martedì 12 marzo 2024

POLITICHE SANITARIE SCIENZA COVID. FRIGATO P. I mercanti del dubbio e la corruzione della scienza, SINISTRA IN RETE, 1.03.2024

 Lo shock indotto dal Covid-19 e dalle politiche sanitarie coercitive imposte sotto l’egida emergenziale ha, tra le varie significative conseguenze, suscitato un vespaio di polemiche sulla natura della ‘vera’ scienza. Un normale cittadino, spesso impoverito, con un lavoro instabile o ridotto alla condizione di working poor, ha così potuto assistere a un perdurante cicaleccio sui media mainstream ma anche su molta parte del fronte alternativo, mai davvero all’altezza di una rappresentazione realistica del mondo largamente privatizzato, corrotto e inefficiente in cui la ricerca scientifica deperisce dagli anni ‘80.

Nel rapsodico ripresentarsi della questione, i più paiono non nutrire dubbi sulla natura esclusivamente benigna del dubbio cartesiano per l’avanzamento di tutti i tipi di conoscenze scientifiche. Accade così che, stando alla istituzionalizzata dicotomia di ingegneria sociale vax vs. no-vax, sia i primi che i secondi enfatizzino senz’altro il valore gnoseologico del dubbio: i pro-vax, sostenendo che non ci sono sufficienti evidenze che dimostrino che i sieri genici nanobiotecnologici non siano efficaci e non siano sicuri; i secondi, argomentando che la scienza mainstream non ammette di essere messa in dubbio, pur in presenza di robuste evidenze che ne refutano i risultati.


 

  1. Agnotologia

Questa contrapposizione, nell’ambito della quale il valore epistemologico del dubbio e dell’incertezza fino a evidenza contraria risulta essere condiviso tra le parti, al fondo si basa sulla discordanza delle posizioni rispetto a quanta e quale evidenza risulti necessaria e sufficiente per avanzare dubbi.

Non mette tuttavia in questione il valore epistemologico del dubbio, evitando di considerare i problemi di convenienza politica ed economica che possono annidarsi dietro campagne orchestrate di creazione dell’incertezza e del dubbio. In altri termini, tale tipo di discussioni tende a ignorare completamente l’importanza dei contributi di studiosi della corruzione della scienza e della creazione dell’incertezza e del dubbio, come lo storico della scienza Robert Proctor (2008) e l’economista ed epistemologo Philip Mirowski (2011, 2013). Dello stesso filone di ricerca sul confondimento strategico dell’evidenza scientifica fanno parte anche i noti lavori dell’epidemiologo David Michaels (2008, 2020) e degli storici della scienza Naomi Oreskes e Erik Conway (2011).

Paradossalmente, la crisi generata dal Covid ha visto eminenti critici della scienza corrotta dalle corporation come Michaels, Oreskes e Conway sposare senza esitazioni l’approccio terapeutico confezionato da Big Pharma, basato sulla demonizzazione dei farmaci in commercio (idrossiclorochina, ivermectina) e sull’imposizione di mascherine inutili e dannose, tamponi inaffidabili, lockdown controproducenti e deleteri economicamente, green pass e sieri genici sperimentali contenenti nanotecnologia e ossido di grafene anche a donne incinte e bambini1. Non sorprende che le uniche chiare prese di posizione contrarie alle misure liberticide e prive di qualsiasi crisma di scientificità introdotte dalla maggioranza dei corrotti governi occidentali durante la crisi del Covid siano presenti sul sito degli economisti neoliberali austriaci seguaci di Ludwig von Mises e del suo epigono Murray Rothbard (https://mises.org/wire/vaccine-mandates-and-great-reset). E’ d’altro canto inquietante che gli economisti di sinistra, persino i liberal con simpatie vebleniane come Galbraith o Varoufakis, si siano indecentemente spinti a chiedersi come garantire il più ampio accesso ai ‘vaccini’, anche per i paesi poveri. Ben oltre tali prostranti stupidaggini, nel suo ottimo libro States of Emergency il neo-marxista Kees van der Pijl ha fornito il miglior contributo complessivo sulla natura della pianificata crisi occorsa e sulla scienza medica corrotta su cui si è basata la sua gestione criminale globale, sulla cattura da parte della finanza e del business di tutte le istituzioni statali, regionali e internazionali di regolazione e controllo, che inaugura la nuova epoca totalitaria dell’internet dei corpi e della sorveglianza “under the skin” (Van der Pijl 2021; Kyrie, Broudy 2022).

