La tradizione della festa degli innamorati risale al 496 d.C. per volontà di papa Gelasio I, nel tentativo di porre fine al rito pagano dedicato al dio della fertilità, Luperco, festeggiato il 15 febbraio. Durante i lupercalia le matrone romane solevano offrirsi di propria sponte alle frustate e ai desideri sessuali dei giovani devoti a Fauno Luperco, con la convinzione che per alleviare le sofferenze subite bastasse lo spettacolo di giovani ignudi; per contrapporre a questo rito pagano una festa religiosa, che celebrasse la purezza di un amore romantico il Papa decise di dedicare il giorno prima al festeggiamento religioso degli innamorati e dei fidanzati.
Patrono della città di Terni, protettore degli agrumeti e degli epilettici, San Valentino deve la sua fama all'essere il santo degli innamorati; martirizzato nel 273 d.C, il vescovo di Terni venne decapitato per aver rifiutato di abiurare alla fede il 14 febbraio; sulla sua morte l’agiografia si confonde con la leggenda. Alcune fonti riportano come motivo della flagellazione e successiva decapitazione la celebrazione del matrimonio tra la cristiana Serapia e il centurione romano Sabino, pagano; lei era malata di tisi e innamorata, e il vescovo avrebbe acconsentito a battezzare il romano per poterli unire in matrimonio, ma per le drammatiche circostanze di salute la sposa morì subito dopo la benedizione e il centurione di crepacuore subito dopo. Il vescovo Valentino era solito incoraggiare gli innamorati e spronarli al romanticismo, tanto da accoglierli per redimere le dispute, regalando loro una rosa rossa da stringere insieme per il gambo, pregando per la durata del loro amore: da qui la trazione leggendaria di regalare rose rosse.
“Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille”, scriveva Catullo a Lesbia, emancipando il termine basium in letteratura fino ad allora considerato poco conveniente data la natura carnale del gesto. Pochi gesti racchiudono intimità e passione tra gli innamorati come il bacio, preludio e incitazione di condivisione amorosa. Dolce gesto di amore, ben si associa alla festa degli innamorati sotto forma di pasticcino o cioccolatino.
Il più famoso per diffusione commerciale è il bacio Perugina, che cela a sua volta una storia d’amore; inventato nel 1922 dalla fondatrice della casa di moda che porta il suo nome, Luisa Spagnoli, moglie di Annibale Spagnoli, uno dei fondatori dell’azienda dolciaria Perugina, insieme ad altri tre soci, di cui Francesco Buitoni, dell’omonimo pastificio. Nato dalla solerzia di non mandare sprecati gli scarti di lavorazione delle nocciole e della cioccolata, Luisa ebbe l’intuizione di impastarli insieme e dargli una forma rotondeggiante, della grandezza di un boccone, chiamandoli "Cazzotti".
Il nome non era avvincente per la promozione in pasticceria e dopo pochi anni il cioccolatino venne ribattezzato “bacio” per intrigare maggiormente le donne all’acquisto. Insieme al nuovo nome, nel 1924 il direttore artistico della Perugina, Federico Seneca, ideò l’incarto argentato con la scritta blu e la confezione da asporto con la riproduzione del bacio artistico di Hayez. La leggenda, o il pettegolezzo, racconta che tra Giovanni Buitoni, figlio di Francesco, e Luisa Spagnoli si intrattenesse una relazione di amorosi sensi, e i due fossero soliti scambiarsi romanticherie e biglietti d’amore nascosti nei cioccolatini, e che una volta scoperti dal marito di lei abbiano giustificato il carteggio come trovata commerciale per arricchire prodotto dolciario.
Non solo industriali, anche tradizionali e artigianali i dolci a forma di bacio rimandano all’immagine stilizzata delle labbra che si serrano intorno a un piccolo boccone di dolcezza; tra i più famosi i baci di dama, due biscottini semisferici a base di nocciole che si baciano unendo le loro facce con una goccia di cioccolata fondente. Tipici delle Langhe, territorio di elezione per la nocciola tonda gentile, raccontano la leggenda di aver soddisfatto la golosità di re Vittorio Emanuele II che desiderava e bramava un dolce nuovo; così che un pasticciere di corte impastò gli ingredienti a disposizione, uova, zucchero, farine, nocciole e cioccolato.
Come per tutti i prodotti di un territorio la tradizione va a braccetto con la storia, giacchè a Tortona nel 19mo secolo si producevano questi pasticcini preparati da calotte di frolla alla nocciola unite da cioccolato; lo storico pasticcere Stefano Vercesi perfezionò la ricetta sostituendo le nocciole con le mandorle e incorporando una piccola dose di cacao, preparando così i Baci Dorati che gli valsero nel 1906 la medaglia d’oro alla Fiera Internazionale di Milano. Sempre piemontesi, la storia fa risalire al 1881 la creazione di un giovane pasticciere cheraschese, che dopo il suo apprendistato a Torino elaborò per la prima volta i Baci di Cherasco, cioccolatini irregolari a base di nocciole tostate grossolanamente tritate impastate insieme a burro di cacao e cioccolato, prima di essere porzionati in piccoli mucchietti.
Non solo Langhe, ma anche nella vicina Liguria le nocciole trovano per tradizione una golosa declinazione in un pasticcino che anch’esso porta il nome di bacio, questa volta di Alassio; nati intorno al 1910 hanno la forma ovale che richiama quella di una bocca carnosa. Nocciole del Piemonte, miele, cacao e burro caratterizzando l’impasto dei due piccoli biscotti che si uniscono in un bacio grazie a una ganache di cioccolata fondente. La tradizione fa risale l’ideazione di questa delizia al pasticciere dalla casa reale Rinaldo Balzola. Anche in Veneto, a Bussolengo, sul lago di Garda si preparano pasticcini dal nome romantico di bacio, che prendono anche il nome di Bacio di San Valentino, seppur prodotti tutto l’anno, a base di nocciole, albumi, zucchero e profumati con poche gocce di liquore strega. Di qualsiasi foggia o sapore il bacio, sia anche di pasticceria è come scrisse Maupassant “il modo più semplice di tacere, dicendo tutto”.
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