Nel giro di pochi mesi un altro libro di storia della scienza rimette in ballo la figura di Emilio Sereni e il ruolo del Pci nella politica culturale italiana. Dopo Il caso Pontecorvo di Simone Turchetti (già recensito su queste pagine), è ancora un giovane storico ad affrontare un altro "caso" della scienza italiana. Mentre nel caso Pontecorvo fu un italiano che varcò la cortina di ferro, qui troviamo un percorso inverso: dall'Urss staliniana giunsero in Europa occidentale le idee ‘rivoluzionarie' di un agronomo, destinate a generare dibattiti decennali e ad addurre molti lutti - non solo metaforici, purtroppo - nella comunità dei biologi. È questo viaggio concettuale che viene descritto da Francesco Cassata in Le due scienze. Il caso Lysenko in Italia, da poco uscito per Bollati Boringhieri [...].
Trofim Denisovic Lysenko, in base a esperienze pratiche
maturate nei campi sovietici, sostenne di aver dimostrato la possibilità di
trasformare specie vegetali e animali: non mediante la selezione artificiale
sulle mutazioni casuali all'interno di una popolazione, come si è fatto per
millenni, ma direzionando il cambiamento verso le caratteristiche volute.
Lysenko riproponeva, sotto altro nome, l'eredità dei caratteri acquisiti
(lamarckiana), e asseriva quindi di poter produrre nuove varietà di grano e di
altre specie di interesse agricolo capaci di sovvertire i normali cicli
biologici: per esempio, piante da seminare in primavera e raccogliere in
autunno, così da evitare i pericoli delle gelate. Una rivoluzione scientifica,
accompagnata da una dura critica nei confronti della genetica nata nei paesi
capitalisti, darwiniana e fortemente centrata sulla distinzione tra il germe e
il soma, ovvero tra le immutabili particelle ereditarie e le cellule che
compongono l'organismo adulto. Lysenko e un ristretto numero di altri
scienziati vedevano invece nelle loro teorie l'applicazione dell'aspirazione
socialista a cambiare il corso della natura, laddove la scienza capitalista era
conservatrice, reazionaria, nella sua metafisica meccanicista che negava la
possibilità di un cambiamento rapido e direzionale. L'opposizione al lysenkismo
nell'accademia sovietica, che pure era all'avanguardia nella genetica e vantava
di gran credito anche all'estero, fu rapidamente stroncata dall'efficiente
apparato staliniano. Nikolaj Vavilov, direttore dell'Istituto di Genetica
nell'Accademia delle Scienze e principale avversario del nuovo corso della
genetica sovietica, rimosso da ogni carica, fu condannato nel 1941 per
spionaggio (aveva mantenuto rapporti con i suoi colleghi inglesi) e morì in
carcere nel 1943.
In Italia, alcuni biologi interni al Pci si fecero portavoce
della nuova istanza scientifica che proveniva dall'Urss. Francesco Cassata ha
ricostruito nel dettaglio questo caso di cieca obbedienza ideologica,
fortemente caldeggiata dal Partito, che si tradusse in una sconfitta culturale
epocale e che ha influenzato quasi 4 decenni di dibattito interni al marxismo e
sul rapporto tra ideologia e scienza. Emilio Sereni, la cui fedeltà all'Urss lo
portò a più di un errore (ça va sans dire, con il senno di poi), fu sicuramente
il più attivo esponente del partito nel predicare il verbo lysenkoista. Con
articoli su riviste, convegni, pubblicazioni, Sereni impiegò ogni mezzo di
propaganda culturale, mettendo in moto la vasta rete di contatti su cui poteva
contare il partito per mettere in crisi il modello scientifico della genetica
occidentale. Con lui si mossero in molti, mettendo in luce più che gli aspetti
strettamente biologici e sperimentali della scienza sovietica (peraltro
estremamente deboli nel caso di Lysenko & co.), il nuovo rapporto che in
Urss esisteva tra ricerca e società. La dimensione applicativa era predominante,
in contrasto con la scienza di laboratorio che caratterizzava le strutture di
ricerca capitaliste. Il "contadino" Lysenko era superiore ai tanti
professori in camice bianco che invece di studiare il grano o le patate si
affannavano a capire i segreti di un inutile insetto, la drosofila, oggetto
della ricerca nel capitalismo decadente.
Furono diversi i biologi che si esposero in favore della
biologia sovietica: ricordiamo tra tutti Massimo Aloisi (attivo sostenitore del
ruolo del materialismo dialettico nella scienza, ma con numerose riserve sul
lysenkoismo e per questo più volte richiamato da Sereni) e Franco Graziosi,
protagonisti di molte pagine di questo libro. La lotta fu comunque durissima, e
molti furono gli scienziati che pur schierati politicamente con il Pci o
comunque a sinistra (citiamo tra gli altri, Giuseppe Montalenti e Adriano
Buzzati-Traverso) evidenziarono da subito le falle scientifiche e ideologiche
del lysenkoismo. Ciò che crollò, con la fine dello stalinismo, fu dunque non
solo un'ipotesi biologica completamente sballata, ma anche l'idea che il
materialismo dialettico potesse apportare significativi contributi nel campo
della scienza.
L'ottimo lavoro di Cassata, che utilizza una montagna di
documenti inediti provenienti da numerosi archivi, non si ferma tuttavia al
"caso". Se da un lato mette a fuoco anche il formarsi della genetica
come disciplina istituzionale in Italia, dall'altro osserva l'ombra di Lysenko,
dura a morire. A ogni tentativo di analizzare in modo critico le influenze
socio-politiche sulla scienza, l'ambiente culturale italiano - anche legato al
Pci - ha reagito con una difesa della scienza "pura", libera da
qualsivoglia legame con la società che la produce, e il nome di Lysenko tuttora
emerge per screditare chi "viola" il tempio positivista della
scienza, magari facendo solamente notare che la ricerca risponde sempre più a
logiche economiche. Ben venga quindi un libro che va alle radici di un tic
culturale tipicamente italiano e che fa riflettere sull'incapacità di questo paese
di produrre una seria riflessione sul rapporto tra scienza e società.
Un'assenza culturale che purtroppo si rispecchia nella mancanza di una vera
politica scientifica, che non sia asservita a polemiche da cortile (come nel
caso dell'uso delle cellule staminali embrionali) e abbia un orizzonte più
ampio dei soli interessi del mercato e della difesa (o più raramente della
riforma) dei poteri accademici.
Si veda inoltre la recensione dedicata da Alessandro
Delfanti al libro di Cassata in Le Scienze, luglio 2008
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