domenica 20 ottobre 2013

TEORIE SOCIALI. S. THANOPULOS, La società psichiatrica, IL MANIFESTO, 19 ottobre 2013

Secondo dati forniti dall'Università di Atene l'incidenza della depressione grave nella popolazione greca è passata dal 3,3% del 2008 a un allarmante 12,3% nel 2013. La depressione colpisce due volte di più i disoccupati (19,8%) e le donne (15,6%) rispetto agli occupati (9,8%) e agli uomini (9%). I più vulnerabili di tutti sono i soggetti scarsamente scolarizzati. L'evidente correlazione tra l'epidemia depressiva e la crisi economica e sociale se da una parte testimonia l'importanza dei fattori ambientali nella determinazione delle malattie psichiatriche, dall'altra fa risaltare il silenzio totale dela politica e delle istituzioni sulla peggiore conseguenza dell'impasse economica.



Da tempo la psichiatria (sotto la spinta propulsiva degli psichiatri americani in gran parte ideologicamente, culturalmente e economicamente collusi con l'industria farmaceutica) si è assestata su una metodologia repressiva che non include più lager manicomiali e camicie di forza ma si basa sul molto più sofisticato, e invisibile, uso di psicofarmaci a largo spettro adoperati disinvoltamente per ogni forma di disagio possibile. La psichiatria di oggi è l'esempio più eloquente di una scienza deviata dalla sua evoluzione, sempre più accampata sullo sviluppo tecnologico e sempre più lontana dalla ricerca vera, che ha soggiogato possibilità reali di alleviamento del dolore psichico ai processi di adattamento e di conformazione al funzionamento patologico dell'attuale sistema economico, che tende a riprodurre a sua immagine e somiglianza l'intera organizzazione sociale. Anestetizzare la sofferenza (cancellando la sua domanda), snaturare la soddisfazione dei bisogni e dei desideri (producendo merci dall'effetto calmante/eccitante), neutralizzare i conflitti (trasformando la loro energia vitale in inerzia) è un processo stabilmente avviato e costantemente oliato in cui l'arbitrio dei mercati e la psichiatria deviata si riflettono a vicenda, al punto che si potrebbe definire il mondo in cui viviamo «società psichiatrica». L'anarchia dei mercati, la mancanza di principi regolatori (che sostituisce la libertà con la confusione), porta inesorabilmente verso la repressione (la norma come unico luogo di convivenza possibile) che è tanto più pericolosa quanto è meno rozza e si diffonde come modo di pensare e di vivere. Non ci illudiamo di poter spiegare il degrado attuale (che se non sarà arrestato porterà alla dittatura e alla barbarie) e l'inevitabile depressione forte dei nostri desideri e delle nostre emozioni, come prodotto consapevole di un soggetto sociale che segue con chiara volontà un disegno preciso. È il modello capitalistico (diventato mentalità anonima collettiva) che gira a vuoto, incapace di garantire le condizioni minime di una vita psichica serena: la disponibilità di tempo e di spazi per la vita privata, la stabilità e la creatività del lavoro, la regolarità e la parità degli scambi sociali sul piano dell'espressione e della soddisfazione del desiderio, l'accesso a attività culturali e luoghi solidali che aiutino a elaborare il dolore e a convertire la precarietà che accompagna le trasformazioni in sperimentazione di nuove forme del vivere. La politica ha smarrito il contatto con la qualità della vita (il buon vivere dei cittadini) e sforna nuneri in cui annega il senso stesso del suo esistere. Prigioniero della sedia in cui siede e della matita che tiene in mano questo automa contabile che gestisce i nostri interessi è sotto l'effetto del più efficace dei tranquillanti: l'assenza di memoria e di desiderio.

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