia

abbia riscontrato un minore successo nell’ambito della teoria della

comunità che si è sviluppata a partire dall’analisi tönniesiana, si tratta di

una copia utilizzata per meglio specificare le due tipologie di relazione

umana. Se ogni azione è definibile come umana solo in base alla partecipazione

del pensiero, si deve tuttavia distinguere “la volontà in quanto

in essa è contenuto il pensiero, e il pensiero in quanto in esso è contenuta

la volontà” (ib: 129). Nel primo caso la volontà dell’uomo è definita

come volontà essenziale, nel secondo come volontà arbitraria; “la volontà

essenziale è l’equivalente psicologico del corpo umano, cioè del principio

dell’unità della vita, in quanto questa viene concepita sotto quella forma

della realtà alla quale appartiene lo stesso pensiero (…). – La volontà arbitraria

è una formazione del pensiero stesso, la quale possiede quindi una

vera e propria realtà soltanto in relazione al suo autore – il soggetto del

pensiero, anche se essa può venir conosciuta e riconosciuta da altri” (ib:

129). Ne discende che la volontà essenziale è condizione della comunità

mentre la volontà arbitraria produce la società.

Anche se non è chiaro se a questa distinzione tra comunità e

società si dovesse attribuire un valore soltanto analitico o anche empirico,

l’aspetto più importante del lavoro di Tönnies riguarda la tesi

complessiva sviluppata dall’autore: la tesi, cioè, secondo cui nel corso

dell’affermazione del capitalismo le sfere d’azione della società avrebbero

minacciato o dissolto progressivamente quelle relazioni sociali che possiedono

i caratteri propri della comunità. Secondo Honneth (1999: 9), questa

diagnosi di Tönnies non era pensata come una tesi di filosofia della storia

che volesse affermare l’irreversibilità o l’inevitabilità di un determinato

sviluppo; né intendeva essere recepito come un romantico che rimpiange

nostalgicamente le vecchie forme di vita delle comunità rurali. Piuttosto

l’intero impegno del “socialdemocratico” Tönnies mirava ad esplorare le

possibilità sociali della creazione di comunità che, come le corporazioni o

i sindacati, fossero adeguate alle condizioni dell’epoca industriale.

Dopo Tönnies, in effetti, il pensiero sociologico classico tende ad

esaltare il passaggio verso forme più “evolute” e moderne di integrazione

sociale, che ridimensionano la portata etica e sociale della comunità.

Per rimanere nell’ambito dei cosiddetti “classici” del pensiero sociologico

i due riferimenti obbligati sono quelli di Durkheim e Weber, anche

se nessuno dei due parla esplicitamente della comunità nei termini usati

da Tönnies.

Durkheim nella sua analisi del processo di modernizzazione introduce

i concetti di “solidarietà meccanica” e “solidarietà organica”. Al

contrario di Tönnies e di Weber, nella sua analisi del passaggio da una

società premoderna e tradizionale alla società moderna, Durkheim ha

insistito sulla necessità di considerare i rapporti fra forme sociali che si

succedono piuttosto che su una netta contrapposizione, soffermandosi

più sugli aspetti tradizionali contenuti nelle società più evolute invece di

sottolineare quanto è stato perduto.

Mentre nelle società premoderne organizzate secondo i riferimenti

della solidarietà meccanica regna, tra i soggetti, un livello di concordia

emotiva e cognitiva così alto che l’integrazione sociale può compiersi

sulla base di una condivisione di una coscienza collettiva (il riferimento è

chiaramente all’idea di comunità), le società moderne sono caratterizzate

da un minor livello di omogeneità. La società moderna, contraddistinta

dalla solidarietà organica, è caratterizzata per le differenze individuali tra

i soggetti; tali differenze sono così rilevanti che per provvedere all’integrazione

sociale si rende inevitabile ricorrere ad una costrizione cooperativa

fondata sulla divisione del lavoro.

Mentre Tönnies con la sua distinzione concettuale intende attirare

l’attenzione soprattutto su due forme di socializzazione tra le quali nella

società moderna deve instaurarsi un equilibrio, lasciando aperti spazi

sociali sia per la comunità che per la società, Durkheim presuppone inequivocabilmente

una successione evolutiva delle due forme di solidarietà.

Il processo di individualizzazione in atto nella società moderna, come si

può riscontrare nel mutamento strutturale del diritto penale o nel cambiamento

dei modelli di coscienza religiosa, porta ad un rapido superamento

della solidarietà meccanica a vantaggio della solidarietà organica

fondata proprio sulla divisione del lavoro.

Durkheim fonda la propria tipologia della comunità sulla natura del

legame sociale, a partire dagli aspetti normativi che regolano e mantengono

in vita i diversi aggregati sociali. Le leggi delle comunità primitive

sono essenzialmente repressive, in quanto l’atto deviante viene percepito

come violazione di una coscienza collettiva che chiede di essere vendicata;

il legame sociale, in questo caso, è quello della solidarietà meccanica. Le

leggi delle comunità civilizzate sono invece fondate sul principio della

riparazione del danno arrecato e il legame presupposto viene definito

come solidarietà organica che deriva dalla cooperazione. In sintonia con

l’approccio positivista Durkheim delinea una teoria dell’evoluzione sociale

come passaggio dalla solidarietà meccanica alla solidarietà organica.




















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