Ad affrontare problemi un tempo ritenuti importanti sono chiamati inetti di bella presenza.
Senza cadere in facili sociologismi, cercando di sfuggire la retorica degli effetti perversi della tv, lasciando il trash al trash, è difficile non fare qualche considerazione sul fatto che Uomini e donne di Maria De Filippi è il programma più visto dell’anno (per tempo di consumo) su apparecchi digitali (pc, smartphone, tablet, smart tv). Il modernissimo conteggio della Total Audience assegna infatti il primo posto ai tronisti. Tronfio, il tronista troneggia sul trono. Il più famoso è stato Costantino Vitagliano: «Il termine tronista non è sinonimo d’amore, ma descrive chi vuole entrare nel mondo dello spettacolo e, perché no, tenta di trovare la donna della sua vita, giocando».
L’(V)itagliano da sub parlanti tronisti si esalta solo nella realtà dei reality. Scaricato il cattivo umore, si può cercare di ragionare. E se Uomini e donne fosse lo specchio più fedele della nostra società? E se ci fosse una nuova generazione di tronisti della politica? Forse l’ascesa di Matteo Salvini, il fenomeno dei grillini, il carisma di Giorgia Meloni, l’assenza di leader nel Pd si possono capire grazie ai corteggiamenti di Uomini e donne. Forse il fatto che persone incapaci di esercitare una normale professione guidino il Paese equivale ai giochi di seduzione televisiva. Forse è del tutto normale che un gieffino sieda a Palazzo Chigi e trasformi in un superbo tronista il suo datore di lavoro. La democrazia di massa è spettacolo, avanspettacolo, non riflessione; è agitazione di simboli, vitalismi, stereotipi. Come in tv. L’assessore o il consigliere venuto dal nulla democratico, selezionato nel crogiuolo delle preferenze elettorali, è esattamente come un tronista, né più né meno, al netto di ogni moralismo. Uomini e donne introduce il «nuovo» in politica dopo averlo sperimentato in tv: ad affrontare problemi un tempo ritenuti importanti sono chiamati inetti di bella presenza.
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