lunedì 11 maggio 2015

PSICOLOGIA DEL CORPO E SOCIAL NETWORK. S. VALESINI, L'ossessione per il corpo dell'altra. La ricerca: "I social generano la donna oggetto", LA REPUBBLICA, 11 maggio 2015

ROMA - Riviste, programmi televisivi e pubblicità offrono spesso un'immagine falsata della donna. L'esposizione ossessiva di ragazze giovani, belle, magre e sensuali perpetua infatti una visione "oggettificata" del corpo femminile, cioè quella di un oggetto da usare ed esporre, che tende a sminuire le caratteristiche più essenziali di una persona (indipendentemente dal sesso), come l'intelligenza, le capacità, o la personalità. 



Se i media tradizionali sono stati per decenni il veicolo principale di questa cultura sessista, ai tempi di internet la situazione sembra in qualche modo cambiata, e forse in peggio. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychology of Women Quarterly ( http://pwq.sagepub.com/) dimostra infatti che oggi i social network si sono trasformati in uno dei principali strumenti di auto-oggettificazione femminile, visto che le donne passerebbero oltre il 40 per cento del loro tempo su Facebook comparando compulsivamente il proprio aspetto con quello che avevano in vecchie foto, e con immagini di amiche e coetanee.

L'oggettificazione e l'auto-oggettificazione femminile d'altronde non sono solamente un problema di etica, o di costume. Come spiegano gli autori dello studio, questo atteggiamento porta con sé un'ossessione per l'aspetto esteriore che può avere gravi ripercussioni psicologiche e di salute per le donne, provocando spesso un senso di vergogna per il proprio corpo e fenomeni di ansia, che a loro volta aumentano il rischio di soffrire di depressione, disfunzioni sessuali e anche disordini alimentari come l'anoressia. La ricerca è stata svolta su 150 ragazze scelte tra studentesse e personale universitario, e ha analizzato la connessione tra diversi tipi di media, l'immagine della donna che trasmettono, e la loro capacità di promuovere l'auto-oggettificazione. Utilizzando appositi questionari psicologici, i ricercatori hanno dimostrato che la lettura di riviste e l'utilizzo di Facebook sono le due attività legate maggiormente all'auto-oggettificazione.

Ma se sono sempre meno ormai le ragazze che dedicano il loro tempo alla lettura di magazine, in media le studentesse trascorrono circa due ore, il 40% del traffico giornaliero, navigando su Facebook, e controllano gli aggiornamenti del sito ad intervalli regolari. Durante le loro visite sul social network, lo studio ha svelato che le ragazze passerebbero inoltre molto tempo curiosando tra le foto, e mettendo a paragone la propria immagine a quella ritratta nelle immagini di altre donne. L'auto-oggettificazione che nasce da questi comportamenti, a differenza di quella che può derivare da pubblicità e immagini patinate, è però in qualche modo ben più spontanea: il primo termine di paragone su Facebook non sono infatti dive o modelle, ma vecchie foto di sé stesse, e poi quelle delle proprie amiche o di coetanee.

Si tratta, spiegano gli autori, di un comportamento compulsivo che spinge a considerare, ancor di più, il proprio corpo come un oggetto: come farebbe, letteralmente, un osservatore esterno. "È uno dei primi studi che dimostra come valutare e mettere a paragone il proprio aspetto con quello degli altri possa spiegare, almeno in parte, il rapporto tra l'utilizzo dei media e l'auto-oggettificazione", scrivono gli autori nello studio. "Le ragazze giovani ammettono di trascorrere lunghi periodi di tempo su Facebook, e questa ricerca mette in luce alcuni dei potenziali effetti negativi che Facebook può avere sulla percezione che hanno le donne del proprio corpo". Come bloccare questo circolo vizioso? Secondo i ricercatori l'unica soluzione è un utilizzo più coscienzioso di Facebook da parte delle ragazze, che dovrebbero imparare a postare meno frequentemente foto, e seguire pagine di persone che pubblicano meno frequentemente le proprie immagini.

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