domenica 1 dicembre 2013

SOCIOLOGIA PSICOLOGIA URBANA. GENTRIFICAZIONE. GUIDI E MELIS, La gentrification: da fenomeno urbano a domanda di cambiamento, PPG ASSOCIAZIONE ITALIANA PSICOLOGIA E PSICOTERAPIA DI GRUPPO

LA GENTRIFICATION: DA FENOMENO URBANO A DOMANDA DI CAMBIAMENTO
- di Marco Guidi* e Federica Melis**
http://www.associazioneppg.it/co/templates/rivista.asp?articleid=300&zoneid=33



LA GENTRIFICATION: DA FENOMENO URBANO A DOMANDA DI CAMBIAMENTO.
di Marco Guidi* e Federica Melis**
1. Il territorio urbano e la questione del cambiamento
Lo studio e la comprensione dei processi di trasformazione della città – elemento assai dibattuto in molta parte della letteratura urbanistica, sociologica e antropologica – ha nel tempo evidenziato alcune particolari modalità di comprensione di tali processi. Tra gli altri fenomeni, una disamina di questa produzione scientifica permette di isolare un particolare processo di trasformazione territoriale urbana delineatosi a partire dal secondo dopoguerra. Si tratta di un fenomeno caratterizzato da un’elevata mobilità demografica all’interno del tessuto urbano e da corrispondenti e significative trasformazioni a livello edilizio, cui si è dato il nome di gentrification. Tale nozione, espressione di una matrice culturale nord-americana, viene utilizzata per indicare quei rapidi processi di cambiamento urbano – spesso descritti come conflittuali – in cui le classi operaie precedentemente residenti nei quartieri cittadini più centrali, venivano fatte migrare verso zone più periferiche mentre al loro posto si insediava la classe media.
Sarà sin da subito evidente la sostanziale genericità del fenomeno abbracciato da tale categoria ma, del resto, sappiamo bene come all’apparire di un nuovo evento sociale ciò che accade nel contesto in cui l’evento si inscrive, è il naturale tentativo di rendere “familiare” quel fenomeno che familiare non è (cfr. Carli, Lancia, Paniccia, 1988; Wagoner, 2008). Si assiste, allora, al manifestarsi di un processo di confusione categoriale descrivibile come l’istituirsi di un complesso processo di significazione nel quale alle modalità di categorizzazione esistenti – rese obsolete dalla novità imposta dal fenomeno emergente, in quanto incapaci di dare senso all’accadente – si affianca l’uso di nuove categorie, prodotte in risposta all’evento. Solo il valore d’uso delle nuove categorie ne sancirà il successo o l’insuccesso. Un successo che, val la pena sottolinearlo, non si riferisce affatto alla precisione o fedeltà della categoria in rapporto al significato che con essa si vuol veicolare, ma che è piuttosto connesso all’ampiezza del consenso sociale che si riscontra, nel tempo, attorno a tale categoria. In tal senso, le categorie costruite in risposta ad un nuovo evento sociale debbono la propria sopravvivenza al fatto che le stesse siano più o meno in grado di adattarsi al contesto culturale in cui si inscrivono e al contempo di mantenersi salde entro i vincoli dell’esperienza, casomai preferendo l’imprecisione della categoria adottata alla mancanza di un modello per qualificare dei processi sociali altrimenti “impensabili”.
Molte sono le branche scientifiche1 che, in modi diversi, negli ultimi quarant’anni si sono occupate di cambiamento nelle/delle città occidentali richiamandosi alla categoria della gentrification. Nel loro insieme, tali discipline danno forma ad un ampio ventaglio di definizioni, fra loro anche molto differenti, che spesso rimangono vaghe e contraddittorie. Per fare un esempio, basti pensare a due tra le modalità definitorie comunemente accettate che, idealmente collocate agli estremi di uno stesso continuum, appaiono, ciononostante, coesistere. Da un lato, la gentrification è interpretata come un evento fenomenico che si caratterizza quale trasformazione sociale imprevedibile che prende corpo in una data realtà urbana in ragione di complesse interazioni collettive; dall’altro, la gentrification è definita come il modello concettuale cui ci si riferisce per dar senso ai processi di cambiamento che hanno luogo in un tessuto urbano a partire dagli obiettivi e dalle premesse storiche e teoriche di coloro che tali categorizzazioni utilizzano entro una specifica azione professionale. Tra questi due estremi, sarà chiaro, si mettono in luce numerose altre accezioni. Ma in mancanza di una qualche uniformità nell’uso di tale categoria, il successo della nozione appare riflettere il consenso di una categoria da considerarsi “utile”, piuttosto che rigorosa o rilevante sul piano del suo valore interpretativo.
Detto questo, ci pare che oggi tale nozione ci si presenti con uno statuto concettuale intrinsecamente debole. L’obiettivo del presente contributo è allora quello di approfondire la portata di tale costrutto e di ancorarne la definizione alla revisione del concetto di cambiamento sociale cui ci si riferisce con l’uso della categoria stessa.
In tal senso, assumiamo l’idea, condivisa da più parti, che le teorie scientifiche abbiano sempre bisogno di costruire concettualmente gli oggetti del proprio discorso per poi poterli esplorare e comprendere, piuttosto che approcciarsi in modo scontato alla conoscenza degli elementi della realtà (Salvatore, 2006; De Leo, Fini, in preparazione). Per far ciò, assumiamo una posizione concettuale che definisce la gentrification non come un fenomeno, ma come un modello di significazione di una realtà sociale in trasformazione. A tal proposito, di seguito verrà presentato un breve excursus storico, nel quale si presenteranno le principali questioni emerse circa la nozione di gentrification nel corso del tempo. A seguire, sarà presentato un lavoro di analisi della letteratura inerente gli studi sulla gentrification, mediante il quale cercheremo di approfondire alcuni interrogativi concernenti la natura del “cambiamento” trattato con la nozione di gentrification e la possibilità di modellizzare tale cambiamento secondo una categorizzazione psicologica.

2. Un excursus storico
2.1 Gli esordi (anni ‘60-‘80): gentrification quale categoria per dare senso al cambiamento
Il termine gentrification venne inizialmente coniato dalla sociologa tedesca Ruth Glass (1964) per definire un fenomeno di tipo sociale, geografico ed economico in rapporto al quale un quartiere di tipo operaio – prossimo al centro di una grande metropoli e le cui condizioni versavano in uno stato di forte degrado – subisce un’invasione inesorabile da parte degli esponenti della classe media, tanto da determinare una profonda trasformazione nell’identità del quartiere2. Tale processo, secondo l’autrice (Glass, 1964), prendeva corpo in rapporto agli ingenti investimenti immobiliari intrapresi dai singoli privati e secondo la loro libera iniziativa, in modo percepito come non coordinato tra i diversi attori coinvolti. L’incremento del prezzo di mercato delle abitazioni, a seguito di tali investimenti, si traduceva in un innalzamento degli affitti, cosicché veniva gradualmente meno la possibilità da parte della classe operaia di abitare quel quartiere, favorendo l’impiantarsi della più abbiente classe media, maggiormente capace di sostenere le spese affittuarie. Da questa prima definizione della categoria di gentrification prende avvio, negli anni ’70, un ventaglio di studi mirati alla ricerca delle cause della gentrification, da alcuni presentato come un fenomeno preoccupante e inevitabile (inter alia Hamnett, 1973, Williams, 1977 e Pitt, 1977). È però solo a partire dagli anni ‘80 che, a livello europeo e nordamericano, si assiste alla diffusione dei processi di riurbanizzazione3 e che, conseguentemente, il dibattito inizia ad ampliarsi, tanto da dare vita alla nascita di una vera e propria “gentrification literature” (Hamnett, 2001). In questa fase si organizzano due principali direzioni teoriche: quella orientata a identificare le cause delle trasformazioni sociali nei flussi dell’offerta immobiliare e quella orientata a ricercarle nella domanda residenziale da parte della classe media.
Il primo approccio, “orientato all’offerta”, ricerca le cause nello studio dei flussi di produzione e dell’offerta fondiaria. Con la definizione della Rent gap theory4, Smith (1979) rifiuta la connotazione di “fenomeno spontaneo”, evidenziando la centralità del guadagno economico nel processo di trasformazione e formulando degli indicatori atti a prevedere la convenienza degli investimenti immobiliari da parte degli attori economicamente coinvolti, sottolineando la loro partecipazione attiva nell’innescare i cambiamenti. La ragione storica alla base del divario economico viene da Smith (1986) identificata nel decremento del valore immobiliare dei quartieri centrali, in seguito a processi di sub-urbanizzazione delle attività industriali e delle classi medie, dunque ad una conseguente de-valorizzazione del centro città, i cui quartieri sarebbero caduti in uno stato di disuso e degrado.
