In questo
testo Adorno illustra due questioni: 1. gli esiti di una ricerca sui contenuti
di alcune trasmissioni televisive (content analysis); 2. alcune proposte per
migliorare la qualità di questo tipo di prodotti.
La ricerca fu compiuta su un campione di copioni
televisivi (si tratta di sceneggiature scritte di 34 prodotti di diverso
genere) perché essi consentivano la possibilità di esaminarne più volte i
significati, cosa impossibile da farsi durante la trasmissione in diretta. Tali
prodotti, in gran parte sceneggiati, avevano una durata compresa fra i 15 e i
30 minuti, una necessità che Adorno attribuisce alle esigenze del sistema commerciale.
Lo sceneggiato televisivo rappresentava in quegli
anni il 47% della produzione televisiva totale. Secondo l’autore “l’elemento della manipolazione
socio-psicologica si manifesta nella sua forma più chiara in queste
trasmissioni così numerose”.
“Pensati per agire sull’inconscio”
Proprio la
brevità di questi prodotti consentirebbe di eludere l’Io cosciente dello
spettatore per poter, così, giungere all’inconscio di chi guarda. Inoltre le
caratteristiche di fondo di queste produzioni ritornano innumerevoli volte
trasformandosi in uno “schema generale” capace di rafforzare il conformismo e
lo status quo. Terza osservazione, gli spettatori vengono assaliti da “messaggi
palesi o nascosti e forse, nella programmazione, i secondi, in quanto
psicologicamente efficaci, sopravanzano i primi”.
Segue una rassegna di alcune di queste trasmissioni.
Che cosa si vede, praticamente, in esse e quali sono i messaggi che giungono
allo spettatore (che non è sempre uno spettatore ingenuo, naturalmente)? Stereotipi, rappresentazioni
pseudo-realistiche, massime edificanti, schematizzazioni pericolose (come
quella secondo cui “gli stati totalitari non siano altro che la conseguenza di
difetti caratteriali di singoli uomini politici”, pericoloso modo di personalizzare la politica); un certo civettare con la psicoanalisi e la psicologia;
il far credere che gli artisti – e gli intellettuali- siano tutti omosessuali;
il fatto che l’uomo debba sempre difendersi dalle arti seduttive della donna.
Gli effetti deformanti degli sceneggiati
Adorno si
sofferma, in particolare, sugli effetti deformanti prodotti da queste
trasmissioni riguardo i processi e le pratiche proprie della psicologia del
profondo. Le quali, quando vengono tirate in ballo in questi copioni, vengono
rappresentate in modo piuttosto ridicolo. E’ il caso del transfert freudiano, quasi sempre alterato rispetto al suo
significato originario. Così l’analista diventa sempre l’innamorato della
paziente. Oppure i processi di guarigione che saltano i complicati meccanismi
dei ricordi d’infanzia: “se da una parte lo sceneggiato lascia
intendere la propria familiarità con tutte le ultime conquiste della conoscenza
dell’anima, dall’altra parte opera per concetti assolutamente rigidi e statici”. Cosa ancora più grave è che tali sceneggiati alterano il vero
messaggio per certi versi liberatorio
della pratica psicoanalitica: vale a dire la messa in questione dei meccanismi
di repressione degli istinti. Infatti ciò che trionfa è “la morale convenzionale e la
repressione degli istinti piuttosto che la libera manifestazione di essi (…)
Così viene messa in moto una ‘psicoanalisi regressiva’ in senso letterale: lo
sceneggiato glorifica proprio quei meccanismi di difesa attraverso i quali il
processo psicoanalitico, che esso pretende di esporre, cerca di lasciare
penetrare la luce”.
Rispettare la società e le sue regole
Appare
piuttosto singolare, ai nostri occhi, il giudizio adorniano su uno di questi
sceneggiati a sfondo psicoanalitico. La protagonista femminile finisce, di fatto,
per guarirsi accettando le regole e la morale convenzionale, di fatto finendo
per denigrare se stessa, la propria individualità ed autonomia. Non ci sembra
possibile, oggi, pensare che la società americana fosse così chiusa verso
istanze individualistiche e libertarie. Tuttavia è Adorno stesso che ricorda
come molti di questi prodotti fossero, di per sé, ambigui, ammiccanti in
direzione di quello spettatore non ingenuo che pure poteva guardarli.
Conclusioni e
proposte
Sulla base
di queste analisi, la proposta adorniana è quella di “diffondere la consapevolezza di
fenomeni come il carattere ideologico della televisione, non solo fra i
produttori, ma anche fra il pubblico”. Questo
compito potrebbe avere buoni effetti più in Germania che non altrove: lì,
infatti, non ci sono ancora tutti gli interessi economici che sono presenti
negli USA. Si tratta, comunque, di effettuare ricerche più approfondite “volte ad identificare le tecniche
socio-psicologiche adoperate nella produzione televisiva (…) I produttori
dovrebbero vigilare affinché venissero rimosse le provocazioni e gli stereotipi
che, secondo il giudizio di un comitato di sociologi, psicologi ed educatori,
indipendenti e dotati di senso di responsabilità, portano all’istupidimento,
alla deformazione psicologica e all’annebbiamento ideologico del pubblico.
L’elaborazione di tali norme non è così utopica come sembra a prima vista”. Colpisce un discorso del genere, per niente lontano da quanto,
diversi anni dopo, avrebbe sostenuto Karl Popper quando propose una patente per
chi fa televisione.
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