Ma torniamo alla scienza e alla sua privatizzazione e corruzione che hanno predisposto il modello più sofisticato di cattura istituzionale, sorveglianza e censura implementato a partire dalla crisi del Covid-19. Mentre un’analisi approfondita che tenga conto dell’impatto del “regime di privatizzazione globale” sulla ricerca scientifica e sulla selezione tecnica è qui preclusa è possibile invece illustrare un metodo ormai largamente consolidato di manipolazione della ricerca e delle evidenze, che prende il nome di agnotologia2. “Robert Proctor ha coniato il termine ‘costruzione sociale dell’ignoranza’ per descrivere la strategia impiegata dalle industrie dell’amianto e del tabacco per tenere vivo il dubbio sui pericoli dei loro prodotti” (McCulloch, Tweedale 2008, 152). Si tratta di un impiego del concetto di agnotologia, in cui iI termine è riferito all’indagine della produzione intenzionale dell’ignoranza, in cui l’agnogenesi da parte delle industrie occupa un ruolo preponderante. Proctor sottolinea come sia necessario dotarsi di un’epistemologia in grado di permetterci di “riflettere sulla produzione conscia, inconscia e strutturale dell’ignoranza, le sue differenti cause e conformazioni, indotte da negligenza, dimenticanza, miopia, estinzione, segretezza o soppressione” (Proctor 2008, ix). Proctor stesso enfatizza come l’ignoranza intesa come “un espediente deliberatamente ingegnerizzato e strategico (o costrutto attivo)” caratterizzi il modo di agire tipico delle corporation quando confrontate con i rischi ecologici e sociali delle proprie produzioni.

 

  1. Agnotologia come Sound Science

Attraverso giochi strategici di tipo nominalistico con le locuzioni di junk science, poi, sound science, negli ultimi quarant’anni la moderna corporation è riuscita a imporre la routinizzazione di una nuova tecnica di trasferimento di costi, le cui origini vanno rintracciate negli anni ’30 del ‘900. Con sufficiente ironia, la locuzione “scienza corretta” (sound science) ha finito per essere intesa come l’applicazione del sistematico confondimento strategico a ogni potenziale controversia scientifica. Il movimento promotore della sound science può essere considerato la versione più sofisticata e aggiornata dell’insieme di tecniche di manipolazione rivolte a fortificare la deviazione a favore della scienza finanziata dalle corporation. La susseguente “vasta fabbricazione di scienza-per-commissione” rappresenta ad un tempo “l’apoteosi della credenza nel mercato delle idee” e “uno dei mezzi principali di ostruzione e sabotaggio” della scienza (Mirowski 2011, 299). Di conseguenza, “l’attuale regime di organizzazione della scienza per molti aspetti non è una nuova economia della conoscenza quanto è uno strumento di agnogenesi” (Mirowski 2011, 318).

Coerentemente con tale impostazione, il neoliberale George Stigler ammetteva che il mercato soddisfa ogni domanda solvibile, inclusa “la produzione intenzionale di ignoranza per molti gruppi destinatari” (Mirowski 2011, 318). Per Hayek, la possibilità di finanziare la manipolazione scientifica nel mercato delle idee non intaccava la qualità del mercato inteso come processore dell’informazione superiore e la sua capacità di conseguire l’efficienza allocativa (Mirowski 2011, 323):

(…) il mercato conosce meglio di ciascuno di noi ciò che è bene per noi e per la società, e ciò include l’allocazione ottima dell’ignoranza tra il popolo. (Mirowski 2011, 324)

La manifestazione e la diffusione dell’agnotologia neoliberale implica che “la produzione di ignoranza è un business valido, non un intervento retrivo” (Mirowski 2011, 327). Il mercato delle idee ha per tanto il compito di stabilire come la conoscenza vada trasmessa, classificata e distribuita. Mirowski chiarisce come “l’aspetto principale che può essere apprezzato qui è che l’ignoranza individuale, promossa e fabbricata dalle corporation, dai think tank e da altri attori di mercato è opportunamente funzionale alla razionalità di mercato, nel senso che profitta della conoscenza che l’agente non possiede”. In questo quadro è bene che esperti prezzolati si comportino da “apologeti” dei loro finanziatori (Mirowski 2011, 327-328).

