mercoledì 3 maggio 2017

NELL'ERA DELL'IPER-CONSUMO DI MASSA. UNA INDAGINE DI GREENPEACE. L. PAGNI, Shopping, un italiano su due compra vestiti che non usa mai, LA REPUBBLICA, 3 maggio 2017

MILANO - Vi è mai capitato di trovare un armadio un capo di abbigliamento che vi eravate dimenticati di aver acquistato? E, di conseguenza, di non aver mai indossato nemmeno una volta? Non preoccupatevi, non siete i soli. Lo dice una ricerca commissionata da Greenpeace, i cui risultati confermano una tendenza consumistica degli italiani su cui riflettere: un italiano su due ha confessato di aver comprato più vestiti o scarpe di quelli che effettivamente servono e addirittura il 46 per cento ha ammesso di possedere capi di abbigliamento abbandonati in fondo a un cassetto senza che fosse mai stata tolta l'etichetta.



La ricerca commissionata dall'associazione ambientalista alla società specializzata Swg (che ha sentito mille italiani in età compresa tra i 20 e i 45 anni, tra l'8 e il 13 marzo) si è posto l'obiettivo di "analizzare l'atteggiamento degli italiani verso lo shopping", ma anche "far emergere le emozioni legate all'atto dell'acquisto di capi di abbigliamento" nonché di "investigare sulle abitudini di acquisto".

Si scopre allora che per il 54% degli italiani fare acquisti "è una efficace arma contro la noia", per il 48% "é uno dei metodi che si sua per alleviare lo stress" e il 41% dichiara che si sentirebbe "annoiato" se non potesse più fare shopping. Un fenomeno già noto come "shopping compulsivo", già noto e che può sfociare anche in patologie. Ma vederlo dimostrato dai numeri colpisce sempre: il 65% del campione intervistato sostiene che dopo un acquisto si sente "euforico e soddisfatto" e il 52% ammette di fare shopping "per tirarsi su di morale".

Ma chi sono gli italiani più soggetti a questo fenomeno?  Secondo la ricerca, le donne residenti al Nord-Ovest e al Sud Italia - di età compresa tra i 30 e i 39 anni, con reddito personale superiore ai duemila euro – sono il segmento della popolazione più incline allo shopping eccessivo, soprattutto coloro che hanno un titolo di studio che non va oltre la maturità.

“Le donne giovani con un lavoro ben remunerato sono quelle che subiscono maggiormente lo stress di una società altamente competitiva” è il parere di Donata Francescato, docente di Psicologia di Comunità all’Università “La Sapienza” di Roma, citata da un comunicato di Greenpeace a corredo della ricerca. “Possedere qualcosa è un modo per reinventare se stessi, per compensare la distanza tra l’autopercezione e come invece si desidererebbe essere. Questa discrepanza è presente anche in altre forme di disturbi psicologici, come il gioco d’azzardo, l’abuso di alcol, i disordini alimentari e sessuali, disturbi sempre più diffusi nelle nostre società liquide e ansiogene”.

Ma per quale motivo Greenpeace si è occupata di un tema che ha a che fare di più con la sociologia e i comportamenti di massa?
In realtà, l'interesse è anche legato al rispetto dell'ambiente: "L'industria tessile - si legge in una nota dell'associazione - è tra i settori produttivi più inquinanti al mondo e, anche a causa del massiccio impiego di fibre sintetiche derivanti dal petrolio come il poliestere, il riciclo dei capi di abbigliamento a fine vita è estremamente difficile. Un’altra criticità ambientale che si aggiunge all’uso di sostanze chimiche pericolose, di cui Greenpeace chiede l’eliminazione dal 2011 con la campagna Detox".

da qui, l'appello di Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace: “Il sondaggio mostra che un quinto degli italiani è dipendente dallo shopping. Se queste abitudini non cambiano,
nei prossimi anni il nostro pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili. È necessario invertire la rotta: prima di effettuare il nostro prossimo acquisto abbiamo il dovere di chiederci se ne abbiamo realmente bisogno”.
  

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