Il secondo approccio, “orientato alla domanda”, si ancora alla proposta culturalista di Ley (1980) e si orienta all’analisi della domanda residenziale dei cosiddetti gentrifiers (coloro che producono il fenomeno della gentrification) e del loro stile di consumo (Hamnett, 1991). In riferimento alla crescita del settore terziario e quaternario, e all’aumento degli impieghi burocratici, Ley sottolinea il cambiamento nella domanda residenziale da parte della “nuova classe media”. La protagonista di questa trasformazione sarebbe dunque la classe sociale che ha acquisito forza attraverso redditi potenziati, facilità di accesso all’istruzione e stili di vita orientati al consumo (Thrift, Williams, 1987), una classe media principalmente composta da artisti, giovani professionisti e studenti (Ley, 1986). Questo secondo approccio teorico si orienta sin da subito all’esplorazione dei gusti e delle scelte di questa classe emergente, nell’ipotesi che il potenziale di investimento di un dato territorio non possa venir compreso se non in relazione al processo decisionale e valutativo degli investitori e degli affittuari (Mills, 1988). I cosiddetti “colletti bianchi” aumenterebbero quantitativamente nel passaggio da una società produttrice di beni ad una di servizi (Sassen, 1991), diventando figure chiave per la comprensione delle cause del fenomeno.
Con l’aumento della mole di studi promossi da entrambi gli approcci, la mancanza dei riscontri attesi fa entrare in crisi entrambe le teorie. Nel caso di Smith, l’inconsistenza teorica risiede nell’implicita assunzione dell’ipotesi secondo la quale le persone risponderebbero in modo passivo alle variazioni di capitale e ai flussi immobiliari (Munt, 1987). Le critiche rivolte all’approccio orientato alla domanda si indirizzano invece alla definizione stessa di “classe media”, notevolmente ampliata nella sua portata esplicativa con il procedere degli anni: via via che si affacciavano allo studio sul campo, antropologi, sociologi ed urbanisti si rendevano conto della notevole variabilità demografica cui si trovavano di fronte, una variabilità irriducibile alle sole coppie di professionisti o agli artisti, e da estendersi, ad esempio, a studenti universitari o a giovani donne in carriera (inter alia Zukin, 1982; Mullins, 1982; Rose, 1984; Bondi, 1991).
2.2 Fallimento e ripristino della categoria (anni ‘90)
La ricerca delle cause del fenomeno della gentrification, dunque, non porta all’attesa comprensione del fenomeno, rafforzando però l’attività finalizzata al perfezionamento degli strumenti di analisi del processo di trasformazione. Per cambiare rotta si deve arrivare agli anni ‘90 (Gaeta, 2006; Hamnett, 2001), durante i quali i cambiamenti storici e la forte recessione economica portano ad una ridefinizione del processo di gentrification o, piuttosto, al venir meno dei requisiti secondo i quali la trasformazione a livello cittadino può essere categorizzata come tale. Dalla recessione prende avvio lo studio di un fenomeno contro-tendente alla gentrification, definito de-gentrification (Bourne, 1993), che, tuttavia, si limita ad un periodo decisamente breve. Verso la metà del decennio, con la fine della crisi e la ripresa degli investimenti nei quartieri centrali, si assiste ad un rinnovo dell’attenzione sugli studi rivolti alla gentrification (Smith, 1996). Col rinnovato interesse, l’attenzione degli studi si sposta agli effetti dell’implementazione delle politiche di riqualificazione in rapporto ai concreti problemi derivanti dal fenomeno trasformativo (Redfern, 1997), facendo emergere la centralità delle comunità e delle politiche locali e agli stretti rapporti intercorsi tra le politiche locali e le più generali strategie di ripresa economica finalizzate ad un incremento del turismo (Jacobs, 1996; Eade, Mele, 1998; Wyly, Hammel, 1999). Lo sfollamento e l’esclusione dei ceti meno abbienti dai quartieri operai diventano i punti cardine sui quali si focalizzano la maggior parte degli studi sul finire degli anni ‘90 (Robinson 1995; Young e Christos-Rogers, 1995): è a questo punto che la categoria della gentrification inizia a modificare la sua connotazione. Da una parte, con tale nozione si comincia a denunciare il lassismo dei governi, ai quali si critica l’incapacità di farsi carico della protezione dei vecchi residenti, che in sostanza sono costretti a dislocarsi in quartieri più periferici. Dall’altra viene accusata la stessa politica di non aver regolamentato gli affitti a partire dagli anni ‘80, periodo in cui avrebbe prevalso la necessità di ripresa economica, lasciando i singoli cittadini in balia delle leggi di mercato. Ma oltre alla profonda denuncia sociale, i nuovi studi diventano anche la base per mettere in crisi le conoscenze fino ad allora acquisite sul concetto di gentrification: ciò che viene criticata è la supposta omogeneità sociale che si dovrebbe raggiungere in seguito alla stabilizzazione della gentrification in un dato quartiere nella sua ultima fase di evoluzione (Authiers, 1995). Spostando l’attenzione sull’esistenza di un sistema di relazioni più complesso di quanto generalmente non si supponga, gli studi prodotti in questi anni invitano le istituzioni a farsi carico del sistema di convivenza, soprattutto nel momento in cui l’isolamento dei gruppi sociali diventa conflittuale nell’utilizzo degli spazi.
2.3 L’uso della categoria da parte delle istituzioni (2000-oggi)
Lo studio sugli effetti della gentrification si sviluppa ulteriormente nell’ultimo decennio e l’incremento nel numero delle città divenute oggetto di studio sulla gentrification anche solo nel continente europee è significativo (Atkinson, Bridge, 2005). Ciò che, però, appare più rilevante rispetto a tali studi è il fatto che la crisi concettuale degli anni ‘90 non sembra aver favorito una revisione della categoria di gentrification. Semmai, l’incremento nel numero delle ricerche è l’indizio diretto di un’opacizzazione della categoria, divenuta gradualmente più sfumata e comprensiva. Per esempio, negli studi più recenti si contemplano le piccole cittadine e non solo le grandi città (Atkinson, Bridge, 2005) e si riserva una maggiore attenzione al contesto in cui i processi di trasformazione avvengono, tanto da portare alcuni autori a definire una “geografia della gentrification” (Phillips, 2004) in riferimento alle differenze tra apparati teorici rapportati ai diversi contesti in cui sono stati elaborati (Lees, 2003a).
Negli stessi anni, peraltro, il mondo accademico inizia ad interrogarsi sul ruolo che gli studi intorno alla gentrification sinora condotti possono aver avuto sulle politiche intraprese dai governi. In tal modo, il focus si sposta sull’utilizzo, da parte delle istituzioni, della conoscenza prodotta in ambito accademico. Da iniziale effetto collaterale, la gentrification viene ad essere sempre più considerata uno strumento d’intervento delle istituzioni sullo spazio urbano (Cameron & Coaffe, 2005): interpretandola come dimensione integrata alle politiche urbane, i governi cittadini con la gentrification si dotano di uno strumento attraverso il quale da un lato si allineano alle leggi e al linguaggio del mercato e dell’imprenditoria privata e, dall’altro, si prestano a loro volta ad influenzarne le sorti (Wyly, Hammel, 2005).
Il rischio da più parti richiamato, tuttavia, è quello di un ingiustificato incoraggiamento all’uso di un modello di gestione che non sappia tenere in giusta considerazione la deriva non-lineare dei processi sociali, che oltre 40 anni di studi hanno portato alla conoscenza di chi ha approfondito lo studio di tale fenomeno (Fijalkow, Préteceille, 2006).
La presa in esame della nozione di gentrification illustra come questa categoria abbia attraversato alterne vicende, sottolineandone il valore e radicandone l’uso rispetto alle esigenze di gestione del territorio.
Questo, dunque, lo scenario in cui prende avvio il seguente lavoro di ricerca.
3. Proposta di analisi della letteratura
Lo studio proposto di seguito costituisce un’indagine esplorativa con la quale si perviene all’analisi della letteratura che ha utilizzato, negli anni, il costrutto di gentrification. Vogliamo innanzitutto sottolineare come, con tale analisi, non intendiamo pervenire ad una ricognizione sistematica degli studi riferibili alla produzione scientifica del settore in questione, ma che siamo piuttosto interessati ad individuare i principali modelli di utilizzo del costrutto di gentrification che si sono succeduti nel corso del tempo, dunque a realizzare una sorta di mappa interpretativa dei modelli che hanno organizzato e alimentato questo oggetto di studio, nell’ipotesi che gli stessi abbiano organizzato specifiche ed implicite visioni dei contesti in cambiamento e specifiche azioni di trasformazione degli stessi.
La modalità di analisi proposta non indaga gli aspetti più immediatamente visibili e manifesti dei contributi rintracciati nella letteratura, ma riguarda soprattutto gli aspetti pragmatici ed il valore d’uso che tali contributi hanno acquisito entro la propria cornice storico-sociale. In questo senso, riteniamo possibile rinvenire i processi simbolici presenti entro il contesto da cui abbiamo estratto i testi posti sotto analisi.
Come vedremo di seguito, la nostra ipotesi è che tali processi si dispieghino in strutture latenti di significato, non dichiarativamente rinvenibili in letteratura, ma che emergono in ragione dell’analisi effettuata. Per condurre il lavoro in questione è stata selezionata una varietà di testi che trattano, a vario titolo, del tema della gentrification, nell’idea che attraverso una loro analisi si possano identificare i processi di significazione che hanno organizzato il suo utilizzo e sviluppo. Con l’obiettivo di indagare i modelli interpretativi alla base dei contributi scelti, è stata costruita una griglia di analisi ad hoc, elaborata nella prima fase esplorativa dei testi stessi.