L’accesso a fonti documentali di origine processuale che ha avuto luogo a partire dagli anni ’70 ha consentito ai ricercatori di ricostruire la strategia del business consistente nel “bloccare l’esposizione alla responsabilità” e frustrare la regolamentazione e le possibilità di tutela legale attraverso la metodica corruzione della scienza (Mirowski 2011, 298; Tweedale 2000; McCulloch, Tweedale, 2008). La sistematica frustrazione della scienza nel contesto del regime di privatizzazione della conoscenza e della ricerca si manifesta attraverso l’adozione generalizzata di una gestione ingegnerizzata delle asimmetrie informative sulla natura dei processi di produzione e dei beni commercializzati tra produttori e terze parti (enti di regolazione, lavoratori, comunità di vicinato, consumatori, altre imprese) in ogni ramo d’industria.

 

  1. Un pattern criminale di calcolo costi-benefici dagli anni ’30 del ‘900

In quanto ha fornito un’esperienza paradigmatica successivamente largamente imitata fino a oggi prenderemo a riferimento soprattutto il caso dell’amianto. Come evidenziato da Barry Castleman, “la prolungata ignoranza dei lavoratori e dell’insieme della popolazione fu essenziale per l’espansione dei mercati dell’amianto dopo gli anni ’30, tempo nel quale la letalità dell’amianto era ben documentata nella letteratura medica” (Castleman 2017, 564). Tale tattica priva di qualsiasi scrupolo si basa su un cinico calcolo costi-benefici, per cui “uno può osservare una delicata analisi costi-benefici neoliberale di un po’ di anni in più di profitto da una parte e verità scientifica dall’altra” (Mirowski 2011, 300):

Centrale in questa strategia era una policy di occultamento e, alle volte, informazione scorretta che spesso equivaleva ad una cospirazione per continuare a vendere amianto senza considerare i rischi sanitari. Sveliamo quella cospirazione per evidenziare come l’industria censurò la ricerca scientifica; utilizzò reputati scienziati per nascondere i rischi sanitari e per alimentare l’incertezza scientifica; negò la compensazione di base (e alle volte diritti umani) alle vittime; e cospirò con i governi e gli organi scientifici (McCulloch, Tweedale 2008, 15; si veda anche 50).

Tale strategia si applica ancor oggi alla condotta delle corporation in tutti i rami d’industria. Più precisamente, le corporation hanno un modo tipico istituzionalizzato di confrontarsi con i danni derivanti dai propri processi di produzione o dal consumo dei propri prodotti. Tale modello comportamentale si incentra su un’oculata gestione criminale delle asimmetrie informative esistenti tra produttore e terze parti. Tipicamente, le corporation:

- sono le prime a venire a conoscenza dei rischi associati alle proprie produzioni;

- una volta preso atto che i loro metodi di produzione e i loro prodotti sono deleteri sul piano epidemiologico ed ecologico, esse procedono all’occultamento strategico delle evidenze;

- finanziano studi manipolati per confondere il dibattito sulle evidenze sui rischi a danno di lavoratori, consumatori e comunità residenziali; contestualmente elaborano analisi costi-benefici che, tenendo conto del calcolo della probabilità che la soppressione delle informazioni sui danni venga disvelata, del costo eventuale delle sanzioni e dei risarcimenti e dei ricavi netti attesi, stabiliscano se abbia senso continuare la produzione da un punto di vista finanziario.

Questo rigoroso e cinico calcolo dell’investimento per il profitto al costo esterno di chicchessia riflette perfettamente “l’approccio neoliberale al mercato delle idee, in cui uno ‘economizza’ rispetto all’informazione sottoponendo ogni scelta a un calcolo costi-benefici” (Mirowski 2011, 312). Nel momento in cui l’informazione viene mercificata, una maggiore quantità di informazione è preferibile a una sua minore quantità: “Proprio come non ci sono prezzi ‘negativi’, non esiste putativamente alcuna cosa che possa definirsi informazione negativa. Nessuno pagherebbe per diventare stupido o più stupido, o no?” (Mirowski 2011, 318). Insomma, “in questa visione neoliberale del mondo, non esiste semplicemente alcun modo in cui la conoscenza potrebbe essere ostruita o ridotta in altro modo o corrotta nell’attribuirle un prezzo” (Mirowski 2011, 319).

