Immagine da "L'espresso" -
Ma a volte bisogna fare attenzione al quadro generale per unire i puntini e trovare la figura. Raramente come in questa recente stagione televisiva si è assistito al “brutto ma vero”, ogni canale oscuro è stato riempito di lacrime di rivelazioni artefatte, ha tentato di riposizionare personaggetti di risulta, ridato fiato a chi a buon diritto avrebbe potuto tacere senza fare nessun soldo di danno, ed esposto, in primi piani senza pietà, volti gonfiati dalla piccineria ancor prima che dal botulino.
Così tra una tv di verità fasulle di cui il servizio sanitario nazionale dovrebbe impedire la diffusione e un carrozzone di macchiette urlanti e grazie in bella vista che si scontrano a colpi di sana ignoranza, per una volta, la scelta viene naturale. Perché “Ciao Darwin”, riporta il trash dentro i suoi stessi confini, si muove e si nutre di cadute di stile legate alla natura da avanspettacolo in purezza e non millanta aspettative che non può rispettare. In sintesi: non ti frega. Perché sai perfettamente cosa stai guardando. Non solo.
A pensarci bene, il gioco con le due squadre degli opposti, dove tutti urlano contemporaneamente, indossano delle divise, si riempiono la bocca di banalità e strepitano per affermare di avere ragione sbandierando solo argomenti di cui sanno rigorosamente poco, è spaventosamente simile al dilagare dei talk politici. Dove accadono esattamente le stesse cose, mascherate appena da contenuto alto, giusto per darsi un tono, senza un briciolo di ironia. E soprattutto senza un conduttore come Paolo Bonolis che, ancora una volta, dimostra di essere una spanna e anche due sopra gli altri, capace com’è di tenere le redini di quel delirio ben strette, dosare col contagocce lo straripamento generale e sparare come bombe ragionamenti di terribile buonsenso.
Certo è un peccato che abbia deciso di rimanere prigioniero di questa palude appiccicosa di televisione rigorosamente inutile senza decidere di volare altissimo almeno per una volta, evitando glutei, mutande e affini. Ma in una tv che vive di personaggi finti costruiti ad arte che interpretano persone vere muovendosi come manichini imbalsamati nei sentimenti altrui, almeno Bonolis porta in scena persone tristemente vere che si agitano come statuine del paradosso. Confinandole in una parentesi che non crea, al contrario di quanto accade sovente, danni di sorta. E in questo momento di deserto senza Tartari non è poca cosa.
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