3.1 Griglia dei Modelli Interpretativi
La griglia di analisi di seguito proposta è stata concepita come strumento utile per far emergere i significati che hanno organizzato l’elaborazione teorica della gentrification, trattabili come indicativi di una domanda di senso da parte delle discipline e degli attori che l’hanno utilizzata e costruita. In rapporto a tale obiettivo, la griglia è organizzata secondo delle aree generali di analisi, ciascuna delle quali suddivisa in un certo numero di variabili, a loro volta relative a specifiche modalità. Le aree, in quanto vertice di osservazione generale, sono concepite come macrocriteri, ovvero dimensioni in grado di fornire i punti cardine della mappa interpretativa che si intende realizzare. Le variabili, invece, sono concepite come degli indicatori che si collocano ad un livello intermedio tra le differenti aree e gli specifici elementi (le modalità) che le caratterizzano. Le variabili costituiscono i criteri con cui è possibile rilevare le indicazioni sulle premesse teoriche e metodologiche che guidano il contributo in analisi, sulla prefigurazione di una dimensione di intervento e sulla modalità in cui quest’ultima si declina rispetto alla teorizzazione del fenomeno. Ciascuna variabile è costituita da un certo numero di modalità, costituite da enunciazioni esplicative dell’indicatore cui si riferiscono, ovvero da definizioni concettuali che aiutano a/permettono di classificare i contributi. Nel complesso la griglia è costituita da 3 aree, 18 variabili (6 delle quali utilizzate come illustrative, ovvero non direttamente prese in considerazione nell’analisi – e che non concorrono all’estrazione di specifiche dimensioni di significato – ma che, in un’indagine esplorativa come la presente, possono ricoprire un’importante funzione chiarificatrice in sede interpretativa: in questo caso sono state pensate per far emergere gli aspetti corollari al contributo posto in analisi) e 56 modalità. Le modalità previste nella griglia sono state in un paio di casi modificate in corso d’opera, durante l’utilizzo della griglia per la segmentazione dei contributi raccolti, in modo da adeguarle in modalità maggiormente rispondente ai dati incontrati. La griglia finale è illustrata di seguito:
1. Area I: Livello e modalità di teorizzazione del fenomeno/oggetto di lavoro Quest’area esplora i modelli epistemologici entro i quali il contributo/articolo è stato organizzato, dunque le teorie che hanno guidato l’esplorazione degli oggetti e le tematiche selezionate. Tale livello è pensato come informazione sul rapporto tra apparato teorico d’appartenenza, costituito da specifici assunti disciplinari, e fenomeno osservato. Le variabili afferenti a quest’area sono 4. Nella griglia seguente sono presentate insieme alle relative modalità.
2. Area II: Livello e modalità di analisi del contesto Con la seconda area viene esplorata la relazione tra modalità con le quali si osserva il contesto in cui il fenomeno gentrification viene identificato e il modo in cui si tratta la domanda di realtà, così da poter avanzare ipotesi sulle modalità con cui le discipline sociali si confrontano con l’estraneità del territorio urbano attraverso la categoria gentrification. Le variabili relative a questa seconda area sono 5.
3. Area III: Prefigurazione/attuazione di una dimensione di intervento Con la terza area si analizza se, ed in che modo, nell’impianto del contributo l’autore definisce il setting di intervento, e come un’azione professionale viene prefigurata nel contesto in analisi. Il fatto che il concetto di gentrification abbia assunto un carattere multidisciplinare, sin dagli esordi, viene in questa sede recuperato e vagliato, nell’ipotesi che importanti indizi siano recuperabili se ci si interroga sulle modalità con cui le diverse discipline interagiscono tra loro, in presenza o in assenza di un’idea di intervento sul fenomeno che osservano, descrivono, costruiscono. Le variabili della terza area sono 3.
4. Area IV: Variabili illustrative Infine, le variabili illustrative presenti nella griglia sono 6.
3.2 Campione
Per l’analisi qui proposta, sono stati selezionati 50 articoli, secondo un campionamento stratificato per quote non probabilistiche (Blalock jr, 1969). Tale scelta è derivata da una prima fase di screening di numerosi articoli pubblicati a livello internazionale, dalla lettura dei quali sono emerse immediatamente informazioni rilevanti per la ricerca. Innanzitutto, la categoria gentrification appare trasversalmente interessare diversi ambiti disciplinari, come l’antropologia, la sociologia, l’urbanistica, l’economia e le scienze politiche. In secondo luogo, essa è riscontrabile in diverse tipologie di contributi: si è constatato, infatti, come non solo entro la letteratura scientifica si parli di gentrification, ma altresì in siti Internet attraverso articoli divulgativi di carattere non prettamente scientifico, sebbene concepiti da professionisti di varia estrazione accademica. In questo senso si è deciso di recuperare tale variabilità come indizio, nell’ipotesi che la forma e il contenitore scelto per parlare di gentrification possano dare delle indicazioni sugli obiettivi e gli interlocutori prefigurati durante l’atto stesso di costruzione del contributo, dunque sulle modalità di significazione del contesto emergenti dall’uso della nozione di gentrification stessa. In modo coerente al carattere esploratorio della ricerca, si è dunque scelto di dare spazio alla variabilità dei contributi e delle fonti dalle quali provengono, comprendendo sia gli apporti di taglio scientifico sia quelli di tipo divulgativo. La ricerca dei contributi/articoli, per tale motivo, è stata effettuata su diversi data base e banche dati, oltre che su motori di ricerca on-line5.
Il primo criterio adottato nella consultazione delle banche dati è stato la presenza del termine gentrification nel titolo, nel sottotitolo o nelle parole chiave del contributo. In questo modo si è potuto accedere anche ai testi che, pur non esplicitando come primo interesse quello di spiegare il fenomeno della gentrification, sono comunque ricorsi a tale categoria proponendola tra le parole chiave più rilevanti.
Il secondo criterio è relativo agli anni di pubblicazione dei contributi. Il concetto di gentrification, come si è avuto modo di presentare nel paragrafo dedicato alla rassegna storica, viene proposto da Ruth Glass nel 1964, ma è solo alla fine degli anni ‘70 che viene attivato un vero e proprio dibattito scientifico intorno ad essa, dando vita ad una sua progressiva rielaborazione e alla costruzione di letteratura specifica attorno agli anni ‘80. Si è pensato fosse utile, quindi, riferirsi ad un arco temporale di 30 anni, dalla fine degli anni ‘70 ad oggi, così da poter rendere evidenti, qualora vi fossero, delle trasformazioni modellistiche rispetto alla teorizzazione iniziale e ai successivi sviluppi. Alla luce di questo, sono stati considerati gli articoli scritti dal 1979 al 2010, suddividendoli in tre fasce decennali che risultano così composte:
• 14 articoli per il decennio 1979-1989;
• 17 articoli per il decennio 1990-2000;
• 19 articoli per il decennio 2001-2010.
Nella selezione degli articoli si è cercato di mantenere, per quanto possibile, un bilanciamento. La distribuzione leggermente diversa degli articoli nelle fasce decennali è tuttavia legata alla reperibilità degli stessi contributi. Anche in questo caso, tale dato è stato ritenuto indizio utile per il lavoro interpretativo, in quanto segno di un progressivo incremento dell’interesse, in letteratura, del tema oggetto di analisi.
3.3 Procedura di analisi dei dati
La Griglia dei Modelli Interpretativi è stata utilizzata per codificare tutti i contributi selezionati. I dati sono stati dapprima raccolti in una matrice, poi sottoposta ad analisi statistica.
L’analisi dei dati è stata condotta attraverso il software statistico Spad (Systeme portable pour l’analyse des données) versione 5.0., uno strumento statistico che permette di effettuare diversi tipi di analisi multidimensionale.
Il modello di analisi adottato consiste di una procedura organizzata su due step e comprendente l’Analisi delle Corrispondenze Multiple (ACM) – una tecnica di statistica multivariata che opera su matrici di dati di tipo nominale (cfr. Lebart, Morineau e Warwick 1984) e permette di cogliere i rapporti di co-occorrenza (relazione di prossimità o distanza) tra le variabili in analisi – e l’Analisi dei Cluster (AC), che invece permette di raggruppare insiemi di variabili aventi massima omogeneità interna ad un gruppo (varianza within), al contempo mantenendoli distinti gli uni dagli altri secondo un criterio di massima eterogeneità tra gruppi (varianza between).
Attraverso l’ACM, la massa di informazioni presente in una matrice di dati viene ridotta in variabili sintetiche, dette fattori, che riassumono in un minor numero di elementi la variabilità dell’informazione contenuta nella intera matrice iniziale, cosa che consente di sintetizzare, senza distorcerla, la maggior parte dell’informazione contenuta nella matrice dei dati di partenza. Ogni asse fattoriale è distinguibile in due semiassi, uno positivo e uno negativo, che rappresentano i poli opposti dell’asse. L’insieme dei fattori è da noi interpretato come un campo semiotico globale, una regione di senso latente che opera da matrice e dà forma alle espressioni contingenti dei modelli di significato. Il campo semiotico complessivo è organizzato dalle diverse dimensioni fattoriali estratte dall’analisi e di seguito interpretate, coerentemente con il modello proposto, come Dimensioni Simboliche Latenti (Venuleo, Guidi, 2010). Congruente a questo modo di intendere i fattori, i risultati dell’ACM vengono usati come criterio per la successiva Analisi dei Cluster. Ogni cluster estratto da tale procedura costituisce una classe omogenea di casi che, in ragione di un nucleo di risposte caratteristico (costitutivo di un profilo tipico di variabili co-occorrenti), mantengono un certo grado di somiglianza fra loro rispetto al campo di variazione delle variabili analizzate.
