in AA.VV., Comunità, persona e chatline. Le relazioni sociali nell'era di Internet, 2005
2. Il concetto di comunità: Tönnies e i classici del pensiero sociologico
2. Il concetto di comunità: Tönnies e i classici del pensiero sociologico
I rapporti che uniscono gli individui o, come le chiama Tönnies, le
volontà umane si trovano tra di loro in relazioni molteplici; tuttavia è possibile
ricondurli sostanzialmente a due gruppi: da una parte tale rapporto
può essere concepito “come vita reale organica”, e questa è l’essenza della
comunità, dall’altra “come formazione ideale e meccanica” che riassume il
concetto di società (Tönnies 1979: 45).
Nonostante i termini comunità e società siano stati spesso utilizzati
come sinonimi, agli occhi di Tönnies essi si presentano come vera e
propria antitesi: “ogni convivenza confidenziale, intima, esclusiva viene
intesa come vita in comunità; la società è invece il pubblico, è il mondo.
In comunità con i suoi una persona si trova dalla nascita, legata ad essi nel
bene e nel male, mentre si va in società come in terra straniera. Il giovane
viene messo in guardia contro la cattiva società; ma parlare di «cattiva
comunità» è contrario al senso della lingua” (ib). “La comunità – continua
Tönnies – è la convivenza durevole e genuina, la società è soltanto una
convivenza passeggera e apparente. È quindi coerente che la comunità
debba essere intesa come organismo vivente, e la società, invece, come un
aggregato e prodotto meccanico”. “La comunità – taglia corto Tönnies – è
antica, mentre la società è nuova, come cosa e come nome” (ib: 46).
Per Tönnies “la teoria della comunità muove dalla premessa della
perfetta unità delle volontà umane come stato originario o naturale, che
si è conservato nonostante e attraverso la separazione empirica, atteggiandosi
in forme molteplici secondo la natura necessaria e data dei rapporti
tra individui diversamente condizionati” (ib: 51). In prima istanza la comunità
è possibile a partire da rapporti che si basano sulla discendenza e sul
sesso come il rapporto tra madre e bambino, il rapporto tra uomo e donna
come coniugi e il rapporto tra coloro che si riconoscono come fratelli e
sorelle, o almeno come figli della stessa madre. Emerge chiaramente come
per Tönnies l’embrione di una comunità sia ravvisabile nell’appartenenza
ad una stessa stirpe e quindi in un legame di sangue. Oltre al legame di
sangue, di cui l’espressione più evidente risiede nel legame di parentela
che trova la sua sede più adeguata nella casa comune, Tönnies considera
prodromici ad una comunità i rapporti di luogo e i rapporti di spirito; i
primi emergono nel vicinato che è il carattere generale della convivenza
nel villaggio, i secondi nell’amicizia prodotta nel modo più spontaneo
dalla identità e dalla somiglianza della professione o dell’arte.
La vita della comunità implica quindi una generalizzata condivisione
di beni e situazioni: i membri di una comunità hanno gli stessi
amici e riconoscono gli stessi nemici, si danno protezione reciproca e
costruiscono difese comuni, organizzano un sistema economico basato
sugli stessi presupposti. Presupposto della comunità, ed è questo uno dei
passaggi più profondi dell’opera di Tönnies, è quindi la comprensione, un
modo di sentire comune e reciproco che “rappresenta la particolare forza
e simpatia sociale che tiene insieme gli uomini come membri di un tutto.
(…) La comprensione riposa quindi su un’intima conoscenza reciproca,
in quanto questa è condizionata – e a sua volta la stimola – dalla partecipazione
immediata di un essere alla vita dell’altro, dall’inclinazione alla
simpatia nella gioia e nel dolore” (ib: 62).
Certo è che tale modello comunitario sarebbe oggi difficilmente
riproponibile vista la ristrutturazione che ha caratterizzato le società
contemporanee, almeno quelle occidentali, in modo pluralista e multiculturale:
per Tönnies, al contrario, la comunità è tanto più probabile
quanto maggiore è la somiglianza di costituzione e di esperienza e quanto
più la disposizione naturale, il carattere, il modo di pensare sono eguali e
concordanti; in particolare la comunità non è possibile se non a partire da
una lingua comune.
