La celebrazione di un genocidio
«A nome della comunità italiana, dico che vogliamo celebrare con voi, ma non vogliamo farlo a spese del Columbus Day», ha affermato Ann Potenza, presidentessa dell’associazione Federated Italo-Americans of Southern California, cercando di difendere la festività — istituita a livello federale da Franklin Roosevelt nel 1937 — in un’aula stipata di attivisti nativi americani che ne chiedevano l’immediata sostituzione. Il tentativo estremo della comunità italoamericana non è bastato tuttavia a convincere Chrissie Castro, vice presidentessa della Los Angeles City-County Native American Indian Commission, secondo la quale la città doveva «abolire la celebrazione, sponsorizzata dallo Stato, del genocidio delle popolazioni indigene». Festeggiare in un altro giorno, ha sostenuto Castro durante l’infuocata seduta del consiglio comunale, «sarebbe stata un’ulteriore ingiustizia».
La frattura italoamericana
La stessa comunità italoamericana di Los Angeles, però, si è divisa sul destino del Columbus Day. L’unico voto contrario è stato quello del consigliere comunale Joe Buscaino, italoamericano di prima generazione, che ha provato a salvare la festività ricordando i pregiudizi di cui erano stati vittime gli italiani negli Stati Uniti. «Non curiamo un affronto con un altro affronto», ha chiesto ai colleghi ricordando che «tutte le nostre culture individuali sono importanti». Favorevole all’abolizione era invece il consigliere comunale Mike Bonin, i cui bisnonni arrivarono dall’Italia in California, secondo il quale la celebrazione del Columbus Day sminuirebbe i traguardi raggiunti dai propri antenati, «che giunsero negli Stati Uniti per costruire qualcosa, non per distruggere». La decisione di rimpiazzare il Columbus Day con l’Indigenous People Day, ha spiegato, «è solo un piccolo passo per scusarci e fare ammenda».
L’ideologia esasperata
Eppure per molti italiani d’America la guerra dichiarata a Colombo — la cui miccia fu accesa nei primi anni Novanta dauna provocatoria copertina di Time che si chiedeva se il navigatore genovese fosse un eroe oppure un aggressore — rappresenta uno schiaffo in faccia all’intera comunità. «Quello che sta succedendo in questa grande Nazione, e che si espanderà probabilmente in altri continenti, è a dir poco anti democratico, anti storico e deplorevole, frutto di ignoranza e di una ideologia esasperata. Come tanti italo-americani, mi sento offeso e attaccato», dichiara al Corriere della Sera Vincenzo Arcobelli, rappresentante eletto al Consiglio Generale Italiani all’estero per gli Stati Uniti, che denuncia «gli atti vandalici e violenti portati avanti da gruppi radicali di estrema sinistra» commessi contro le statue dell’esploratore italiano e di Italo Balbo a Chicago. «Abolire la giornata di Colombo o rimuoverne una statua significherebbe eliminare un pezzo di storia, di cultura e di tradizione italiana».
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