In relazione al presente lavoro, i cluster enucleati dall’analisi sono interpretati come Nuclei di Significazione della gentrification; gli stessi costituiscono, dunque, altrettanti modelli interpretativi cui gli autori dei contributi analizzati si sono riferiti nel dare corpo al proprio lavoro.

4. Risultati
Nella presentazione dei risultati procederemo presentando, dapprima, i Nuclei di Significazione emergenti dall’analisi dei cluster e solo di seguito le prime due (e più significative) Dimensioni Simboliche Latenti enucleate per tramite dall’ACM, che danno conto del campo simbolico entro cui i Nuclei di Significazione prendono forma.
4.1 I Nuclei di Significazione
L’Analisi dei Cluster ha portato all’identificazione di 5 diversi Nuclei di Significazione (NS) espressione di altrettanti modelli di interpretazione della gentrification. Attraverso la loro interpretazione si proporranno delle ipotesi sull’organizzazione della rappresentazione dell’oggetto che ha organizzato i contributi analizzati.
NS1. La visione normativa del cambiamento urbano Il NS1 raccoglie il 32% dei casi analizzati, risultando in tal modo il nucleo più significativo a livello statistico. I riferimenti al paradigma economicista e agli strumenti di analisi econometrici sottolineano l’ancoraggio all’area economica di tali studi, mentre il modello conoscitivo di tipo causalistico e la logica interpretativa di tipo normativo, a fianco di un livello di formalizzazione elevato e unitamente ad un grado di definizione dei fenomeni di tipo tecnico, mettono in evidenza la connotazione normativa ed il carattere “prescrittivo” del riferimento modellistico espresso da questo nucleo di significazione. Se a questi elementi si aggiunge il riferimento temporale relativo al primo periodo (anni 1979-1989), si può avanzare l’ipotesi che in una fase iniziale degli studi sulla gentrification gli aspetti della ricerca e dell’intervento fossero prevalentemente ignorati o messi sullo sfondo rispetto ad una ben più forte esigenza di utilizzare tale nozione in senso descrittivo e analitico. Da ciò si può immaginare come la qualificazione in senso normativo ed assiomatico del concetto di gentrification – in quanto tale aprioristicamente assunto come dato, ovvero non sottoponibile ad uno studio sulla sua validità di costrutto – implicitamente portasse alla sostanziale inutilità di sottoporre allo studio i fenomeni osservati in riferimento ad esso, cioè mediante il costrutto stesso, dal momento che la portata euristica della nozione di gentrification era capace di delineare, prima, e di sostanziare, poi, le cause dei fenomeni di cambiamento osservati nelle città. Il che, da un altro ma complementare punto di vista, equivale a dire che, una volta posta la concezione normativa del costrutto, non si possa fare a meno di interpretare i processi di cambiamento dei diversi contesti urbani e sociali che tale costrutto permette di “vedere” – così come le cause cui questi si riferiscono – secondo criteri acontestuali ed astorici; così come, in ultima istanza non si può che concepire lo stesso contesto entro cui tali cambiamenti avvengono come un contesto invariante. In tal modo, il NS1 sottolinea come in una fase istituente d’uso del concetto di gentrification si rendevano sostanzialmente indipendenti le ragioni storiche, demografiche, sociali ed economiche che alimentavano i processi di cambiamento dai contesti sociali stessi, in cui quegli stessi processi si erano però andati dispiegando nel corso del tempo.
NS2. Il modello divulgativo ideologizzato I
l NS2, come il NS4, raccoglie il 12% dei casi. Benché percentualmente ridotto rispetto al precedente NS1, questo nucleo propone un modello di significato molto rilevante. L’analisi del cluster mette in evidenza come qui si associno variabili quali: la tipologia divulgativa del contributo, il riferimento al paradigma culturalista, la presenza di strumenti di analisi storiografici e l’associazione della dimensione economica quale elemento di appartenenza disciplinare più rilevante. Inoltre, la fonte da cui si rilevano questi contributi (si tratta di lavori presentati su siti internet dedicati) sottolinea il loro carattere divulgativo. In base a questi indizi, ad un primo livello di analisi si può supporre che il vettore comunicativo di riferimento (a carattere non scientifico e non specialistico) e il tipo di interlocutore previsto per questi testi (almeno potenzialmente, un lettore “non esperto” e non a conoscenza delle strategie e degli obiettivi della gentrification) mettano in evidenza un modello esplicativo non specialistico, in base al quale il NS2 si qualificherebbe quale organizzatore culturale di tipo didascalico ed informativo. Tale rilievo appare sottolineato anche dall’ambito di riferimento (culturale ed economico) e dagli strumenti di analisi (storiografici) adottati che evidenziano, oltre all’approccio non specialistico, anche una cornice socio-culturale multidisciplinare entro cui la gentrification viene inquadrata. Parlare di gentrification, da questo punto di vista, significa collocare dei fenomeni socio-demografici all’interno della storia del quartiere e della città in cui essi avvengono. Vi è, tuttavia, un ulteriore indizio che ci permette di approfondire l’interpretazione di questo nucleo di significazione: il riferimento ad una logica interpretativa di tipo valoriale. Tale riferimento sottolinea la connotazione della realtà in termini assiologici, dunque connessa a modalità emozionali culturalmente veicolate. In questo senso, si evidenzia come il NS2 non proponga un modello informativo “neutrale” dei fenomeni di cambiamento connessi alla gentrification, ma veicoli esplicitamente un modello ideologico e affettivamente connotato, attraverso il quale si propongono delle interpretazioni (emozionali) dei processi di cambiamento implicitamente connesse ad un criterio di valutazione circa la bontà o meno degli stessi processi.
NS3. La crisi dell’approccio umanistico-sociale al cambiamento urbano Il terzo NS costituisce il secondo cluster in ordine di ampiezza, raccogliendo il 24% dei casi totali. La variabile che più significativamente contribuisce alla definizione del NS3 è l’approccio pluridisciplinare – ovvero il riferimento a modelli concettuali provenienti da ambiti scientifici diversi nella definizione del fenomeno oggetto di studio – che si associa ad un’unità di osservazione collettiva, a dispositivi di studio di tipo socio-demografico, ad un paradigma di riferimento territorialista ed alla cornice disciplinare della geografia e della demografia (benché quest’ultima modalità, seppure tendenzialmente associata al cluster, non risulta parteciparvi con un valore significativo). Questi indizi appaiono sottolineare come i modelli teorici appartenenti alle scienze umanistico-sociali (quali la geografia – la prima disciplina che si è occupata di teorizzare il fenomeno della gentrification – o gli studi demografici) abbiano molto bisogno di avvalersi dell’apporto di altre scienze, non già per la definizione del fenomeno stesso – per il quale sembrano invece in grado di offrire dei criteri osservativo/descrittivi –, ma per quanto riguarda la modellizzazione dei processi di cambiamento e, ancora di più, per la possibilità di progettare e realizzare degli interventi nel tessuto urbano. In altre parole, il terzo NS appare da un lato sottolineare la posizione di rilievo che gli studi a vertice umanistico hanno nel panorama della gentrification, ma dall’altro anche la scarsa autosufficienza modellistica che tali discipline mostrano nel panorama degli studi analizzati. L’approccio umanistico – ed in particolare quello geografico – sembra doversi anacliticamente appoggiare ad altri approcci modellistici per esplicare il funzionamento dei processi di cambiamento urbano, pena l’impossibilità di emanciparsi da un approccio descrittivo. In linea con quanto appena sottolineato, si può aggiungere che, come ulteriore variabile associata al cluster, nel NS3 si evidenzia come le strategie di intervento cui ci si riferisce siano delegate alla politica, dunque ad una dimensione di potere cui si ha la possibilità di ascrivere l’intervento entro i processi di cambiamento evidenziati nella città.
NS4. Il modello tecnico della verifica dei processi di cambiamento Il NS4 appare, come il NS1, caratterizzato dal paradigma economicista, ma se ne differenzia profondamente per la specifica caratterizzazione tecnica, di ricerca e centrata sull’intervento: a fronte di un livello di formalizzazione concettuale valutato come sostanzialmente assente, i contributi di studio raccolti nel cluster prevedono degli interventi di tipo tecnico, si riferiscono all’ambito della ricerca, sono fondamentalmente circoscritti all’ambito disciplinare urbanistico e si dichiarano sostanzialmente indipendenti dalle forme di sapere o da riferimenti provenienti da altre discipline nell’ambito dell’intervento (che vengono interpretati in chiave sostitutiva, piuttosto che integrativa o di sostegno all’intervento). La variabile temporale sottolinea come i contributi qui raccolti si riferiscano al secondo periodo (1990-1999) preso in considerazione nel lavoro, dunque nel momento in cui i grandi cambiamenti a livello economico mondiale dapprima inibivano le riqualificazioni edilizie e poi ne sostenevano una veloce ripresa. In sostanza, il NS4 sottolinea come la categoria della gentrification venga in alcuni casi interpretata come un dispositivo di ricerca o di intervento su fenomeni di cambiamento urbano rilevanti. A differenza del NS1, in cui l’elemento rilevante cui ci si ancorava era la portata euristica del costrutto di gentrification, nel NS4 tale nozione è dunque immediatamente riferita al suo uso nell’ambito della ricerca e/o dell’intervento. La spendibilità del costrutto sembra allora risiedere nel carattere tecnicale dei metodi che si hanno a disposizione in questo periodo. Dei metodi da considerarsi in grado di alimentare l’acquisizione di nuove conoscenze sui fenomeni emergenti e sui loro effetti, ma anche di offrire strumenti in grado di verificare i progressi fatti in rapporto ai cambiamenti urbani osservati.
