Nel complesso, considerando tutti gli studi, la prevalenza di depressione o sintomi depressivi è stata del 27% , una percentuale maggiore rispetto alla popolazione generale, e l’11% ha riferito di aver pensato al suicidio durante gli studi. La depressione interessa gli studenti a tutti i livelli del percorso di formazione e solo il 16% degli studenti con sintomi di depressione aveva cercato un aiuto. Questi risultati sono preoccupanti – scrivono gli autori dello studio – perché lo sviluppo di depressione e tendenze suicide è stato collegato ad un aumentato rischio a breve termine di suicidio ma anche ad un maggior rischio a lungo termine di episodi depressivi e di altre patologie fisiche, che ormai sappiamo essere associate alla depressione, con delle ricadute importanti e durature sulla salute.
RIDURRE ANSIA E STRESS LIMITANDO LA COMPETIZIONE
«Le possibili cause di una sintomatologia depressiva e suicida in questi studenti includono probabilmente lo stress e l’ansia legati alla competitività delle scuole di medicina. Un miglioramento potrebbe venire da una ristrutturazione dei programmi scolastici e dei criteri di valutazione» scrivono gli autori, guidati da Douglas Mata del Brigham and Women’s Hospital e dell’Harvard Medical School di Boston. «La ricerca futura dovrebbe anche determinare in che misura la depressione durante l’università predice la depressione durante il successivo periodo di specializzazione e se l’efficacia degli interventi volti a ridurre la depressione negli studenti permane anche durante la specializzazione». Infine, puntualizzano gli autori, è necessario impegnarsi costantemente per ridurre eventuali ostacoli nell’accesso ai servizi di salute mentale, anche affrontando lo stigma e il pregiudizio che ancora esistono verso tali disturbi.
BENESSERE MENTALE E AMBIENTE LAVORATIVO
Per quanto riguarda invece il burn-out dei medici (fenomeno in crescita, con metà degli specializzati già in burn-out alla fine del percorso formativo), a ribadire l’importanza della sua prevenzione al fine di garantire il benessere dei professionisti, ma anche quello dei pazienti, è anche uno studio pubblicato sullo stesso numero della rivista e condotto all’Università di Manchester, secondo il quale l’efficacia degli interventi aumenterebbe agendo non a livello dei singoli professionisti ma trattando il problema a livello di organizzazione aziendale.
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