La relazione comunitaria risulta tuttavia permeata da un senso di
profondo paternalismo che si regge sul rispetto delle gerarchie, come
dimostra il ruolo che Tönnies attribuisce al concetto di dignità ovvero
l’autorità esercitata da un superiore per il bene dell’inferiore e che si presenta
sotto tre specie: la dignità dell’età, la dignità della forza e la dignità
della saggezza o dello spirito e che si riuniscono appunto nella dignità
che compete al padre da cui nasce il senso della reverenza. In virtù di ciò
diviene possibile, agli occhi di Tönnies, un rapporto comunitario anche
tra padrone e servo.
Al contrario “la teoria della società muove dalla costruzione di una
cerchia di uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente
l’uno accanto all’altro, ma che non sono già essenzialmente legati,
bensì essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i
legami, mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni. (…)
In questo ambito ognuno sta per conto proprio e in uno stato di tensione
contro tutti gli altri. (…) Nessuno farà qualcosa per l’altro, nessuno vorrà
concedere e dare qualcosa all’altro, se non in cambio di una prestazione o
di una donazione reciproca che egli ritenga almeno pari alla sua. È anzi
necessario che essa gli sia più gradita di ciò che avrebbe potuto tenere
per sé, poiché soltanto l’ottenimento di un oggetto che appare migliore lo
indurrà a privarsi di un bene” (ib: 83).
La società non ammette quindi alcuna entità superiore agli individui
che rimangono divisi l’uno dall’altro; non esiste alcun bene comune
ma anzi ognuno, nel godere di quanto possiede, cerca di escludere l’altro
a meno che non avvenga uno scambio. Da questo punto di vista la società
corrisponde all’economia di mercato anzi, la società è il mercato tant’è
che Tönnies vede la società come “società borghese”. Nella società acquista
un ruolo determinante il denaro e in particolare il denaro cartaceo che
attribuisce valore alle cose; risulta inoltre determinante il contratto che
permette l’incontro tra volontà altrimenti divergenti e lo stesso concetto
di obbligazione che garantisce l’assoluzioni di prestazioni dovute anche
attraverso coercizione. Ciò è possibile solo a partire dal riconoscimento
di un ordinamento giuridico che può essere riassunto nella formula pacta
esse observanda. “Prima e al di fuori della convenzione – e anche prima e
al di fuori di ogni contratto particolare – il rapporto di tutti verso tutti
può essere concepito come un rapporto di ostilità potenziale o come una
guerra latente, contro cui tutti quegli accordi della volontà spiccano poi
come altrettanti trattati e conclusioni di pace” (ib: 96). La società si regge
sulla concorrenza e non sulla fratellanza anche se poi di fatto sono possibili
delle coalizioni per ridurre i danni e magari per crearsi dei nemici comuni
e ciò da luogo ad una “socialità convenzionale, la cui regola suprema è la
cortesia: essa consiste in uno scambio di parole e di compiacenze nel quale
ognuno sembra essere a disposizione di tutti e tutti sembrano stimare gli
altri come loro pari, ma nel quale in realtà ognuno pensa a se stesso ed è
preoccupato di affermare la sua importanza e i suoi vantaggi in contrasto
con tutti gli altri. Cosicché, per tutto ciò che di gradevole l’uno fa all’altro,
si aspetta di ricevere in cambio almeno un equivalente, ed anzi lo esige;
e di conseguenza pesa esattamente i suoi servizi, le sue adulazioni, i suoi
regali, e così via, in relazione all’effetto desiderato” (ib: 97). Da questo
punto di vista lo sviluppo della società sulla comunità segna la fine della
gratuità e il passaggio da una economia domestica e contadina ad una
commerciale e industriale come descrive Tönnies riprendendo la teoria
di Marx.
Dopo l’analisi dei due fondamentali concetti di comunità e società,
Tönnies effettua un’ulteriore distinzione tra quella che chiama volontà
essenziale e quella che definisce come volontà arbitraria; seppure tale dicotomia
abbia riscontrato un minore successo nell’ambito della teoria della
comunità che si è sviluppata a partire dall’analisi tönniesiana, si tratta di
una copia utilizzata per meglio specificare le due tipologie di relazione
umana. Se ogni azione è definibile come umana solo in base alla partecipazione
del pensiero, si deve tuttavia distinguere “la volontà in quanto
in essa è contenuto il pensiero, e il pensiero in quanto in esso è contenuta
la volontà” (ib: 129). Nel primo caso la volontà dell’uomo è definita
come volontà essenziale, nel secondo come volontà arbitraria; “la volontà
essenziale è l’equivalente psicologico del corpo umano, cioè del principio
dell’unità della vita, in quanto questa viene concepita sotto quella forma
della realtà alla quale appartiene lo stesso pensiero (…). – La volontà arbitraria
è una formazione del pensiero stesso, la quale possiede quindi una
vera e propria realtà soltanto in relazione al suo autore – il soggetto del
pensiero, anche se essa può venir conosciuta e riconosciuta da altri” (ib:
129). Ne discende che la volontà essenziale è condizione della comunità
mentre la volontà arbitraria produce la società.
