La voce, in questo caso, non viene dal cuore, ma direttamente dal cervello. Per ridare la parola a chi è rimasto paralizzato, oggi con fatica si leggono i movimenti delle pupille o si catturano le più flebili contrazioni dei muscoli facciali. La velocità, quando va bene, raggiunge le 10 parole al minuto. In una persona normale sono 150. Uno Stephen Hawking del futuro potrebbe invece usare lo strumento descritto oggi su Nature: un apparecchio che raccoglie i “sussurri” del cervello. Non si parla di lettura del pensiero: siamo ben lontani. Ma di sensori che captano gli impulsi elettrici che il cervello produce quando mette in moto l’apparato fonatorio. Sono i comandi che articolano i muscoli di labbra, mandibola, lingua e laringe. Vengono prodotti nella testa anche quando una paralisi impedisce il movimento effettivo della bocca. I ricercatori dell’università della California a San Francisco li hanno registrati e hanno costruito il primo sintetizzatore vocale capace di raccogliere direttamente la “voce” dei neuroni, trasformandola in suono.
Riprodurre l'emozione
Al nuovo sintetizzatore vocale sono state fatte pronunciare 101 frasi. I volontari incaricati di ascoltare i periodi lunghi 50 parole hanno compreso il senso generale nel 47% dei casi. Dei miglioramenti sono necessari, e lo strumento avrà bisogno di tempo prima di essere usato sui pazienti. Ma per chi è rimasto senza mezzi per comunicare con l’esterno (ictus, grossi traumi, malattie neurodegenerative come il Parkinson, sclerosi multipla e Sla o morbo di Lou Gehrig), il passo avanti è di quelli che cambiano la vita. I ricercatori americani sostengono di poter riprodurre anche la melodia e l’emozione all’interno di una voce.
Gli elettrodi che captano l'attività elettrica interna del cervello
Una miniera di informazioni
Il “vocabolario” dei segnali elettrici è stato fornito da cinque pazienti con epilessia, che nulla avevano a che fare con problemi di paralisi o di comunicazione. In questa malattia, però, può accadere che un chirurgo debba impiantare degli elettrodi nel cervello per individuare l’origine degli attacchi. Questi elettrodi hanno fornito una miniera di informazioni anche ai neuroscienziati di Nature, che hanno chiesto ai pazienti di leggere a voce alta centinaia di frasi, registrando gli impulsi elettrici generati ogni volta dalle aree del movimento dell’apparato fonatorio: il piegarsi morbido delle labbra, le contrazioni più nervose delle corde vocali, la danza della lingua fra denti e palato.
La lingua dei neuroni
Il risultato – ormai è la norma – è stato analizzato e decodificato da un software di intelligenza artificiale, che ha tracciato le corrispondenze fra segnali cerebrali e suoni generati. Il metodo funziona bene con i suoni “sh” e “z”, mentre la “b” e la “p” sono ancora problematici. Ma la "lingua dei neuroni" può essere studiata meglio, e le incomprensioni potrebbero essere superate con il tempo. In fondo il metodo dell’interfaccia computer-cervello ha già dimostrato di funzionare – anche se a uno stadio ancora preliminare – per muovere gambe e braccia artificiali nelle persone paralizzate.
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