NS5. La Gentrification come mitizzazione della ricerca Il quinto NS comprende il 20% del numero totale dei contributi analizzati. In questo NS emerge un modello di conoscenza di tipo costruttivista in rapporto al quale ci si mette in relazione al contesto di osservazione con modalità di tipo esplorativo ed indiziario e con strumenti di analisi di tipo etnografico. La variabile temporale sottolinea come in questo nucleo si concentrino i contributi prodotti nel terzo periodo preso in considerazione dall’analisi (2000-2010), cosa questa che ci fa ipotizzare come tale modello interpretativo sia quello attualmente più utilizzato per studiare i processi inerenti la gentrification. Anche in questo nucleo di significazione, come nel NS3, il paradigma di riferimento è quello territorialista, ma invece che in rapporto a processi collettivi in senso esteso, come avveniva per il precedente NS, in questo caso la definizione dei fenomeni viene declinata in termini organizzativi e di relazioni interpersonali. Inoltre, nei contributi raccolti dal NS5 è riconoscibile un discreto livello di formalizzazione (valutato come medio), che ci permette di evidenziare l’attenzione all’uso dei criteri e dei costrutti con cui la gentrification è trattata. Nel complesso, in questo modello è riconoscibile un’attenzione al contesto ed un investimento nella costruzione di criteri di lettura del fenomeno della gentrification maggiore rispetto ad altri NS; ciononostante, tali riferimenti non appaiono pienamente in grado di delineare nuovi modelli di relazione con il contesto né, ad esempio, di orientare modi di intervento alternativi rivolti al cambiamento. Le ipotesi sul fenomeno “osservato” sembrerebbero formulate di volta in volta in relazione al contesto analizzato, ma senza prevedere una qualche forma di intervento, in definitiva, delegando l’utilizzo dei dati a terzi (gli attori politici, le istituzioni locali…), come se la ricerca portata avanti in questi studi assumesse le vesti di uno strumento conoscitivo, al di fuori di obiettivi produttivi con interlocutori specifici e con committenze reali.
4.2 Il campo simbolico generativo dei Nuclei di Significato
Prima Dimensione Simbolica: Paradigma concettuale Il primo asse fattoriale si caratterizza per il riferimento agli indicatori appartenenti alle prime due aree della griglia: teorizzazione dell’oggetto/fenomeno del lavoro e modalità di analisi del contesto. Questo elemento suggerisce che la prima dimensione simbolica possa essere interpretata nei termini di un riferimento alla modalità di simbolizzazione del fenomeno del cambiamento urbano (dunque della gentrification) con il quale i diversi contributi sono stati costruiti, e rimanda alla possibilità di inferire il modello concettuale utilizzato nell’osservare i fenomeni oggetto di studio. Le due estremità sono state interpretate nei termini di: Invarianza Normativa vs Variabilità Interpretativa.
Invarianza Normativa Lungo il semiasse sinistro del primo fattore il fenomeno di analisi viene simbolizzato in termini di una realtà di cui si conoscono i meccanismi di funzionamento, dunque conosciuta, “data”. Il modello della conoscenza associato alla polarità è quello causalista, il paradigma di riferimento quello economicista, gli strumenti di analisi di tipo econometrico, la logica di intervento di tipo tecnico, la descrizione dei fenomeni oggetto della trattazione fatta in chiave normativa e, soprattutto, per ultimo ma non di minor rilievo, la variabilità contestuale considerata alla stregua di un elemento disturbante. In tal senso, nella polarità si evidenzia un paradigma concettuale che parametra la realtà urbana, e l’intervento di trasformazione della stessa, nei termini della aderenza/scarto da uno specifico modello di riferimento, e nella quale l’errore o la distanza da un esito atteso è considerabile come una devianza da ridurre tecnicamente. In tal senso, la simbolizzazione del fenomeno in riferimento ai processi relativi alla gentrification sembra definire un’area semiotica entro cui la declinazione di modelli, strumenti e tecniche di intervento avviene in modalità acontestuali ed invarianti, ovvero secondo caratteristiche capaci di ridurre il contesto stesso ad una cornice di fondo, contenitiva ma non organizzativa dei processi che la definiscono, in cui operare azioni di trasformazione previste a monte.
Variabilità Interpretativa Nella polarità destra del primo fattore si aggregano gli indicatori che più di altri mostrano una apertura alla complessità contestuale. Il richiamo ad un modello di conoscenza costruttivista, alla concezione della variabilità del contesto intesa come indiziaria e all’elaborazione teorica non circoscritta alle appartenenze disciplinari (pluri disciplinarietà) danno forma ad una modalità di connotazione dei fenomeni nei termini della loro variabilità e continua risignificazione. A supporto di tale concezione si mettono in evidenza il primato del paradigma territorialista, l’uso di strumenti di analisi di tipo etnografico ed una logica di tipo esplorativa esplorativo, che sottolineano una concezione secondo la quale non esistono degli assetti urbani “dati” che prendono forma al di là delle rappresentazioni che i soggetti in essi inscritti esprimono attraverso le loro pratiche di utilizzo di quel luogo/territorio. Questi indizi fanno dunque emergere una concezione del contesto quale dimensione complessa e continuamente (ri)significata a partire da coloro che vi partecipano: una simbolizzazione che sottolinea come i fenomeni oggetto di attenzione non possano darsi al di fuori di quello che è l’ambito di studio (disciplinare, divulgativo o accademico che sia), dunque di una loro interpretazione da parte di un soggetto conoscente. In tal senso, ci pare congruente la presenza di un livello di formalizzazione meno elevato (medio), ma anche il mancato riferimento alla dimensione dell’intervento (non contemplato), elementi che ci pare di poter interpretare come il segno di un ancoraggio alla dimensione di riflessione su, più che a quella dell’azione di cambiamento.
Nel suo complesso, la prima dimensione simbolica evidenzia due diverse modalità con cui le discipline si relazionano al fenomeno della gentrification, dunque del cambiamento urbano. Tale dimensione sottolinea come, da un lato, la definizione dei fenomeni di trasformazione siano considerati come elementi invarianti, accadenti in modalità sempre uguali a prescindere dai contesti in cui avvengono mentre, dall’altro lato, questi vengono concepiti come la diretta espressione della realtà contestuale in cui si situano, e che permette di dar loro forma. La dimensione simbolica, tuttavia, non si limita a ciò, ma ad un ulteriore livello sottolinea come, nel primo caso, si faccia riferimento ad una modalità concettuale che possiamo considerare “normativa” perché tende a riferirsi ai fenomeni in modo assoluto, vale a dire a sottolinearne il carattere precodificato e, in ultima istanza, prescrittivo, mentre nel secondo il riferimento al paradigma concettuale rivela la necessità di interpretare i processi sociali che si producono entro un dato contesto, dunque sottolineano la modalità necessariamente esplorativa ed indiziaria che deve essere assunta in rapporto ad esso. In questa dicotomia, in ultima istanza, ci pare di poter scorgere una profonda scissione fra due profondamente diverse e inconciliabili visioni della realtà: una che guarda ai “fatti”, l’altra ai “significati” assunti dagli eventi in rapporto ad una cornice storico-sociale. In questa scissione è dunque possibile intravedere il salto paradigmatico che ha preso forma nell’universo culturale delle scienze sociali negli ultimi 40 anni e che si è appunto riflesso nella produzione scientifica nel campo oggetto di studio. Da sottolineare, ulteriormente, è il modo con cui tali modelli simbolici sembrerebbero alternativamente connettersi alla dimensione di intervento (sulla realtà sociale) o di esplorazione/conoscenza (della realtà sociale). Nella polarità sinistra della dimensione fattoriale, si osserva un basso contributo allo sviluppo concettuale della categoria gentrification, tutto a vantaggio, tuttavia, di un forte interesse per la dimensione dell’intervento trasformativo sul tessuto urbano. Quest’ultimo, invece, sembra emergere come irrilevante nella concezione espressa nella polarità destra della dimensione, dove l’accento viene piuttosto posto sulla dimensione conoscitiva. Si potrebbe dire che, da questo punto di vista, nella prima dimensione simbolica emersa dall’analisi delle corrispondenze multiple si possa, in ultima istanza, rintracciare anche la scissione fra ricerca e intervento, quale sintomo ulteriore di una produzione scientifica incapace di saper dosare, in modo equilibrato, l’approfondimento concettuale dei propri strumenti teorici e l’intervento da essi regolati.
