Oltre a essere responsabile di danni ai polmoni e al cuore, l’inquinamento dell’aria viene ora direttamente chiamato in causa anche come fattore scatenante di attacchi d’ansia e di eventi cardiovascolari acuti, come l’ictus. Lo indicano due recenti ricerche pubblicate sul British Medical Journal (BMJ) da due differenti gruppi, uno americano, uno britannico.
Ricerca su 70mila infermiere americane e l’ansia
La ricerca sugli stati d’ansia è stata realizzata su una coorte di infermiere che erano entrate a far parte di un importante studio osservazionale, il Nurse’s Health Study. Per oltre settantamila infermiere che vivono nei vari stati americani sono stati raccolti attraverso uno studio cross sectional (studio osservazionale trasversale) dati di esposizione agli inquinanti ambientali e rilevate informazioni concernenti il loro livello di manifestazioni ansiose. Il risultato di questo studio ha messo chiaramente in luce l’esistenza di una relazione tra l’esposizione alle polveri PM 2.5 in particolare e i sintomi ansiosi. Al crescere dell’inquinamento dell’aria segue entro un mese un incremento delle manifestazioni d’ansia. L’ipotesi dei ricercatori, guidati dalla dottoressa Melinda Power del Department of Epidemiology dell’Harvard Medical School of Public Health è che l’inquinamento dell’aria possa indurre o esacerbare l’ansia attraverso l’aumento dello stress ossidativo e del livello di infiammazione sistemica.
Studio britannico sugli episodi di ictus
Lo studio britannico è stato invece realizzato con la tecnica della metanalisi di studi osservazionali. Gli autori della ricerca hanno valutato i risultati di oltre cento diversi articoli scientifici che hanno studiato la possibile relazione esistente tra l’inquinamento e gli episodi di ictus, sia emorragico, sia ischemico. Alla fine è emersa una precisa correlazione temporale tra il livello di inquinamento dell’aria e l’incremento di ricoveri in ospedale per ictus, ma anche di mortalità specifica per questa causa. Gli autori di questa ricerca hanno poi indicato i possibili meccanismi attraverso i quali l’inquinamento potrebbe essere responsabile dell’insorgenza degli ictus. Ipotizzano una diretta azione degli inquinanti, anche in questo caso in particolare le polveri PM 2.5, sull’endotelio arterioso (il sottile strato cellulare che ricopre internamente le arterie), associato a un’iperattività del sistema nervoso autonomo, da cui deriverebbero vasocostrizione, aumento della pressione arteriosa, ischemia. «Un altro importante effetto potenziale dell’inquinamento dell’aria concernente l’ictus», dicono gli autori dello studio, guidati dal dottor Anoop Shah dell’University Centre for Cardiovascular Science di Edimburgo, «è il rischio di aritmie atriali, che può predisporre a eventi tromboembolici. E’ plausibile che l’associazione tra l’esposizione a breve termine all’inquinamento dell’aria e gli eventi cardiovascolari sia il risultato di questi importanti meccanismi». C’è da sottolineare che le ricerche pubblicate sul BMJ rientrano nell’area degli studi osservazionali, considerati poco adatti a cogliere correlazioni di causa-effetto. In questo caso, però, le conclusioni raggiunte sono considerate solide, sia per le dimensioni degli studi, sia per l’attenta disamina di possibili elementi confondenti presi in esame nel trarre le conclusioni.
Effetti negativi da subito anche in utero
Purtroppo sembra anche che i danni dell’inquinamento sull’organismo umano possano iniziare a manifestarsi molto presto, forse già addirittura nell’utero. Una ricerca pubblicata su JAMA Psychiatry e condotta da alcuni studiosi guidati dal dottor Bradley Peterson dell’Institute for the Development Mind del Children’s Hospital di Los Angeles indica infatti che l’inquinamento da idrocarburi aromatici policiclici altera lo sviluppo di una parte del cervello, in particolare la superficie della sostanza bianca dell’emisfero sinistro, alterazione da cui deriva una riduzione della velocità di processamento delle informazioni. Un fenomeno che potrebbe aumentare il rischio di sviluppare un Disturbo da deficit di attenzione/iperattività. «I risultati di questi studi supportano la necessità di focalizzare maggiormente l’attenzione sull’inquinamento dell’aria come un’importante preoccupazione di salute globale», dice in un editoriale sul BMJ il dottor Michael Brauer, della School of Population and Public Health dell’University of British Columbia di Vancouver. «Anche una modesta riduzione nel livello di inquinamento dell’aria potrebbe avere vaste ricadute positive sulle popolazioni».
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