«Che voglio di più? Non vado avanti per non annoiarvi, ma ci siamo divertiti molto e il tempo è volato: da una parte Gfe (Girl friend experience , esperienza intima, come con la propria ragazza, spiega il dizionario ad hoc ), dall’altra un’amante del sesso. E ottima conversazione. Una persona colta». Corinna, ceca, 25 anni, bionda e con gli occhi azzurri, si conquista un bel 8/9 per il mestiere e un 8 per la simpatia. «Chissà se la ritroverò…» sospira il Cliente. E l’amico di chat rilancia: «Mi hai fatto tornare indietro di un quarto di secolo, fantastico».
Non c’è un Cliente unico, rivela il Primo rapporto di ricerca sulla tratta di persone curato da Caritas e Cnca (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza). «Gli uomini appartengono a tutte le classi sociali e a tutte le professionalità: impiegati, operai, sacerdoti, rappresentanti delle forze di polizia. Persone con problemi affettivi, sentimentali, sessuali, relazionali», scrive Mirta Da Pra Pocchiesa, nel focus dedicato al cliente. Ci sono «i giovani e gli anziani, più gentili e oggi in aumento perché supportati dal Viagra; gli italiani, che cercano la mamma a cui confidare le proprie disavventure, e gli stranieri, più temuti dalle donne perché in alcuni casi più violenti (più spesso con le nigeriane); gli “occasionali” e gli “affezionati”».
In Svezia, Norvegia, Islanda e forse presto anche in Francia, i clienti sono dei fuorilegge: la prostituzione è vietata sempre, in strada e al chiuso, ed è considerata una forma di violenza nei confronti della donna. In Italia, al di là di qualche ordinanza municipale che li colpiva perlopiù con denunce indirette come «intralcio al traffico», i clienti non sono perseguibili a meno che non si accompagnino a minorenni, come è avvenuto nel recente caso delle prostitute-adolescenti dei Parioli.
Il sesso è il fulcro. Non sempre la causa scatenante. Racconta Giovanni, 34 anni, ingegnere: «Non è solo l’atto sessuale. Quello a volte si consuma molto in fretta. È l’attesa. La prima telefonata, che mi spiega dove devo andare. Poi parcheggio sotto casa, aspetto il segnale per salire, faccio le scale, trattengo il respiro. Finalmente, dopo aver sentito la voce, dopo essermela immaginata, la vedo. L’eccitante inquietudine è finita. Il resto è routine». In un mondo in cui tutto sembra essere alla portata di tutti, anche una prostituta può diventare oggetto del desiderio, un’aspettativa su cui fantasticare. È questo che va cercando Giovanni, sposato — «ma non riusciamo ad avere figli» spiega quasi a giustificarsi — che come tanti cerca le prostitute su Internet e le raggiunge in casa, «perché così nessuno mi vede, non rischio nulla e posso godere di quell’attesa». Alla fine, come tanti, ha accorciato le distanze. S’è affezionato a una ragazza dell’est e ha cercato di «salvarla». Allo sportello d’accoglienza del Gruppo Abele di Torino — dove il 30% delle prostitute è accompagnata da un cliente — hanno ascoltato anche lui. Aveva voglia di parlare, di raccontarsi. Non ha smesso di andare a prostitute per questo.
C’è un fil rouge che lega gli uomini del sesso a pagamento, dal facoltoso che acquista su canali riservati all’operaio che trova il piacere sulle statali dell’hinterland, fino all’anziano vedovo che bussa sempre alla stessa porta. «Sono fragili», dice Barbara La Russa, psicologa dello sportello torinese, che ha offerto aiuto a tanti uomini di passaggio. Molti fra i 30-40 anni, giovani rispetto a quella che si pensa essere l’età dei puttanieri. «Pagano la donna perché così si sentono finalmente legittimati a rivendicare quello che non riescono a chiedere alle loro compagne».
Di rado il cliente si sente in colpa. Scrive un lettore (Lettore_2823567), in risposta a un post pubblicato sul blog La 27Ora il 30 ottobre: «Perché ora che ho disponibilità economica e indipendenza dovrei rinunciare alle ventenni? Mi piace il sesso! Sì, mi piace!! Lo dico e non me ne vergogno, perché dovrei? E ora a 46 anni mi rifaccio di quando a 20 amavo ma tante erano troppo occupate con i 46 enni danarosi…».
Prodotti da acquistare, nulla più di questo. Per molti è così. Conferma il Lettore_280963: «Cosa vuole che mi interessi di loro? L’anima?». E la conquista, l’accompagnarsi a una donna che ti ha scelto? «Non me ne può importare di meno! Dovrei pagare rose, regalini e cena al ristorante per giorni e giorni (spendendo 4 volte di più che per una prostituta) per poi farmi dire che possiamo essere solo amici, perché nel frattempo ha conosciuto il tappetto brutto, rozzo ma con la Jaguar?». TrumHead è ancora più esplicito: «Il sesso a pagamento è per molti appagante perché si può chiedere quello che si vuole senza essere guardati come alieni e senza aspettare cene, corteggiamenti, eccetera che da sposato/impiegato non puoi permetterti. Cerchi solo un po’ di svago, non una relazione».
Godere del proprio esercizio di potere. È la deduzione più semplice, ma non basta a spiegare perché nel XXI secolo, decenni dopo la liberazione sessuale che ha permesso alle coppie di formarsi e disfarsi ben oltre il vincolo matrimoniale, ci siano ancora così tanti uomini, di tutte le età, che si comprano l’amore, online o nei vicoli. Per psicologi e sociologi non è facile studiare il loro comportamento. «La domanda esiste e continuerà ad esistere. Poi c’è l’accettazione sociale, ma quello è un discorso che fa necessariamente i conti con l’etica e la morale. Il nocciolo della prostituzione è altrove. Sta in come ognuno vive la propria sessualità e il desiderio», avvertono dal Comitato per i diritti civili delle prostitute. Inutile affrontare la questione in termini di ordine pubblico, di strade sgombre dai «puttan-tour» e di case chiuse, se non si affronta anche il terremoto che ha scosso il rapporto fra i generi, i ruoli cambiati, la paura o la non voglia di confrontarsi con una donna più forte. «La prostituzione diviene una semplificazione, un territorio neutro, dove non si è giudicati», scrive Mirta Da Pra Pocchiesa nel saggio Prostituzione (Cittadella editrice).
La perversione non è la regola, anche se in molti chiedono il sesso «senza guanto», non protetto. Meritano però un’attenzione particolare i «clienti padroni», che aiutano la donna a uscire dallo sfruttamento solo per farne la propria schiava personale, e gli «arrabbiati», che gli operatori anti-tratta e perfino alcune reti di clienti cercano di intercettare per evitare violenze estreme.
Ci sono, infine, i più deboli. Uomini con deficit psichici o fisici, per i quali le prostitute diventano delle «assistenti sessuali» e i ragazzini alle prime armi. Come Francesco, 18 anni, un bel ragazzo che si sentiva inadeguato allo stereotipo mediatico dell’«uomo che non deve chiedere mai» e ha trovato in Rosie, per la prima volta, una donna che lo faceva sentire bene nel suo corpo. Lei, nera, di qualche anno più grande, voleva uscire dal giro. Lui l’ha accompagnata allo sportello d’ascolto e lì è scoppiato a piangere come un bambino: «Aiutatela». Li chiamano clienti-risorsa, quelli che a volte si innamorano, altre volte no, comunque provano empatia per la prostituta. Non sono molti.
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