Seconda dimensione simbolica: Organizzazione del contributo Il secondo fattore si caratterizza per la prevalenza di indicatori appartenenti alla terza area della griglia di analisi – relativi all’attuazione/prefigurazione delle dimensioni di intervento – e in parte di quelli della seconda area, connessi alla modalità di analisi del contesto. In rapporto a questi elementi, la seconda dimensione simbolica sembrerebbe delineare la modalità di organizzazione del contributo oggetto di analisi, ovvero quali siano gli scopi del contributo in rapporto al lettore (prefigurato) ed al contesto nel quale lo stesso si inscrive. Tale dimensione simbolica, in tal senso, pare definirsi in rapporto ad un impianto che da un lato prevede la definizione di un intervento mentre dall’altro chiama in causa l’utilità di descrivere i fenomeni della realtà in cambiamento. In quanto tale, l’organizzazione del contributo pare declinarsi secondo la dicotomia: Descrittivo vs. Tecnicale.
Descrittivo
Nell’estremità inferiore del fattore si rilevano alcuni elementi che connettono l’assenza di prefigurazione di un intervento con il basso livello di formalizzazione del contributo, la mancanza di collaborazione tra discipline la presenza di una prospettiva di analisi di livello macro – che dunque guarda ai grandi contesti geografici, come ad esempio il livello nazionale – e l’unità temporale sincronica. Se a questi indizi si aggiunge che i contributi raccolti nella polarità in basso hanno principalmente un carattere divulgativo, nella polarità emerge chiaramente come in alcuni contributi i fenomeni di cambiamento vengano sostanzialmente registrati e descritti – dunque sostanzialmente relegati al loro carattere informativo – senza che si metta in campo la possibilità di evidenziare strategie di elaborazione di un intervento o di una ricerca.
Tecnicale
Gli indicatori che saturano maggiormente la polarità in alto evidenziano la presenza del riferimento alla tecnica quale elemento che sostanzia l’impianto dei contributi. Ad una completa assenza di formalizzazione scientifica dei contributi, fanno da specchio il riferimento ad azioni di intervento di tipo tecnico ed una concezione della collaborazione per l’intervento di tipo sostitutivo. A differenza della polarità opposta, la prospettiva di analisi qui rilevata è volta all’esplorazione delle piccole realtà (livello micro), osservate nel loro dispiegarsi storico (l’unità temporale associata alla polarità è quella diacronica). La completa mancanza di formalizzazione scientifica connessa ad una tipologia del contributo identificabile come lavoro di ricerca, evidenzia la scissione fra la dimensione teorica e quella di ricerca-intervento, a sua volta evidenziante una scarsa modellizzazione dei fenomeni in analisi.
Alla luce di quanto emerso, nella dialettica emergente dalla contrapposizione fra le due polarità del secondo fattore si esprime una domanda implicita che risponde all’interrogativo su quale sia la modalità più utile, quali le procedure, le metodologie e i piani di intervento più funzionali per delineare ed organizzare i contributi in analisi. Come si è visto, mediante tale dimensione simbolica si può mettere in evidenza un impianto concettuale alternativamente organizzato secondo una logica di tipo descrittivo, informativo e divulgativo che fa da contraltare ad un apparato tecnicale. Tale organizzazione, ad un ulteriore livello di lettura, si riflette in una opposta modalità di fruire anche del contributo stesso o, se si vuole, nella contrapposizione fra due modelli di utilizzo delle informazioni costruite ed ottenute in rapporto ai lavori sulla gentrification stessi: da un lato, i risultati emergenti dai contributi sono organizzati in termini descrittivi, quindi le informazioni ed i risultati emergenti dai lavori sono messi a disposizione di terzi; sarà poi chi riceverà tali informazioni che, entro una posizione di potere decisionale, sia capace di utilizzarli. Se facciamo l’ipotesi che l’utilizzatore di tali informazioni possa, ad esempio, essere un soggetto politico o istituzionale, competerà a questo, in seguito, il compito di elaborare piani di intervento adeguati rispetto al contesto di pertinenza. Viceversa, nell’altra polarità le informazioni ed i risultati si organizzano su un piano “tecnico” e per questo motivo si prestano ad essere utilizzate proprio da chi è un tecnico o un professionista del campo e può prendere decisioni in tal senso (dal momento che, per definizione, un’azione professionale non è circoscritta unicamente all’esercizio delle tecniche, ma necessita di competenze organizzative, decisionali, di riconoscimento e d’uso delle tecniche stesse). In tal senso, se anche in questo caso l’utilizzatore delle informazioni dovesse sempre essere un soggetto politico o istituzionale, lo stesso avrà necessità di interfacciarsi con un tecnico che prospetti delle soluzioni d’utilizzo delle informazioni provenienti dalla letteratura.
4.3 La relazione fra Nuclei di Significato e Campo Simbolico
La figura 1 mostra la relazione fra i Nuclei di Significato – concernenti i diversi modelli interpretativi in rapporto ai quali i contributi sulla gentrification analizzati si sono organizzati – ed il più generale Campo Simbolico operante da matrice esplicativa delle loro similarità e differenze. Tale relazione permette di avanzare alcune osservazioni che possono fornire ulteriori spunti all’interpretazione dei dati. A tal proposito, va ricordato che gli “oggetti” (cluster o variabili) raffigurati sullo spazio fattoriale evidenziano un posizionamento non casuale che definisce un sistema di reciproche relazioni ed esprime il grado di associazione fra gli oggetti stessi e le dimensioni simboliche, e che è relativo alla loro vicinanza/distanza dalle polarità fattoriali. A questo scopo può essere utile sottolineare come quanto più alta dovesse risultare la coordinata di un oggetto su una data dimensione fattoriale, tanto più estremo sarà il suo posizionamento rispetto a una polarità dell’asse e, conseguentemente, tanto più forte l’associazione con quella polarità; inoltre, quanto più vicino è il posizionamento fra due oggetti sullo spazio fattoriale, tanto maggiore sarà la similarità (a livello della matrice simbolica condivisa) fra i due oggetti.
La Figura precedente mostra come primo e più rilevante elemento la contrapposizione fra NS1 e NS4 (rispettivamente denominati: “La visione normativa del cambiamento” e “Il modello tecnico della verifica dei processi di cambiamento”), che si collocano sulla polarità sinistra della dimensione orizzontale, e NS3 e NS5 (rispettivamente denominati: “La crisi dell’approccio umanistico-sociale al cambiamento urbano” e “La Gentrification come mitizzazione della ricerca”), che si dispongono in prossimità della polarità destra6. Tale polarizzazione sottolinea come la prima dimensione fattoriale permetta di distinguere quei Nuclei di Significato che maggiormente si organizzano entro un paradigma concettuale che concepisce i processi sociali quali dimensioni invarianti e universali e li codifica secondo modelli economicisti, lineari e razionali, da quelli per i quali la realtà sociale è il frutto di una costruzione, ovvero di una continua interpretazione degli eventi sociali da parte degli attori che vi prendono parte, e che codificano i processi di cambiamento secondo modelli culturalisti ed etnografici.
In tal senso, la letteratura sulla gentrification sembra da un lato qualificarsi come un dispositivo concettuale che assume i cambiamenti prodotti nello spazio urbano secondo categorizzazioni predefinite e generalizzabili, che non necessitano di verifiche in quanto si prestano ad essere utilizzate in senso indicativo e definitorio; dall’altro, invece, la letteratura sembra produrre delle dimensioni critiche circa la linearità del cambiamento, per cui si richiamano ad impianti metodologici che guardano alla ricerca quale modalità per validare concetti e strumenti conoscitivi inerenti il cambiamento urbano. In questa seconda chiave di lettura la gentrification diventa una categoria interpretativa della realtà capace di adottare un paradigma conoscitivo di tipo esplorativo.
In relazione alla seconda dimensione, si osserva una polarizzazione netta fra il NS4 (“Il modello tecnico della verifica dei processi di cambiamento”), che si colloca verso la polarità in alto della dimensione verticale, e il NS2 (“Il modello divulgativo ideologizzato”) collocato in basso7. Tale polarizzazione riflette i due diversi impianti concettuali emergenti dai contributi analizzati, distinguendo chiaramente quelli interessati da un carattere divulgativo e descrittivo da quelli che hanno una matrice tecnica. Come accennato in precedenza, tale polarizzazione fra i diversi NS appare implicitamente esprimere, ad un secondo livello interpretativo, anche il valore d’uso che, per il lettore/utilizzatore, i contributi possono assumere. In tal senso, possiamo immaginare che la dicotomia emergente fra i diversi nuclei di significazione riguardi uno schema che definiamo “tecnico/profano”. Laddove emerge un carattere divulgativo nella produzione inerente la gentrification, il lettore cui ci si rivolge non è un utilizzatore tecnico, ma semmai uno che necessita di indicazioni didascaliche, volte a fare emergere in modo chiaro e preciso l’oggetto di cui occuparsi in modo tale da poter sostenere le sue decisioni (e potrebbe essere questo il caso del fruitore istituzionale o politico, che dovesse, per esempio, decidere di future trasformazioni urbane). Di converso, nel caso in cui il contributo assume un carattere tecnico, il lettore è evidentemente pensato come un utilizzatore esperto, un professionista che mostra un’expertise in merito all’oggetto presentato.
4.4 Le trasformazioni temporali nei contributi sulla gentrification
Allo scopo di approfondire la nostra analisi, oltre al posizionamento dei Nuclei di Significato sul Campo Simbolico, si è presa in considerazione la variabile temporale concernente la produzione dei contributi scientifici messi in analisi.
