Dopo i tentativi fantascientifici di qualche anno fa, oggi comunicare con le persone scomparse grazie al deep learning è diventato davvero possibile. Ma il risultato è quanto di più banale si possa immaginare. Lo dimostra la storia della startup StoryFile, che dice di usare l'Ai per fare domande ai defunti al funerale
Fino a qualche anno fa, l’ambizione era impressionante: far letteralmente parlare i morti sfruttando l’intelligenza artificiale. Con questo obiettivo erano infatti nate startup come Eternime o il bot Roman progettato dall’ingegnera russa Eugenia Kuyda. In entrambi i casi, l’idea alla base era la stessa: in un’epoca in cui ci lasciamo dietro una quantità impressionante di dati che dicono tantissimo di noi (conversazioni su Whatsapp, post su Facebook e Instagram, mail di lavoro, ricerche su Google, ecc. ecc.), un’intelligenza artificiale potrebbe essere in grado di analizzare questa mole di dati arrivando a conoscere talmente bene il nostro modo di comunicare e la nostra personalità da creare un chatbot – con cui comunicare quindi per via testuale – in grado di replicare il nostro comportamento e farci così vivere, in un certo sempre, per sempre.
Non solo: con i più recenti progressi del deep learning (basti pensare ai deepfake), sarebbe possibile ricreare anche le fattezze del defunto e la sua voce, offrendo l’opportunità a chi ha appena perso qualcuno di comunicare a voce e in video con il caro defunto. Partendo da qui, si può arrivare a immaginare un futuro in stile Black Mirror (nell’episodio Be Right Back) in cui ci viene recapitato a casa un robot indistinguibile dalla versione originale (per quanto inquietante, in Giappone c’è chi sta lavorando a qualcosa di simile).
Fin qui, la teoria. Perché poi – con il passare degli anni e mentre i limiti del deep learning diventavano sempre più evidenti – si è capito come questi progetti fossero molto più complessi del previsto e i risultati decisamente meno convincenti delle promesse. E infatti Eternime ha chiuso i battenti, il progetto di Eugenia Kuyda si è trasformato in un classico chatbot d’intrattenimento noto come Replika e di tanti altri si sono perse le tracce.
In seguiti ai tentativi falliti di far parlare i morti, ci ritroviamo nel 2022 a stupirci per il progetto varato da Stephen Smith, fondatore della californiana StoryFile. Anche in questo caso, l’obiettivo è dare la possibilità ai defunti di continuare a comunicare con amici e parenti sfruttando l’intelligenza artificiale e permettendo così – come si vede nel video pubblicato dalla Reuters – di rispondere in video alle domande poste dai partecipanti al proprio funerale.
Inquietante! Ma come fa questa intelligenza artificiale a riuscire nel suo intento? Sofisticatissimi deepfake? Reti neurali da miliardi di parametri che imparano a simulare il comportamento del defunto alla perfezione? Nulla di tutto ciò. In verità, la persona che compare in video è il vero e proprio defunto (ovviamente quando era ancora in vita), che ha pre-registrato davanti a una telecamera decine e decine di risposte alle più probabili domande che potevano venirgli poste e che vengono poi caricate sulla piattaforma di StoryFile. L’intelligenza artificiale si limita a comprendere quale sia la risposta da fornire più adatta alla domanda posta.
È lo stesso fondatore di StoryFile a spiegarlo: “Usiamo l’intelligenza artificiale, ma non per creare nuovi contenuti o per mettervi delle parole in bocca, la usiamo invece per cercare tra i contenuti e replicare alla domanda che avete fatto con la risposta più appropriata”.
L’idea iniziale di Stephen Smith era di registrare le possibili risposte di persone con storie particolarmente interessanti da raccontare, per esempio campioni dello sport o politici che hanno affrontato eventi epocali. Col tempo, ha probabilmente valutato che l’opportunità di business migliore fosse quella di far registrare a persone anziane o malate (per soli 48 dollari) le risposte da dare al proprio funerale.
Come si può vedere nel video pubblicato dalla Reuters, i nipoti della signora defunta – che è la madre di Stephen Smith, scomparsa nel giugno di quest’anno – le chiedono per esempio “Come ti ha cambiata diventare nonna?” o “Che cosa ti piaceva fare coi tuoi nipoti?”. Semplici domande alle quali la signora prontamente risponde attraverso lo schermo di un computer. Giunti a questo punto, però, forse ha più senso registrare un semplice videomessaggio ed evitare di sottoporsi a un tour di force di registrazioni che ci daranno soltanto l’opportunità di rispondere alle domande più banali che ci possano venir fatte.
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