Disseminare gli anticorpi per proteggersi dalla cattiva informazione. Partendo dai giovanissimi, offrendo loro gli strumenti di analisi e difesa. Da diffondere poi in famiglia, tra gli adulti e nei contesti relazionali in cui sono immersi». Non demonizzare la rete, prendere consapevolezza della complessità del fenomeno, capire come agire e reagire: ecco le parole d’ordine anti bufale di Gabriela Jacomella.
La giornalista, ricercatrice presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole e co-fondatrice di Factcheckers, associazione nata poco più di un anno fa per promuovere tra i banchi la cultura del fact-checking.
«Non basta spiegare cosa sia una fake-news, bisogna spiegare come riconoscerla e non subirla: la scuola è uno degli ultimi momenti di formazione collettiva, dove si apprendono contenuti e dove si dovrebbe sviluppare senso critico. Ed è quello che ci chiedono i ragazzi: percepiscono la presenza delle fake, sanno che esistono, si stupiscono nel comprendere quando sia facile cadere nella trappole e quali siano le strategie e finalità sottostanti, quasi rimangono smarriti nel rendersi conto che anche davanti ai media tradizionali la guardia non vada mai abbassata. Noi tentiamo di dar loro le chiavi necessarie per smontare le bugie, poi sta a loro scegliere se usarle».
Controllare l’Url: questo è il primo comandamento dell’aspirante fact-checker, come ben spiega la Jacomella nel manuale Il falso e il vero edito da Feltrinelli. L’inganno spesso è nascosto dietro all’indirizzo Internet, simile a quello di testate più autorevoli ma che in verità gioca proprio su impercettibili variazioni. Altro campanello d’allarme è la data di pubblicazione del post: spesso sono articoli riproposti, scaduti e rimessi in giro dopo qualche anno, anche se smascherati, solo con l’intento di creare disordine.
E poi occhio al clickbaiting: titoli urlati, allusivi, in maiuscolo, sono specchietti per allodole da tastiera che con un click cedono al richiamo della sirena. «I ragazzi sono molto sensibili al tema economico: quando prendono coscienza del valore di un “like” e del giro di soldi dietro alle fake news alzano notevolmente la loro percezione del pericolo. Non si spaventano però davanti all’ampiezza del problema, anzi preferiscono lo scontro con la realtà alla pacca edulcorata sulla spalla. Arrivano a chiedere “Ma allora non possiamo fidarci di nessuno?”, ed è lì che bisogna spiegare la differenza tra furbizia e autorevolezza, sottolineando che nulla va preso per oro colato».
Verificare le fonti prima di condividere un dubbio diventa quindi necessario e indispensabile. E’ prezioso il tempo speso per controllare i dati citati, verificare i link connessi, spostarsi anche su altri media e cercando appoggio sia sulle proprie testate di riferimento sia su quelle straniere. Oltre a chiedersi chi ci sia dietro a portali meno noti, cercando i nomi e i cognomi dei referenti. Insospettendosi, e non poco, in caso di assenza di responsabili identificabili. «Velocità, viralità, libertà: sono parole che tornano tantissimo nei nostri incontri e sono ancora la forza e la debolezza della rete. Un concetto su cui insistiamo molto con i ragazzi è quello di pensare oltre l’algoritmo. Prendono così cognizione che i social tendono a farti vivere in una bolla dove le persone che stanno attorno a te sono simili a te». Di «Mi piace» in «Mi piace» ci si trova quindi linkati con chi ha gusti sintonizzati, con chi ha profili assonanti, con chi ha idee e frequentazioni non così differenti: viene quindi meno il confronto, la diversità di opinioni e si crede che il proprio mondo coincida con l’intero mondo. «Ecco perché va sollecitato lo sforzo di mettere il naso al di fuori della propria cerchia di amici virtuali».
L’attenzione ai Bot, ovvero alla presenza di finti profili gestiti da software e capaci di generare in maniera sospetta migliaia di like, cuoricini e condivisioni in pochi minuti, così come immagini esageratamente bizzarre o provocatorio, e comunque verificabili su appositi siti, sono un altro paio di dritte preziose. Che si chiude con l’invito a frequentare altri fact-checker, per scambiarsi informazioni e controllare che la notizia incriminata non sia già stata «sbufalata». «Poi non bisogna dimenticare che i giovani vanno anche in cerca di leggerezza, un diritto che va tutelato. Così come la satira, che può essere un mezzo formidabile per contrastare le fake. La buona satira è quella che si fa riconoscere, non è ambigua gioca a carte scoperte. Non ha bisogno della truffa per acchiappare un sorriso e attivare la mente».
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