La Figura 2 evidenzia come, nel corso del tempo, la letteratura sulla gentrification si sia progressivamente spostata da una posizione concernente un paradigma causalista, fondata sull’interpretazione dell’invarianza dei fenomeni, ma anche fondamentalmente interessata all’intervento trasformativo, per rivolgersi ad un paradigma costruttivista-interpretativo di comprensione della realtà, però fondamentalmente ripiegato su un’attività di ricerca, che tuttavia appare scissa da un’ipotesi di intervento. Tale spostamento sembra, dunque, da un lato concernere il superamento dell’adozione di modelli normativi in luogo di una concezione meno autoreferenziale e connessa alla necessità di fondare la lettura dei cambiamenti urbani su modelli interpretativi di natura socio-culturale; dall’altro, però, sembra sottolineare anche la crisi prodottasi in quell’iniziale e pioneristico atteggiamento guidato dal desiderio di comprendere e orientare modelli di intervento sugli spazi urbani in trasformazione, verso una modalità di conoscenza della realtà che di fatto scinde la conoscenza dall’intervento. Se, infatti, nei primi anni d’uso della categoria la produzione scientifica si interessava all’intervento (pur venendo supportata da un orizzonte concettuale sostanzialmente autoreferenziale ed asfittico, dunque di fatto improduttivo rispetto allo sviluppo teorico della categoria stessa), nel corso del tempo si osserva un’apertura allo studio ed alla ricerca, e in conseguenza di ciò al fallimento dei paradigmi causalisti, ma anche ad una forma di ripiegamento su se stessa della ricerca (in una sorta di mitizzazione della stessa, come abbiamo osservato nel quinto Nucleo di Significazione), quasi a sottolineare l’incapacità di confrontarsi con gli interlocutori interessati dal cambiamento urbano e di tradurre le nuove informazioni rilevate dall’ambiente in categorie utili per potervi intervenire su.
5. Discussioni
Di seguito riprendiamo e commentiamo i principali risultati delle analisi effettuate.
1. Innanzitutto si vuole sottolineare come il breve excursus storico proposto all’inizio del lavoro, da un lato, e l’enucleazione dei cinque diversi modelli di significazione emergenti dall’analisi della letteratura, dall’altro, abbiano permesso di sottolineare, in modi diversi ma convergenti, il carattere polisemico della nozione di gentrification. Tale caratteristica ci pare possa essere primariamente interpretata come il frutto di un incessante processo di elaborazioni, rielaborazioni e ricostruzioni successive che, in un arco di tempo di oltre 40 anni, ha permesso alla nozione in questione di affermarsi in un vasto panorama scientifico e entro un orizzonte disciplinare assai vario, ma che non sono state in grado di approfondirne la portata teoretica in un orizzonte concettuale consolidato. Alla luce della diffusione, in letteratura, del concetto di gentrification, si può osservare come questo si sia andato disancorando dall’iniziale formulazione, assumendo progressivamente contenuti diversificati. In rapporto a questa trasformazione si sottolinea un corrispondente indebolimento del fondamento teoretico, che ipotizziamo si sia verificato per quello stesso processo di oggettificazione che per Moscovici (1961) doveva essere attribuito ai termini e ai modi con cui, una conoscenza scientifica diventa patrimonio del senso comune, ma che ha caratterizzato lo stesso cammino di molti concetti scientifici utilizzati nelle scienze sociali (Salvatore, 2006). In questo caso si può pensare che gli studiosi delle scienze sociali che hanno usato tale nozione, abbiano contribuito a qualificarla sempre più in termini descrittivi – relegandola a specifico indicatore di fenomeni (o dati) di realtà – ma non dotandola di una modellizzazione che permettesse la spiegazione dei processi osservati. In rapporto a ciò, ci si potrebbe chiedere per quale motivo, nel tempo, l’uso di tale nozione sia stato così diffuso. Crediamo che per rispondere a questo interrogativo non si possa ricorrere alla “bontà” del costrutto (che anzi ha mostrato i limiti sopra accennati), ma anzi pensiamo che il consenso sociale generatosi attorno a questa categoria sia da connettersi alla rilevanza pragmatica acquisita da una nozione che, pur teoreticamente imprecisa, ha permesso agli studiosi di qualificare dei processi sociali emergenti entro il contesto urbano, altrimenti “incomprensibili”.
2. Una seconda questione riguarda la caratterizzazione in termini di reificazione delle varie declinazioni del costrutto di gentrification, declinazioni che spaziano da un’area di significato che definisce in maniera normativa il cambiamento urbano ad una in cui invece si normativizza il ricorso alla ricerca sui fenomeni di cambiamento, al contempo sostanziando la distanza dalle pratiche di intervento. Proviamo a chiarire quanto detto, sottolineando come ogni concetto, in quanto costrutto, non rappresenta la realtà cui si riferisce in quanto tale, ma la costruisce, appunto. Ciò che si osserva nel caso della gentrification è esattamente il contrario: la pretesa di descrivere un processo di trasformazione quale dato di realtà. Per cogliere questo punto, proponiamo di risalire alla definizione originaria del neologismo gentrification, nell’idea di rintracciare nella scelta di tale nome il segno di quanto osservato. Alla voce gentrification, l’Oxford English Dictionary recita: “conversione di un quartiere operaio o del centro città in un quartiere di residenza per la classe media”. Lo stesso dizionario non fornisce delle immediate spiegazioni circa le origini del termine, ma rimanda ad altre due voci: gentry e gentrify. La prima, sostantivo, si riferisce invece alla “piccola nobiltà”, alla “borghesia”; la seconda, forma verbale, indica: “il rinnovamento di una casa o di un quartiere conformemente ai gusti della classe media”. Nella sua forma sostantivata il termine “gentrification” restringe linguisticamente la complessità connessa al processo di trasformazione di un quartiere – opportunamente segnalata dalla forma verbale – calcificandola – nel sostantivo – in un fenomeno statico. Si potrebbe dire che nella scelta di sostantivizzare un verbo si sia dato il la alla creazione di una categoria che sclerotizza un processo di cambiamento in una forma statica. In tal senso, il pattern di caratteristici fenomeni co-occorrenti nel processo di trasformazione che si segnala con il termine – ad es., la localizzazione urbana del fenomeno di cambiamento, la trasformazione demografica, la trasformazione inerente il sistema sociale di convivenza – diventano “pezzi della realtà” che, con una nozione a disposizione (quella di gentrification, appunto), è possibile descrivere in modo universale.
3. Riandando ai risultati dell’analisi delle corrispondenze, abbiamo visto che la prima dimensione simbolica emergente dall’analisi lascia intravedere quella che abbiamo proposto di considerare la scissione fra l’intervento e la ricerca. In modo forse paradossale, possiamo concepire questa separazione come il venir meno dello scopo originario che aveva dato senso alla categoria in questione: una categoria che fornisse criteri di definizione di un processo di cambiamento urbano e un corrispondente sistema di intervento ad esso connesso. È evidente che la scissione ora richiamata di fatto sostanzia il fallimento nell’uso di un concetto che, se da un lato è stato in grado di esprimere modelli di ricerca, non è stato in grado di connettere la conoscenza ottenuta in rapporto a questa per governare efficacemente dei processi di intervento.
4. Ad un altro livello, abbiamo anche osservato come la prima dimensione estratta dall’analisi di fatto segnali un’ulteriore scissione che abbiamo proposto di riferire al più generale dibattito filosofico che attraversa tutto il sistema teorico delle scienze sociali. Nel caso in questione, potremmo tradurre questo dibattito nella domanda: i processi di cambiamento urbano vanno descritti nella loro statica invarianza ed universalità – dunque in rapporto alla sostanza ontologica che appare a un osservatore – oppure vanno declinati entro la loro contestuale variabilità, dunque interpretati in rapporto alla situazione in cui si verificano? È evidente che posta in tal senso, il dualismo stereotipato della questione non può che restare irriducibile, e perciò non trova soluzione. È pur vero, però, che i processi di cambiamento che hanno investito a livello mondiale i sistemi sociali, economici ed organizzativi, hanno portato ad una radicale destabilizzazione ambientale, che ha richiesto la revisione delle categorie interpretative tradizionalmente utilizzate per categorizzare il rapporto modelli conoscitivi/ambiente e ormai divenute obsolete (Salvatore, Guidi, 1996). La messa in evidenza di un spostamento occorso nella produzione scientifica riguardante la gentrification – che ha portato ad assumere sempre meno, nel corso del tempo, il nesso azione/contesto in termini stabilità per concepirlo sempre più in termini di variabilità – segnala l’evoluzione concettuale che, nell’ambito delle scienze sociali in generale, ha portato alla ridefinizione dell’immagine del sistema sociale, non più inteso come mero contenitore dei processi dinamici che l’attraversano, ma concepito come modulatore attivo degli stessi.
