Professore, leggendo il suo libro si ha un'immagine dei nostri tempi che lascia poco spazio alla speranza.
"Sta cambiando tutto. Anzi, tutto è già cambiato. Eppure la maggior parte delle persone non se ne rendono conto davvero. Perché in fondo scattare una foto con uno smartphone sembra un atto simile a quello che facevano i nostri genitori con una macchina fotografica analogica. Così come cercare sul web può assomigliare al fare una ricerca in biblioteca".
E non lo è.
"No. Possiamo avere informazioni in tempo reale, pubblichiamo la nostra vita privata sui social network, e ogni cosa che facciamo diventa un dato usato per condizionare le nsotre scelte".
Cosa intende?
"Dipendiamo così tanto dai motori di ricerca che non ci rendiamo conto di come i risultati che mostrano vengano continuamente manipolati a fini commerciali. Provi ad immaginare la stessa cosa in una biblioteca".
Un'accusa mossa più volte, in Europa come negli Stati Uniti. Basti pensare al saggio The Filter Bubble di Eli Pariser e ai presunti favoritismi fatti da Google ad Hillary Clinton, smentiti ufficialmente da Mountain View, per mostrare solo link a siti che ne parlano bene.
"Al di là dei singoli casi, quel che conta è la manipolazione di una delle nostre principali fonti di percezione della realtà. Google è un'azienda che insegue il profitto e che cambia i suoi risultati delle ricerche fatte dagli utenti di conseguenza. Amazon non necessariamente mostra il prezzo più conveniente di quell'articolo che stiamo cercando, ma quello che con ogni probabilità siamo disposti a pagare. Nel codice di Pokémon Go c'erano segnati le coordinate dei McDonald's fin dall'inizio per piazzare dei pokestop. Il punto è che nessuno avverte queste forme di pubblicità e promozione come tali. La nostra è una percezione continuamente distorta".
Nel suo libro c'è un intero capitolo su Wikipedia.
"Una delle enciclopedie più consultate al mondo è frutto di un esercito di persone che scrivono e correggono le varie voci. Persone delle quali spesso non si conosce il nome, le competenze, la formazione. Non ci sono annunci pubblicitari, eppure tante compagnie private fanno donazioni alla Wikimedia Foundation e le pagine che le riguardano sono sorprendentemente prive di critiche. Ciò nonostante tutti pensano a Wikipedia come esempio di un web democratico e privo di condizionamenti. Singolare, considerando le voci completamente fasulle o cambiate contro ogni logica".
Il caso del romanzo La macchia umana di Philip Roth...
"Già, su Wikipedia si è sostenuto che il protagonista era ispirato Anatole Broyard, critico e giornalista del New York Times, malgrado lo stesso autore avesse detto che non era così e che ignorava completamente la storia di Broyard. Non c'è stato verso di correggere quella voce, per anni e anni. Paradossale. Di nuovo: il tema è che poche persone hanno gli strumenti per capire davvero come e perché gli viene presentata una certa interpretazione della realtà o del sapere. Tanti, troppi, prendono per buono quel che gli viene detto. Le informazioni in Rete, soprattutto quelle fasulle, si propagano con la stessa modalità delle epidemie. Solo a ritmi accelerati. E in questo caos dove tutto è messo sullo stesso piano rischiamo di perderci".
Ogni rivoluzione porta dei cambiamenti. Non sempre positivi.
"Stavolta ci sono delle differenze. Google non fornisce semplicemente un servizio, fornisce una estensione dei nostri sensi. Il problema? Che in nostri sensi acquisiti sono di altre persone. Multinazionali per l'esattezza. Anzi, una nuova forma di azienda transazionale con capitali che non vengono tassati e che traccia tutto quel che facciamo. Possiamo provare a legiferare per limitare la loro sfera di influenza, ma non credo funzioni. Perché alla fine a noi conviene dare tutte queste informazioni e avere in cambio decine di servizi gratuiti. A nessuno interessa davvero se usano i nostri dati, ma almeno dovremmo esser ben coscienti che lo fanno".
Si stava meglio quando si stava peggio?
"No, assolutamente. Credo fortemente che il mondo di oggi sia migliore del mondo di ieri da tanti punti di vista.
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