Dal consiglio di mangiare aglio per prevenire il contagio da coronavirus, a quello di bere metanolo per curare la malattia. Fino alla teoria del “cibo contaminato”. Disinformazione, fake news e complottismi hanno fatto da padrone durante il picco dell’epidemia e sono state diffuse in almeno 25 lingue e in 87 paesi. Tanti i casi in cui affermazioni false o non verificate sono arrivate a colpire gli stessi cittadini causando almeno 800 decessi legati alla disinformazioni e quasi 6000 ricoveri e infortuni gravi. A rivelarlo uno studio internazionale coordinato da esperti presso la University of New South Wales in Australia e pubblicato sull’American Journal of Tropical Medicine and Hygiene.
Lo studio analizza oltre 2300 rumors, stigma e teorie cospirative pubblicati sui social in diversi Paesi, circolate in almeno tre ondate infodemiche, tra gennaio e aprile. Di questi l’89% è stato classificato come “affermazione senza alcun fondamento verificabile” e il 7,8% come teoria complottista. Nella classifica degli Stati più “colpiti” dalle fake, l’Italia compare solo in posizione intermedia. Sul podio troviamo invece India, Stati Uniti, Cina, Spagna, Indonesia e Brasile. “Le voci – sottolineano gli stessi autori dello studio – possono risultare credibili”, ma gli effetti “possono essere potenzialmente pericolosi per la salute pubblica”. Come ad esempio “mito dell’alcol” che ucciderebbe, secondo i diffusori di fake news, “il virus”. Una teoria che “può portare comportamenti a rischio”, si legge ancora.
Nel report vengono raccolte diverse teorie errate, come quelle più “diffuse” secondo cui “le uova di pollo sono contaminate con il coronavirus”, oppure che “bere candeggina uccide il virus”. Ma non mancano idee più “strampalate”, come il consiglio di fare “gargarismi con aceto e acqua di rose o aceto e sale per uccidere il virus in gola”, oppure “bere urina di mucca e mangiare sterco di vacca per curare” il Covid-19, o ancora la massima di “non trattenere la sete” perché quando “la membrana in gola si asciuga, il virus pervade il corpo più velocemente”.
Lo studio poi analizza alcune delle teorie complottiste più gettonate, come quella che attribuirebbe a Bill e Melinda Gates il ruolo di diffusori del virus, classificato come “arma biologica per incrementare le vendite dei virus”. O ancora quella secondo cui l’epidemia è uno “schema” per poter “controllare la popolazione”. La disinformazione secondo gli autori del report, inoltre, ha portato anche a stigmatizzare comportamenti o popoli, principalmente con affermazioni contro i cinesi, diventati agli occhi dei fomentatori d’odio “incivili” o “esportatori di armi biologiche”. E non mancano nello studio riferimenti non solo ai casi individuali di “conseguenze da fake news”, ma anche a problemi sociali, come ad esempio la corsa ai supermercati che si è scatenata dopo l’annuncio del primo lockdown. La ricerca non tiene conto, però, delle piattaforme social non pubbliche. Il dato della diffusione del fenomeno, quindi, potrebbe essere sottostimato.
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