Posso dunque pagare scienziati o pseudo-tali prezzolati operanti nell’accademia, nei think tank, nelle imprese di PR e di difesa legale dei prodotti come Hill and Knowlton o il Weinberg Group e nelle speciality boutique. Finanzio così il disegno di una sofisticata tattica di manipolazione dell’informazione e della conoscenza che, confondendo il dibattito sulle evidenze sui rischi delle mie produzioni, mi permette di continuare a guadagnare o di estendere le mie quote di mercato. Perché non dovrei procedere in tal senso? In altri termini, se il costo del disegno e dell’implementazione di una tattica – rivolta a mantenere i lavoratori e la collettività all’oscuro sui rischi mortali associati all’esposizione a input necessari o convenienti per le mie attività economiche – è ragionevole dal punto di vista dell’investimento per il profitto, e se non sarò tenuto a rispondere legalmente o lo sarò (forse) solo in misura non detentiva e ‘finanziariamente accettabile’, perché la scelta dovrebbe essere giudicata inefficiente?3 Se il mercato dell’informazione permette di stabilire che un prodotto (tossico e/o cancerogeno) è commerciabile e utile, perché dubitare dell’efficienza sociale di un sistema di prezzi in cui anche l’ignoranza viene allocata in modo ottimo? Si comprende bene come

un’aumentata spesa in scienza non risulta necessariamente in maggior output scientifico. L’agnotologia distrugge la correlazione. La promozione del mercato delle idee può facilmente distruggere la conoscenza, così come può accrescerla con altrettanta rapidità. (Mirowski 2011, 331)

In altri termini, il meccanismo di trasferimento di costi basato sull’implementazione della fabbricazione del dubbio da parte del business, diffusosi attraverso tutti i rami d’industria, rappresenta una minaccia diretta alla presunta razionalità del mercato delle idee e si rivela essere “il miglior argomento contro la sottoscrizione della visione neoliberale del mondo” (Mirowski 2011, 322).

Ciò non di meno, con rarissime eccezioni, tra cui si segnalano classici ‘eretici’ come Edwin Sutherland, Thorstein Veblen e oggi Philip Mirowski, gli economisti, gli storici dell’industria e, più in generale, gli scienziati sociali hanno tipicamente ignorato la routine criminale istituzionalizzata da parte del business riflessa nella produzione sistematica del dubbio o nel confondimento strategico del dibattito sulle evidenze. Considerato il fatto che questa prassi imprenditoriale accettata implica l’uccisione e il danneggiamento permanente di milioni di persone, siamo senz’altro in presenza di uno dei più drammatici fallimenti della scienza moderna4.

L’instillazione del dubbio attraverso tattiche di confondimento strategico “si basa su un’intera contro-scienza”, operante all’interno di “un universo scientifico parallelo (…) costruito per scimiottare l’output scientifico accademico, mantenendo il finanziamento iniziale e le motivazioni oscure” (Mirowski 2011, 298-299). Inizialmente introdotti dall’industria dell’amianto, la soppressione dell’informazione sconveniente e il finanziamento di studi manipolati per ostruire e prolungare il dibattito sulle evidenze sono stati strumenti tattici metodicamente adottati nelle decisioni di investimento delle industrie del tabacco, del cloruro di vinile, dei fluorocarburi, dell’industria digitale e della telefonia, del Teflon e di innumerevoli altri operatori e rami di produzione (Mirowski 2011, 298-299; Shapira, Zingales 2017; Bilott 2019).

 

  1. La natura assassina dell’inganno

Wilhelm C. Hueper, direttore della sezione sul cancro ambientale dello U.S. National Cancer Institute, nel 1949 chiariva inequivocabilmente la natura assassina del crimine risultante dalla strategia di creazione del dubbio e dell’incertezza che serve a continuare a produrre beni deleteri con metodi distruttivi,

I codici penali dovrebbero prendere atto del fatto che l’esposizione intenzionale ed evitabile di un individuo a un agente occupazionale cancerogeno a fini di guadagno personale di un’altra parte è, a ogni scopo pratico, equivalente a un attacco con un’arma mortale con un meccanismo d’azione ritardato. (Hueper quoted in Casleman 2017, 559)