Anche se non è chiaro se a questa distinzione tra comunità e
società si dovesse attribuire un valore soltanto analitico o anche empirico,
l’aspetto più importante del lavoro di Tönnies riguarda la tesi
complessiva sviluppata dall’autore: la tesi, cioè, secondo cui nel corso
dell’affermazione del capitalismo le sfere d’azione della società avrebbero
minacciato o dissolto progressivamente quelle relazioni sociali che possiedono
i caratteri propri della comunità. Secondo Honneth (1999: 9), questa
diagnosi di Tönnies non era pensata come una tesi di filosofia della storia
che volesse affermare l’irreversibilità o l’inevitabilità di un determinato
sviluppo; né intendeva essere recepito come un romantico che rimpiange
nostalgicamente le vecchie forme di vita delle comunità rurali. Piuttosto
l’intero impegno del “socialdemocratico” Tönnies mirava ad esplorare le
possibilità sociali della creazione di comunità che, come le corporazioni o
i sindacati, fossero adeguate alle condizioni dell’epoca industriale.
Dopo Tönnies, in effetti, il pensiero sociologico classico tende ad
esaltare il passaggio verso forme più “evolute” e moderne di integrazione
sociale, che ridimensionano la portata etica e sociale della comunità.
Per rimanere nell’ambito dei cosiddetti “classici” del pensiero sociologico
i due riferimenti obbligati sono quelli di Durkheim e Weber, anche
se nessuno dei due parla esplicitamente della comunità nei termini usati
da Tönnies.
Durkheim nella sua analisi del processo di modernizzazione introduce
i concetti di “solidarietà meccanica” e “solidarietà organica”. Al
contrario di Tönnies e di Weber, nella sua analisi del passaggio da una
società premoderna e tradizionale alla società moderna, Durkheim ha
insistito sulla necessità di considerare i rapporti fra forme sociali che si
succedono piuttosto che su una netta contrapposizione, soffermandosi
più sugli aspetti tradizionali contenuti nelle società più evolute invece di
sottolineare quanto è stato perduto.
Mentre nelle società premoderne organizzate secondo i riferimenti
della solidarietà meccanica regna, tra i soggetti, un livello di concordia
emotiva e cognitiva così alto che l’integrazione sociale può compiersi
sulla base di una condivisione di una coscienza collettiva (il riferimento è
chiaramente all’idea di comunità), le società moderne sono caratterizzate
da un minor livello di omogeneità. La società moderna, contraddistinta
dalla solidarietà organica, è caratterizzata per le differenze individuali tra
i soggetti; tali differenze sono così rilevanti che per provvedere all’integrazione
sociale si rende inevitabile ricorrere ad una costrizione cooperativa
fondata sulla divisione del lavoro.
Mentre Tönnies con la sua distinzione concettuale intende attirare
l’attenzione soprattutto su due forme di socializzazione tra le quali nella
società moderna deve instaurarsi un equilibrio, lasciando aperti spazi
sociali sia per la comunità che per la società, Durkheim presuppone inequivocabilmente
una successione evolutiva delle due forme di solidarietà.
Il processo di individualizzazione in atto nella società moderna, come si
può riscontrare nel mutamento strutturale del diritto penale o nel cambiamento
dei modelli di coscienza religiosa, porta ad un rapido superamento
della solidarietà meccanica a vantaggio della solidarietà organica
fondata proprio sulla divisione del lavoro.
Durkheim fonda la propria tipologia della comunità sulla natura del
legame sociale, a partire dagli aspetti normativi che regolano e mantengono
in vita i diversi aggregati sociali. Le leggi delle comunità primitive
sono essenzialmente repressive, in quanto l’atto deviante viene percepito
come violazione di una coscienza collettiva che chiede di essere vendicata;
il legame sociale, in questo caso, è quello della solidarietà meccanica. Le
leggi delle comunità civilizzate sono invece fondate sul principio della
riparazione del danno arrecato e il legame presupposto viene definito
come solidarietà organica che deriva dalla cooperazione. In sintonia con
l’approccio positivista Durkheim delinea una teoria dell’evoluzione sociale
come passaggio dalla solidarietà meccanica alla solidarietà organica.
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