sabato 22 luglio 2017

SCIENZE COGNITIVE. LA COGNIZIONE INCARNATA IN UNO STUDIO RECENTE. R. VIALE, L’azione governa il pensiero Alla frontiera delle scienze cognitive, CORRIERE DELLA SERA, 21 luglio 2017

È opinione comune che il sistema nervoso centrale si sia sviluppato nel corso dell’evoluzione per potenziare la nostra capacità di pensiero. In natura però questo dogma non sembra essere sempre confermato. Ad esempio si considerino le ascidie, animali marini simili alle spugne. Quando nascono, le larve sono dotate di un sistema nervoso costituito da un cervello, il midollo spinale ed organi sensoriali sensibili alla luce. Le ascidie sono capaci di muoversi e lo fanno al fine di trovare un luogo dove insediarsi. Ciò avviene dopo poche ore dalla nascita ed in genere esse trovano asilo su rocce o relitti sottomarini. A questo punto avviene un processo stupefacente: non appena si sono impiantate e non hanno più bisogno di muoversi, cominciano a riassorbire il proprio cervello. Cioè sembrano regredire ad uno stadio inferiore dello sviluppo filogenetico. Questa metamorfosi ha una spiegazione funzionale: se le ascidie non hanno più bisogno di muoversi, il sistema nervoso che le orientava nel movimento diventa un handicap costoso da un punto di vista energetico.




Il saggio di Fausto Caruana e Anna Borghi «Il cervello in azione» (il Mulino) (pagine 197, euro 14)
Il saggio di Fausto Caruana e Anna Borghi «Il cervello in azione» (il Mulino) (pagine 197, euro 14)

Il neuroscienziato colombiano Rodolfo Llinas è chiaro su questo: lo sviluppo del sistema nervoso è necessario primariamente per realizzare azioni e non per attuare processi cognitivi, cioè per pensare. È un capovolgimento copernicano del rapporto fra cervello e corpo. Non è più il corpo che è al servizio del cervello come sostiene il cognitivismo, ma l’opposto: il cervello è lo strumento che consente all’individuo di interagire fisicamente con l’ambiente. Lo stesso baricentro del processo decisionale non è più situato nella parte computazionale cognitiva, ma spostato in quella pragmatica, delle azioni che l’ambiente consente.
Il bel libro di Fausto Caruana ed Anna Borghi Il cervello in azione (il Mulino) affronta questo capovolgimento di prospettiva in modo esauriente. Il cognitivismo aveva rappresentato la mente che pensa come «in una vasca» separata dal corpo e dall’ambiente, come «disincarnata» dal corpo che la veicola e «disancorata» dall’ambiente in cui interagisce. La nuova prospettiva ci parla di una cognizione embodied («incarnata») e grounded («con i piedi per terra»). Cioè di una cognizione integrata con il corpo attraverso l’azione e plasmata dall’ambiente. È la posizione di una parte della filosofia. Il pragmatista John Dewey aveva già evidenziato in Esperienza e natura come la nostra vita cognitiva non sia fatta di rappresentazioni teoriche ma di esperienze pratiche. E Husserl in Meditazioni cartesiane sottolinea come il corpo non debba essere considerato mero oggetto fisico, Korper, ma corpo vissuto, Leib, tutt’uno con la psiche.
La metafora del «sandwich mentale» introdotta da Susan Hurley descrive bene la situazione del vecchio cognitivismo. Le due insipide fette di pane, la parte sensoriale e quella motoria, che rappresentano l’interazione del corpo con l’ambiente, non sono rilevanti per lo studio della cognizione. Solo la gustosa parte centrale, la fetta di prosciutto, cioè la parte computazionale, interessa al cognitivismo. Con questo capovolgimento la cognizione è, invece, meglio rappresentata dalla metafora di una quiche che da un sandwich. Tra i processi percettivi, cognitivi e motori non vi è un rapporto di sequenzialità temporale per cui prima percepiamo un evento, poi ragioniamo su cosa fare e poi agiamo. Al contrario, come nella composizione di una quiche, i processi sono intrecciati ed integrati. Si può parlare di circolarità e di impasto invece che di sequenzialità, perché l’azione influenza sia la percezione che il pensiero, oltre ad essere da loro influenzata. I processi cognitivi sono la risultante di vari fattori, in primo luogo delle dinamiche sensorimotorie fra agente ed ambiente. Inoltre percezione ed azione sono compenetrate.
In un esperimento pubblicato nel 2003 da Denis Profitt e colleghi veniva chiesto a due gruppi di soggetti, uno caricato con uno zaino molto pesante e l’altro senza zaino, di valutare la distanza di un punto in una montagna da raggiungere a piedi e di stimare la pendenza della salita da compiere. I soggetti con il peso sulle spalle tendevano a stimare in misura maggiore che l’altro gruppo sia la distanza sia la pendenza. Cosa era successo? Che la percezione delle variabili spaziali era influenzato dal previsto sforzo locomotore. In quanto i soggetti avevano un handicap di peso sulle spalle, il loro corpo aveva modificato il calcolo della distanza e della pendenza. Lo studio prende lo spunto dalle tesi di George Berkeley sulla percezione dello spazio in rapporto allo sforzo e di Gibson sulla affordances (definite come la qualità fisica di un oggetto che invita un essere umano ad azioni appropriate per manipolarlo). È un esempio di come la cognizione di fatto sia incarnata nel corpo e di come la capacità di pensiero sia plasmata dall’azione.
Il corpo non deve essere più inteso come un mero strumento fisico guidato dalla mente, come un robot guidato dal suo software. Come sostengono Caruana e Borghi il corpo è tutt’uno con l’attività cognitiva che congiuntamente interagisce con l’ambiente. In questa interazione si acquisiscono esperienze motorie e percettive che vengono poi riattivate dalla cognizione. Gli stati corporei sono, quindi, necessari per la cognizione anche per l’attività di simulazione di esperienze percettive e motorie, di modelli (pattern) sensorimotori estrapolati dalla loro funzione motoria e sfruttati in processi cognitivi differenti da quelli per cui essi si sono creati. Pensiamo all’importanza della simulazione nella nostra attività sociale, di interazione con gli altri, in un lavoro di gruppo o all’interno di un mercato. In questi casi noi decidiamo dopo aver «letto» nella mente degli altri attraverso la simulazione riflessa nel nostro corpo delle loro possibili azioni e dei risultati conseguenti. E queste simulazioni si basano sulla riattivazione di esperienze sensorimotorie acquisite precedentemente in contesti analoghi. Come è noto, la teoria dei «neuroni specchio» elaborata dal gruppo di Giacomo Rizzolatti e Vittorio Gallese (a cui appartiene Caruana) alla Università di Parma costituisce uno dei pilastri di questo nuovo approccio delle scienze cognitive.

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