Basta eliminare l’aggettivo ‘occupazionale’ dalla locuzione “agente occupazionale cancerogeno” per ottenere una definizione più ampia che includa, oltre ai rischi negli ambienti di lavoro, i pericoli negli ambienti di vita. Attacchi indiscriminati alla società attraverso armi mortali con meccanismi di azione differiti nel tempo sono perfettamente congegnali al meccanismo di trasferimento di costi (cost-shifting) che informa l’agire tipico delle corporation. La teoria istituzionale dei costi sociali dell’impresa di mercato nella tradizione Veblen-Kapp assume che le corporation ingegnerizzino il trasferimento di qualsiasi tipo di danno (monetario e sostanziale) ai lavoratori, alle comunità di vicinato, ai consumatori e alla collettività più ampia, nella misura in cui non debbano rispondere dei costi che riversano in esterno, garantendosi la sopravvivenza o la prosperità finanziaria. Attacchi indiscriminati alla società attraverso armi mortali con effetti posticipati sono forme di ingegneria del crimine che ben si adattano alla logica proditoria delle corporation e che tendono a diffondersi attraverso la forza disciplinante della competizione di mercato in ogni industria.

Da ultimo, come hanno evidenziato McCullogh e Tweedale nei loro studi di criminologia industriale sulla gestione dell’amianto, va osservato che, concentrandosi sull’analisi dell’agire di singole corporation si trascura “di mostrare come l’industria dell’amianto operò come un meccanismo esteso a livello mondiale” (McCulloch, Tweedale 2008, 12). Ciò spiegherebbe “uno dei più grandi paradossi dell’industria” per cui “circa l’80% della produzione mondiale di amianto nel ventesimo secolo fu prodotta dopo che il mondo apprese che l’amianto poteva causare il mesotelioma” (McCulloch, Tweedale 2008, 14). “Un tale severo scollamento tra conoscenza medica e sviluppo economico” può essere spiegato solo con la capacità dell’industria di orchestrare

Una strategia difensiva di successo per il minerale – una strategia che ancora opera in alcune parti del mondo. Infatti, come l’evidenza documentale sul comportamento delle principali corporation operanti all’interno dell’industria attesta, dai primi anni ‘30 Raybestos-Manhattan e Johns-Manville controllavano la letteratura medica e inoltravano copie delle ricerche più recenti al senior management. La corrispondenza rivela anche una determinazione a impedire che la conoscenza del rischio divenisse di pubblico dominio. Ciò, a propria volta, implicava il controllo delle scoperte mediche” (McCulloch, Tweedale 2008, 52).

E’ interessante osservare come le compagnie attive nella tragedia dell’amianto – che potrebbe costare almeno dieci milioni di morti (McCullogh, Tweedale 2008, 11) – hanno operato sin da principio con tempestiva e completa informazione sui rischi associati all’esposizione all’amianto, rivelando

Un pattern consistente di duplicità e crescenti danni agli individui. Sia negli stati OECD che negli stati più poveri del mondo, l’industria dell’amianto ha prosperato solo perché i costi effettivi di quel danno sono stati ignorati o sottratti alla vista. Se il costo della malattia tra i lavoratori fosse stato realmente riflesso nel prezzo dei prodotti all’amianto, allora l’industria globale sarebbe entrata in una spirale di decline negli anni ’50. (McCulloch, Tweedale 2008, 275)

Karl William Kapp applicava tale tipo di ragionamento all’insieme delle industrie inquinanti nell’ambito della sua teoria dei costi sociali del meccanismo di mercato. Egli osservava come sarebbe possibile dimostrare come

interi rami d’industria potrebbero essere in grado di occupare e mantenere la propria posizione economica solo perché non sopportano i costi totali di produzione, ma trovano possibile trasferire una parte sostanziale di questi costi ad altre persone o sulla comunità più ampia. (Kapp 1950, 91)

In conclusione, il caso paradigmatico dell’amianto illustra bene come interi rami d’industria possono esistere e prosperare solo in quanto sono in grado di riversare costi pecuniari e reali su terze parti e sulla società. Singoli operatori di mercato, di concerto con intere industrie, operano sistematicamente per creare una situazione di continua, all’apparenza insuperabile, controversia sulla natura dei rischi associati alle loro produzioni. Se tale stato di cose si è istituzionalizzato a partire dagli anni ’30 del ‘900, la crisi del Covid-19 ha rivelato la pervasività dell’infiltrazione degli interessi finanziari e industriali nelle istituzioni pubbliche di regolazione e controllo, in direzione di una loro totale cattura da parte del business, per la gioia di George Stigler e dei suoi epigoni neoliberali.


