In un documento MIUR
(http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/cs281016bis) c’è un
aggettivo che tradisce/svela improvvisamente i fenomeni in atto nel mondo della
scuola. L’aggettivo è ACCATTIVANTE e viene usato per dire che le nuove
tecnologie dovrebbero essere usate per rendere la “didattica più accattivante e innovativa ”.
L’affermazione è tale da indurre l’operatore educativo a fare una serie
di osservazioni:
- “accattivante”
è un aggettivo che ha un senso preciso nella comunicazione
pubblicitaria; è qui, infatti, che il messaggio ha lo scopo principale
di attirare l’attenzione dell’interlocutore, di sorprenderlo, stupirlo,
emozionarlo per trattenerlo impedendogli di cambiare canale TV magari;
l’interlocutore, nel caso della
pubblicità, è, tuttavia, soprattutto un potenziale acquirente/consumatore,
un individuo effettivamente ed
affettivamente assoggettato a questo tipo di sistema;
- nell’esperienza
educativa e scolastica, la comunicazione è trasformabile/riducibile alla
comunicazione pubblicitaria? Sarebbe assurdo rispondere affermativamente,
ma evidentemente qualcuno lo pensa e lo crede possibile; non è, invece,
questo momento un momento critico, riflessivo, di presa di distanza dal
vivere quotidiano proprio per capire come è costruito il vivere quotidiano
e il mondo sociale in cui siamo finiti?
- le
situazioni comunicative, nella realtà effettiva, sono ancora molteplici e
differenti (per fortuna: ma per quanto tempo ancora?). Ridurre tutto
alla comunicazione spettacolarizzante/commerciale/pubblicitaria sarebbe
un’operazione davvero sconcertante e dai tratti socio-politici
pericolosamente inquietanti (tuttavia ci sono autori che sostengono
che questo riduzionismo sia già avvenuto, cfr. Turcke, “La società
eccitata”: “la pubblicità diventa l’agire comunicativo per eccellenza, il
modello per ogni forma di comunicazione; lo spot mostra come
l’informazione si trasmetta nel modo più economico perché più intenso” (43));
- va
ricordato che, nella nostra tradizione, hanno avuto la meglio due stili
prevalenti, rispecchianti due modalità del pensare diverse: uno di tipo
retorico, l’altro di tipo razionale/oggettivo; che questi due tipi di
stile di pensiero si siano fronteggiati vorrà dire pure qualcosa,
soprattutto al mondo degli insegnanti che di questo proprio si occupa ogni
giorno!!
- l’aggettivo
rimanda, inoltre, alla sfera sensoriale visivo-auditiva, a modalità
del sentire-pensare di tipo concreto e non astratto (l’astratto, in
effetti, non si vede nè si sente, appare come una dimensione
defisicizzata, smaterializzata: si pensi alle idee platoniche rispetto
alle immagini che lo stesso Platone demonizza, non a caso; sui rischi
socio-politici del “pensiero visivo” cfr. Sartori, Videocrazia); il
pensiero astratto, che si serve di parole, è costretto ad agire
lentamente, a ricercare sempre un referente corrispondente all’enunciato
verbale; l’immagine, al contrario, induce a credere che essa sia,
immediatamente, la realtà (confondendo rappresentazione e realtà);
- un
punto, questo, che ci dovrebbe far riflettere su un fenomeno che, a detta
di molti studiosi della contemporaneità caratterizzerebbe, appunto, le
società di oggi: l’infantilizzazione crescente, con tutto quello
che ne consegue (cfr. Barber, Consumati; Badiou, La vera
vita; B-C. Han, Psicopolitica; Turcke, La società eccitata; Zimler,
Trump ha successo perché siamo tutti più scemi). La diffusione di
dispositivi prevalentemente ottico-auditivi, insomma, ci costringe a fare
i conti con il riaffiorare di modalità comunicative proprie di epoche
arcaiche (cfr. Ong, La presenza della parola; MacLuhan, Gli strumenti del
comunicare) nonché di stadi dello sviluppo cognitivo anteriori a quelli
segnati dall’avvento di facoltà intellettivo-astratte (cfr. Comenio,
Campanella, Rousseau, Piaget);
- il
riferimento alla visualizzazione e all’immagine apre anche un altro
scenario: quello delle mnemotecniche troppo spesso abbandonate al
loro destino dopo l’avvento della scrittura; le strategie di
memorizzazione e di ordinamento dei dati previste dalle mnemotecniche
andrebbero riesaminate per vedere eventuali nessi con quanto gli strumenti
digitali, forse senza saperlo, abbiano con esse (cfr. Niola, Miti d’oggi);
- siamo
sicuri che rincorrere gli studenti all’interno dei loro (presunti)
ambienti telematici considerati ‘naturali’ porti verso qualche risultato?
Da mesi somministro sondaggi alle classi attraverso un programma che
consente questa operazione in modo gratuito (Survio). Ebbene, non ho mai
visto un sondaggio a cui abbiano partecipato tutti gli studenti entro
i tempi previsti! E questo nonostante la maggioranza mi abbia detto
(in un sondaggio specifico) che è collegata ad internet fra le 3 e le 6
ore pomeridiane!!!!!
- le
tecnologie ci mettono di fronte a dei dispositivi rappresentativi e di
messa in forma delle rappresentazioni. A dei CONTENITORI molteplici.
Rispetto al passato, quando il contenitore era solo uno (il LIBRO), oggi
lo studente (ma possiamo chiamarlo ancora così?) è stimolato da questa
molteplicità di contenitori (che cambiano continuamente versione, aspetto
e forma) in modo tale che il rischio odierno è la perdita di vista del
CONTENUTO (per cui, spesso, si sente dire che queste tecnologie dovrebbero
servire proprio a tener desta l’attenzione, ecc.; lo studente del passato
si trovava nella condizione opposta: data la bassa capacità di distrazione
prodotta dal sistema della comunicazione, l’attenzione per i contenuti –
espressi in forme circoscritte- era per forza molto più alta). Il quesito
è: che cosa deve apprendere, oggi, lo studente? Ancora i contenuti dei
saperi? Oppure il modo con cui i contenuti vengono prodotti, conservati,
trattati e trasmessi? Restano, come si vede, gli interrogativi che si sono
avuti nel passato: nel passaggio, ad esempio, dalle mnemotecniche alla
scrittura, come cambia la messa in forma dei contenuti? Quale era la
forma, la disposizione dei contenuti nelle mnemotecniche (luoghi comuni,
stanze, ecc.) e quale diventa questa disposizione con l’avvento della testualità?
- ad
un anno di distanza da queste riflessioni si possono leggere, purtroppo,
solo resoconti su quanto non si sia fatto per fronteggiare questi rischi o
per rispondere in modo critico a questa operazione di colonialismo
digitale: si veda, per tutti, l’articolo di F. Amabile, I compiti?
Guardate i video, https://kikukula2.blogspot.it/2017/10/educazione-piegata-ai-poteri-dominanti.html)
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