Immagine AFP dal sito di REPUBBLICA.IT
E se è vero che il Web ha creato opportunità, dato voce a gruppi emarginati e semplificato la nostra vita quotidiana, è anche vero che ha creato opportunità per i truffatori, dato voce a chi diffonde l’odio e semplificato ogni sorta di azione criminosa. A fronte delle nuove notizie di abusi nell’utilizzo del Web è comprensibile che molti provino timore e non siano certi che il Web si davvero una forza positiva. Ma considerando quanto il Web è cambiato negli ultimi 30 anni bisognerebbe essere disfattisti e privi di immaginazione per ritenere che sia impossibile cambiarlo in meglio nell’arco dei prossimi 30 anni. Se adesso rinunciamo a costruire un Web migliore, allora non sarà il Web ad averci deluso, saremo noi ad aver deluso il Web.
Per affrontare qualunque problema bisogna individuarlo chiaramente e comprenderlo. In generale a mio avviso sono tre le problematiche che oggi affliggono il Web:
1) Intenti dolosi premeditati, come la pirateria e gli attacchi informatici promossi dagli Stati, comportamenti criminali e molestie online.
2) La struttura del sistema crea incentivi perversi, in cui il valore d’uso è sacrificato, ad esempio modelli di introiti basati sulla pubblicità, che premiano a livello commerciale il "click bait" e la diffusione virale di disinformazione.
3) Conseguenze involontarie negative derivanti da buone intenzioni, come i toni indignati e la polarizzazione del dibattito online.
La prima categoria di problemi non è eliminabile alla radice ma si possono creare leggi e codici per minimizzare questo tipo di comportamento, proprio come si è sempre fatto offline. La seconda categoria ci impone di ripensare i sistemi modificando gli incentivi. L’ultima categoria richiede studi mirati a comprendere i sistemi attuali e a crearne altri possibili o a migliorare quelli già esistenti. Non si può incolpare un solo governo, un solo social network o lo spirito umano. Ricorrendo alle semplificazioni rischiamo di esaurire le nostre energie, di andare a caccia dei sintomi di queste problematiche, invece di concentrarci sulle cause all’origine. Per farlo avremo bisogno di unirci come comunità Web globale.
Nei momenti decisivi le generazioni che ci hanno preceduto si sono attivate per collaborare in vista di un futuro migliore. Con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo gruppi eterogenei di individui sono
riusciti a trovare un accordo su dei principi generali. Con la Legge del mare e il Trattato sullo spazio extra-atmosferico abbiamo protetto nuove frontiere per il bene comune. Anche oggi che il web ridisegna il nostro mondo, abbiamo la responsabilità di far sì che sia riconosciuto come diritto umano e strutturato per il bene pubblico. Per questo la Web Foundation collabora con governi, imprese e cittadini per dar vita a un nuovo Contratto per il Web.
Questo contratto è stato presentato al Web summit di Lisbona unendo un gruppo di persone che condividono l’intento di stabilire norme, leggi e criteri chiari alla base del web, reputandolo necessario. I fautori del contratto ne sottoscrivono i principi originari e assieme definiscono gli impegni specifici in ogni settore. Nessun gruppo deve agire da solo e ogni contributo sarà apprezzato. I governi, le imprese e i cittadini stanno dando tutti il loro contributo e puntiamo a produrre un risultato nei mesi a venire.
I governi devono trasformare leggi e regolamenti in funzione dell’era digitale. Devono garantire la competitività, l’innovazione e l’apertura dei mercati. E hanno la responsabilità di tutelare i diritti e le libertà degli individui online. Abbiamo bisogno di paladini aperti del web in seno ai governi – funzionari pubblici e amministratori eletti che entreranno in azione ogni volta che interessi privati minacceranno il bene pubblico, schierandosi a tutela dell’open web.
Le imprese devono fare di più per garantire di non puntare a profitti a breve termine a scapito dei diritti umani, della democrazia, dei dati scientifici o della sicurezza pubblica. Piattaforme e prodotti devono essere progettati nel rispetto della privacy, della diversità e della sicurezza. Quest’anno siamo stati testimoni della presa di posizione di un certo numero di dipendenti di imprese tecnologiche a favore di prassi aziendali più etiche. Dobbiamo incoraggiare questo spirito.
E, più di ogni altra cosa, i cittadini devono chiedere conto alle imprese e ai governi degli impegni assunti, esigendo che entrambi rispettino il Web come comunità globale che ha al centro i cittadini. Se non eleggiamo politici che difendono un web libero e aperto, se non facciamo la nostra parte per stimolare dibattiti costruttivi e sani online, se continuiamo a dare il consenso all’uso dei nostri dati senza esigere che siano rispettati i nostri diritti a riguardo, ci defiliamo dalla responsabilità di inserire questi temi tra le priorità dei nostri governi.
La lotta per il Web è una delle cause più importanti del nostro tempo. Oggi metà del mondo è online. È più urgente che mai garantire che l’altra metà non sia abbandonata offline e che ciascuno porti il suo contributo a un Web che sia veicolo di eguaglianza, opportunità e creatività.
Il Contratto per il Web non deve essere una lista di soluzioni rapide, bensì un processo che segni un cambiamento nel modo di intendere il nostro rapporto con la comunità online. Deve essere chiaro tanto da orientare il cammino futuro, ma abbastanza flessibile da adattarsi al ritmo rapido dell’evoluzione tecnologica. È il nostro percorso dall’adolescenza digitale a un futuro più maturo, responsabile e inclusivo.
Il Web è per tutti e assieme abbiamo il potere di cambiarlo. Non sarà semplice. Ma sognando un po’ e lavorando sodo possiamo ottenere il web che vogliamo.
Traduzione di Emilia Benghi
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