5. Ci pare nel complesso di poter osservare come una forse insufficiente elaborazione teorica della nozione di gentrification ne ha fatto, nel tempo, un costrutto metodologico capace di comprendere e descrivere in fenomeni cui si riferisce, ma sostanzialmente inconsistente se alla luce di esso si intendono trattare i cambiamenti urbani, eventualmente declinandoli entro una strategia di intervento e sviluppo. Se il costrutto di gentrification è nato come tentativo di dare senso ad una variabilità ambientale non comprensibile in rapporto ai modelli allora a disposizione, lo stesso ha finito per tradursi in un modello descrittivo dei cambiamenti, un modello sostanzialmente incoerente con la funzione di intervento in rapporto a problemi che molte discipline sociali si danno quale vision. Reificando l’oggetto che vuol descrivere (Fini, 2008; 2010), e definendolo alla stregua di una cosa o un fenomeno piuttosto che come un processo che si manifesta dentro una costruzione sociale, il concetto di gentrification rimane un modo per guardare ai cambiamenti urbani interessati da una trasformazione della città dal punto di vista socio-demografico (dalla cosiddetta classe operaia, una certa zona passa ad essere abitata dalla cosiddetta classe media), in una elevazione di censo (si assume il miglioramento del benessere ma in rapporto all’accresciuta disponibilità economica media degli abitanti del quartiere) e in un miglioramento del decoro urbano (si osserva che, in rapporto ai criteri estetici contemporanei, i quartieri interessati dalle trasformazioni complessivamente migliorano il proprio aspetto).

6. Conclusioni e proposte di sviluppo
Alla luce di quanto osservato, in conclusione del lavoro ci pare di poter sostenere che le scienze che hanno fino ad oggi utilizzato il costrutto di gentrification non siano state in grado di ancorare tale costrutto ad un modello dinamico di cambiamento. Per questo ci pare utile suggerire come un’area di sviluppo del costrutto in questione sia proprio quella di dotarlo di una teoria del cambiamento, una teoria che permetta di farlo emancipare da una concezione definitoria dei processi di cambiamento per permettere di adottarlo in rapporto al governo dello sviluppo dei processi di trasformazione riguardanti il tessuto urbano e sociale. In sostanza, dal nostro punto di vista si tratta di ricomporre la scissione emergente fra azione e contesto, prodottasi dall’incapacità di trattare in termini di variabilità le trasformazioni avvenute nei contesti urbani. La ricomposizione del nesso azione/contesto non può più infatti avvenire secondo una soluzione che concepisce il contesto come un contenitore statico in rapporto al quale si possa adoperare una concezione lineare dei fenomeni di trasformazione dell’ambiente urbano e sociale. Si tratta semmai di concepire il contesto nella sua dinamicità, dotandosi appunto di modelli che concepiscono il cambiamento in termini dinamici e non lineari. Riteniamo che a sostegno di questo obiettivo di “ricomposizione” della scissione evidenziata, sia utile ancorarsi alla crescente domanda che, dal punto di vista istituzionale, si sta esprimendo nella ricerca di soluzioni efficaci per regolare le trasformazioni del sistema urbano e sociale. Per raggiungere tale traguardo si ritiene che le discipline sociali debbano cominciare ad implicarsi su due versanti di sviluppo diversi: da un lato, lo sviluppo teoretico dei paradigmi utilizzati per modellizzare le conoscenza acquisite; dall’altro, colmare il gap ormai sensibile fra l’innovazione accademica e la domanda sociale e istituzionale.
Rispetto al primo punto, abbiamo visto che l’adozione di pratiche di ricerca che abbiano lo scopo, entro una strategia evidence-based, di far emergere i modelli di intervento migliori, può essere interpretato come un modo per mitizzare la ricerca stessa. La ricerca, in quanto guidata da modelli concettuali talvolta impliciti, non può sostanziare visioni del mondo altre rispetto a quelle premesse categoriali in cui si inscrive. Generalmente, semmai, la ricerca valida le proprie premesse concettuali; talvolta, ma solo talvolta, può essere un modo per rivedere alcuni criteri sulla base dei quali si è sviluppata. Il che ci porta ad affermare, come detto in precedenza, che non è con la ricerca sulle cause e sugli effetti reali, concreti, effettivi, della gentrification che si può credere di recuperare il senso della trasformazione urbana. Semmai è su una revisione concettuale del modello teorico di cambiamento adottato da chi si occupa delle trasformazioni urbane – da una concezione statica ad una dinamica; da una concezione universalistica a una contestualmente situata; da una concezione ontologica e essenzialista della realtà, ad una socio-costruita… – che deve insistere.
Il secondo punto riguarda la necessità di sviluppare nuove categorie atte a cogliere la domanda di comprensione del cambiamento da parte delle istituzioni e del sistema sociale e a dotarla di nuovi e più efficaci modelli di intervento. In tal senso, lo sviluppo avrebbe bisogno di prendere in considerazione almeno due organizzatori di senso: la frammentazione culturale emergente nella pletora di attori che si occupano di trasformazioni urbane (attori istituzionali e politici, urbanisti, scienziati sociali, stakeholder), e la scissione storicamente evidenziata fra istituzioni e popolazione dei quartieri oggetto di fenomeni trasformativi di tipo gentrificatorio. Insistere su entrambi i versanti significa sostenere l’idea di fondo che le trasformazioni di un ambiente non si declinano a prescindere dal o malgrado il relativo contesto socio-culturale, ma grazie ad esso. In altre parole, se governare il cambiamento operando con una declinazione a monte dei risultati da perseguire è un’azione votata all’istituirsi di una logica di potere e controllo sul sistema sociale – dunque, almeno potenzialmente, si presta al fallimento del controllo e del potere sul sistema sociale – riteniamo che una risorsa a sostegno dello sviluppo possa essere quella di promuovere presso gli attori implicati una competenza a esprimere e a interpretare le domande sociali concernenti il territorio in cui le trasformazioni urbane sono in atto. Operare nella logica di interpretare le esigenze del contesto può costituire una risorsa per l’intervento a sostegno del cambiamento stesso, una risorsa in grado di offrire agli attori che da un lato si occupano e dall’altro sono oggetto della trasformazione urbana uno strumento efficace di comprensione e dunque anche di governo dello stesso. È in quest’area di intervento che rivendichiamo l’adozione di modelli psicologici che si occupano dello sviluppo culturale dei sistemi sociali in quanto sollecitano la competenza a interpretare le criticità connesse al cambiamento e sollecitano la possibilità di intervenire nella scissione evidenziabile fra il governo tecnico del cambiamento e la domanda sociale di convivenza, in grado di superare anche quella scissione tecnico/profano che in modo prevalente e altamente incompetente continua a emergere nel nostro sistema sociale.


Note
* Psicologo, Psicoterapeuta, Docente a Contratto presso l’Università del Salento.
** Psicologa.
1 Tra le altre ricordiamo la sociologia urbana, l’antropologia, l’economia, la pianificazione territoriale e la geografia.
2 “Molti dei quartieri popolari di Londra, uno dopo l’altro, sono stati invasi da esponenti della classe media, sia medio alta che medio bassa. Non appena scaduto il contratto di locazione, modesti cottage, con due stanze al pian terreno e due stanze al primo piano, e piccole stalle dismesse, sono diventati eleganti e costose residenze. Una volta cominciato in un quartiere, questo processo di gentrification va avanti rapidamente, fino a quando tutti o quasi tutti gli esponenti della originaria classe operaia non si saranno trasferiti e il tessuto sociale dell’intero distretto sarà radicalmente cambiato” (Glass, 1964, pag.15).
3. Con il termine riurbanizzazione si intende la registrazione e di un incremento demografico e di una ripresa degli insediamenti verso il centro delle città (Detragiache, 2003). Si tratterebbe dunque di un processo di redistribuzione spaziale dei gruppi sociali all’interno della città.
4. Questa teoria è conosciuta anche come “teoria del differenziale d’acquisto”. Essa distingue concettualmente l’affitto del suolo capitalizzato al momento dello studio sul campo e il potenziale d’affitto secondo una logica di miglior profitto possibile (Smith, 1979). Smith sostiene che mettendo tra loro in rapporto questi due indicatori, in caso di degrado edilizio, il gap che si rileva in un dato territorio raggiungerebbe una soglia critica, segnalando la possibilità di intraprendere degli investimenti altamente redditizi in processi di riqualificazione, secondo una logica di “higher and best use” (Smith, 1987).
5 In prima battuta, si è fatto riferimento ad alcuni data base indicati dalla International Bibliography of the Social Science (IBSS). La IBSS è una banca dati che include circa due milioni di contributi di diversa provenienza disciplinare (antropologia, economia, geografia, sociologia, scienze politiche, urbanistica tra le altre), stilati dal 1951 ad oggi. Attraverso la IBSS si può accedere ad altre banche dati di minore capienza, sempre focalizzate sulle scienze sociali e sugli apporti interdisciplinari intorno ai temi oggetto di riflessione e ricerca (www.csa.com). Tra queste banche dati sono state utilizzate maggiormente: la Regional Business News, la World Wide Political Science Abstracts, la Sociological Abstracts e la Business Source Complete. Dall’altra, si è utilizzato il motore di ricerca Google per quanto concerne i contributi di tipo divulgativo e Google Scholar per esplorare i manuali accademici e i testi universitari.
6. Il NS2, collocandosi nell’immediata prossimità del baricentro del primo fattore, non risulta saturato significativamente da quella; a livello interpretativo, questa informazione suggerisce come tale Nucleo di Significato sul piano simbolico non sia “interessato”, dunque definito, dalla prima dimensione estratta dall’analisi.
7 Anche i NS1 e NS5 risultano associati, rispettivamente, dalle polarità bassa e alta, ma in maniera meno polarizzata rispetto ai NS2 e NS4. Il NS3, invece, non risulta interessato dalla seconda dimensione fattoriale.


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