Bibliografia
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Castleman B. (2017), “Criminality and Asbestos in Industry”, New Solutions: A Journal of Environmental and Occupational Health Policy, Vol. 26, No. 4, 557-580.
Frigato P., Santos-Arteaga F. (2019), The Dark Places of Business Enterprise. Reinstating Social Costs in Institutional Economics, Roultedge: London, New York.
Kapp K. W. (1950), The Social Costs of Private Enterprise, Cambridge Mass.: Harvard University Press.
Kyrie V., Broudy D. (2022), “Cyborgs R Us: The Bio-Nano Panopticon of Injected Bodies?”, International Journal of Vaccine Theory Practice and Research, 2:355-383
McCulloch J., Tweedale G. (2008), Defending the Indefensible. The Global Asbestos Industry and its Fight for Survival, Oxford University Press: Oxford.
Michaels D. (2008), Doubt is their Product. How Industry’s Assault on Science Threatens Your Health, Oxford University Press: New York.
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Mirowski P. (2013), Never Let a Serious Crisis Go to Waste. How Neoliberalism Survived the Financial Meltdown, Verso: London, New York.
Mirowski P. (2011), Science-Mart. Privatizing American Science, Harvard University Press, Cambridge (Mass.).
Mirowski P. (2018), “The future(s) of open science”, Social Studies of Science, Vol. 48(2), 171–203
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Proctor R. N. (2008), “Agnotology: A Missing Term to Describe the Cultural Production of Ignorance (and Its Study)”, in: Proctor R. N., Schiebinger L. (Eds.) (2008), Agnotology. The Making and Unmaking of Ignorance, Stanford University Press: Stanford, 1-33.
Shapira R., Zingales L. (2017), “Is pollution value-maximizing: the DuPont case”, NBER Working Paper serieshttps://www.nber.org/papers/w23866.pdf
Tweedale G. (2000), Magic Mineral to Killer Dust. Turner & Newall and the Asbestos Hazard, Oxford University Press: Oxford.
Van der Pijl K. (2022), States of Emergency. Keeping the Global Population in Check, Clarity Press Inc.: Atlanta.

Note
1 Oreskes era, invero, già incorsa in una poco spiegabile contraddizione, pronunciandosi a favore dei mercati dei certificati di emissione di anidride carbonica (Frigato, Santos-Arteaga 2019).
2 Un’analisi approfondita anche sul piano giuridico del processo di privatizzazione e commercializzazione della ricerca scientifica come conseguenza del processo di riorganizzazione e reingegnerizzazione della corporation che ha preso avvio a partire dagli anni ‘80 del secolo scorso viene fornita in Mirowski (2011, 2013). Per una presentazione dei principali elementi di tale analisi si veda Frigato, Santos-Arteaga 2019, 185-92. Trascuriamo di considerare come il movimento “open science” si intersechi con il fenomeno agnotologico della produzione artata di prolungate controversie basate sulla creazione dell’incertezza, per evidenziare come esso sia perfettamente funzionale al capitalismo delle piattaforme e al “catechismo neoliberale del mercato come processore dell’informazione superiore” (Mirowski 2018, 173). La posizione espressa a favore dei vaccini da parte di Mirowski nello scritto in parola spiega solo in parte la sua inverosimile latitanza sul criminale esperimento di massa dei sieri genici nanotecnologici Covid-19 e sulla rapida ed irreversibile involuzione totalitaria dei sistemi politici occidentali (Mirowski 2018, 172).
3 Shapira e Zingales rivelano come questo sia stato il tipo di argomento alla base della decisione di DuPont di raddoppiare la produzione di Teflon pur in presenza di evidenze epidemiologiche spaventose sugli effetti delle esposizioni allo PFOA (Shapira, Zingales 2017).
4 Per un’analisi dettagliata del maldestro e sterile tentativo (neoliberale) di estendere l’analisi neoclassica delle esternalità alle pratiche criminali delle corporation da parte di Akerlof e Shiller si veda Frigato, Santos Arteaga 2019, ch. 3.

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