martedì 12 novembre 2013

NEUROSCIENZE. CERVELLO ED EGOCENTRISMO. UNA RICERCA TEDESCA. REDAZIONE, Così il cervello frena il nostro egocentrismo, IL CORRIERE DELLA SERA, 8 novembre 2013

Un’area cerebrale entra in azione per valutare gli stati emotivi degli altri evitando distorsioni autoreferenziali


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Siamo tutti un po’ egocentrici. Se non altro perché nel relazionarci con gli altri, inevitabilmente, facciamo riferimento a noi, al nostro io, al nostro umore per capire stati d’animo ed emozioni altrui. Questo meccanismo autoreferenziale di proiezione delle proprie emozioni sugli altri, del resto, è alla base dell’empatia, della capacità di capire chi ci sta intorno e di mettersi nei panni degli altri. Ma a volte, proprio per questo, facciamo degli errori di valutazione piuttosto grossolani, chiamati “bias egocentrici emotivi”. Per esempio, quando siamo tristi tendiamo a percepire anche gli altri giù di tono, così come quando siamo felici anche le persone con cui interagiamo ci appaiono più raggianti, solo perché noi lo siamo. In parte questi errori vengono arginati grazie a particolari meccanismi cerebrali di correzione che un team di ricercatori illustra su The Journal of Neuroscience. Coordinati da Tania Singer, del Max Planck Institute di Leipzig, hanno individuato infatti l’area del cervello che ha un ruolo cruciale nel superare l’egocentrismo emotivo. Si tratta del giro supramarginale destro, dell’area parieto-temporale, che entra in azione per valutare correttamente gli stati emotivi degli altri evitando distorsioni egocentriche.
LO STUDIO - La capacità di distinguere l’altro da sé è una funzione primaria della cognizione sociale in generale, che attiva reti neurali sia nella giunzione temporale destra che nelle aree della corteccia prefrontale mediale. «Per indagare i meccanismi neurali alla base di questo bias emotivo, abbiamo messo a punto un nuovo paradigma sperimentale, che affianca a esperimenti comportamentali l’uso della risonanza magnetica funzionale e della stimolazione magnetica transcranica» spiega Giorgia Silani, neuroscienziata della Sissa di Trieste e coautrice dello studio. Durante gli esperimenti, i ricercatori hanno indotto in soggetti adulti sani delle sensazioni piacevoli e spiacevoli attraverso stimolazioni tattili e visive, chiedendo loro di interpretare le emozioni provate dagli altri, al fine di misurare la tendenza a fare errori di valutazione degli stati d’animo altrui e, attraverso la risonanza magnetica (fMRI), individuare i marker fisiologici di questo meccanismo.
INCONGRUENZE - «Fare riferimento alle proprie emozioni per capire quello che ci accade intorno è un meccanismo adattivo, funzionale, che ci aiuta a comprendere meglio gli altri e favorisce le relazioni sociali - aggiunge Silani, che indaga i meccanismi alla base delle emozioni, in particolare dell’empatia -. Ma se faccio riferimento al mio stato emotivo anche quando è diverso dal tuo, per esempio quando ho appena perso il lavoro e tu invece hai appena vinto alla lotteria, rischio di attribuirti delle emozioni che non provi con inevitabili fraintendimenti. E proprio nelle situazioni sperimentali di incongruenza affettiva, quando cioè una persona prova piacere e l’altra disgusto, abbiamo effettivamente osservato l’attivazione del giro supramarginale destro che aiuta a sovrascrivere il nostro innato egocentrismo». Per interferire temporaneamente con il normale funzionamento della regione del cervello identificata con l’fMRI, i ricercatori hanno utilizzato la tecnica della stimolazione magnetica transcranica, una metodologia innocua in grado di silenziare brevemente l’attività elettrica dei neuroni. «Abbiamo osservato che disturbando la funzionalità del giro supramarginale destro, i soggetti commettono significativamente più distorsioni egocentriche, confermando dunque il ruolo cruciale di quest’area cerebrale nell’innescare meccanismi di correzione».
NARCISISMO - Risultati promettenti, secondo Silani e colleghi, se si considera che alcune ricerche, tra cui quelle di Jean Twenge, psicologa della San Diego State University, hanno evidenziato un aumento dell’egocentrismo negli ultimi decenni, almeno tra le nuove generazioni di statunitensi, tanto da parlare di “epidemia di narcisismo”, e che l’egocentrismo è una caratteristica di diversi disturbi mentali e della personalità. «Un io incapace di empatia, di mettersi cioè nella prospettiva dell’altro, interferisce con la convivenza sociale - precisa la neuroscienziata italiana -. E in quest’ottica, i nostri risultati sono interessanti, perché forniamo informazioni sui meccanismi neurali che permettono di bloccare i bias egocentrici emotivi, e il paradigma che abbiamo sviluppato potrebbe rivelarsi estremamente utile per la diagnosi e la ricerca in ambito clinico».

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