mercoledì 5 agosto 2020

EPIDEMIE PANDEMIE IL RITORNO DEL NUOVO FILOSOFO E IL VIRUS CHE RENDE FOLLI. M. FAGOTTO F. 5 agosto 2020

   Ieri sera, in un programma tv su LA SETTE, è comparso l'ex-nuovo filosofo  H-B. Levy per presentare il suo ultimo libro dei 45 scritti dal 1973 (l'ennesimo instant book su questa materia: il virus ha fatto la fortuna editoriale di molti, a quanto pare, e proprio i nuovi filosofi sono stati maestri in questa pratica industriale come ricordava A. Berardinelli in una sua recensione del 2002) sull'emergenza virale in corso da ormai 5 mesi. La sequenza degli interventi è stata quella di una serie di luoghi comuni tesi a combattere altrettanti luoghi comuni considerati folli e pericolosi. 



   Fra cui quello su cui Levy si sofferma come se fossimo alle prese con un'ondata di superstizioni religiose mai viste, quando le superstizioni che sono circolate sono state e sono di tutt'altro spessore ed origine. Il virus, secondo questa interpretazione allarmata, sarebbe una sorta di flagello mandato (da chi?) per punire l'umanità, ecc. ecc.
   Va detto che se c'è un fatto che, almeno a me, ha colpito fin dall'inizio di questa vicenda è stato proprio quello che ha visto ambienti religiosi e prese di posizione ecclesiastiche allinearsi con le direttive e le norme proposte e imposte dalle istituzioni politiche sulla base di riscontri di natura scientifica. Più volte il papa (anche oggi lo ha fatto) ha ripetuto di attenersi alle indicazioni igieniche e sanitarie ufficiali e dominanti.
   Basta, dice invece Levy, con le superstizioni e le cospirazioni (confondendo le due cose); basta anche con l'attribuire alla globalizzazione la responsabilità della pandemia (fatti analoghi ci sono stati sempre nella storia, anche quando la globalizzazione non c'era...ma siamo certi che la globalizzazione sia un fenomeno recente visto che essa ha a che fare sempre con gli imperi?). Anzi, la globalizzazione ci aiuterà a trovare la soluzione perchè, in giro per il mondo, si sono attivati tanti laboratori che stanno gareggiando fra loro per trovare il vaccino vincente (benvenuta globalizzazione filantropa e nessun dubbio sui vaccini farlocchi o su quelli trovati, magari, a ridosso di qualche elezione presidenziale importante?).
   Certamente ci sono, aggiunge Levy, anche i rischi per la libertà (un altro filone-tormentone di questi mesi sullo 'stato d'eccezione' sollevato da una miriade di interventi, cfr. LEGGI QUI ) per cui vanno bene mascherine e distanziamento, ma a condizione, stiamo attenti, che siano strumenti legati all'emergenza e che non si trasformino in pratiche consolidate e interiorizzate (a sorpresa si sente un giornalista de LA VERITA' fare il nome di un 'importante filosofo italiano', G. Agamben che è, appunto, l'evocatore del nuovo spettro che si aggira non solo in Europa, cioè dello stato d'"eccezione famoso" e della sospensione di ogni garanzia liberale. Ricordiamo il titolo ad effetto dell'articolo di Agamben, STATO D'ECCEZIONE PER UN'EMERGENZA IMMOTIVATA, IL MANIFESTO, 26 FEBBRAIO 2020, che è anche il giorno prima del giorno in cui tutti, da destra a sinistra, avrebbero ribadito la stessa cosa: il virus non esiste, lasciate aperti gli aeroporti, fate muovere le persone, bevetevi quanti più aperitivi possiate).
Peccato che nessuno, davvero, si ricordasse che in Cina, da due mesi, un'intera città e i suoi milioni di abitanti fossero stati messi in quarantena ("stato d'eccezione"?) mentre si contavano morti e ricoveri. peccato che nessuno  avesse notato l'analogia fra quel distretto cinese e l'area italiana colpita - un vero e proprio distretto in tipico stile cinese, sia per densità demografica che per rapporti a filo doppio con la Cina per movimenti e spostamenti come avrebbe testimoniato in quei giorni un ex-manager come Albertini (cfr.    https://kikukula2.blogspot.com/2020/03/epidemie-pandemie-e-riflessioni-psico.html                    ).
Se proprio una lezione la globalizzazione avrebbe dovuto dare a chiunque, non doveva essere quella della concomitanza e della velocità con cui determinati eventi ormai possano aver luogo in parti diverse del globo, nello stesso tempo? La globalizzazione non ha uniformato stili di vita, processi economici, credenze, comportamenti, atteggiamenti, prassi istituzionali e governative?
Ecco: quando Levy riconosce che questa globalizzazione dovrà pur essere emendata, cambiata, corretta, perchè non fornisce qualche esempio di come tutto questo dovrebbe avvenire? Che è anche la cosa più difficile da farsi: cambiare improvvisamente abitudini e vantaggi, soprattutto economici, che, nel tempo, ci erano apparsi come naturali; ma l'economia capitalistica è esattamente l'opposto di qualcosa di naturale e forse è questa la ragione per cui Levy tace visto che ha sempre difeso proprio questo tipo di sistema che gli consente, d'altra parte, di vendere libri ed editoriali in tempo reale in tutto il mondo.

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