La paura di perdere migliaia di indigeni e decine di popolazioni di incontattati dell'Amazzonia sta diventando sempre più concreta. L'arrivo del coronavirus nelle zone più remote, dove vivono migliaia di indigeni, totalmente privi in alcuni casi sia di strutture sanitarie sia di ospedali vicini per essere curati, rischia di sconvolgere per sempre la vita di alcuni popoli dell'Amazzonia brasiliana.
A preoccupare, ora, la notizia della morte di un giovane adolescente di 15 anni, Alvanei Xirixana, uno Yanomami del villaggio di Rehebe, nella zona del fiume Uraricoera, morto giovedì scorso dopo alcuni giorni di ricovero in terapia intensiva, secondo quanto confermato dal ministero della Salute del Brasile.
Il giovane viveva nell'area di Rehebe, villaggio e zona dove sono presenti decine di accampamenti minerari per entrare illegalmente in territorio amazzonico e dedicarsi all'estrazione di metalli preziosi e oro. Sebbene non sia chiaro come sia stato contagiato il ragazzo, si ipotizza possa aver contratto il virus da alcuni degli operai della zona. La causa della morte non è stata rivelata dal ministero della Salute brasiliano, ma è stato confermato che il giovane era positivo al coronavirus. Si tratta di uno dei primi casi accertati fra gli indigeni.
"Abbiamo avuto un caso confermato fra gli Yanomami e ci preoccupa molto", ha detto il ministero della salute brasiliana, sottolineando che c'è molta "preoccupazione per la salute di tutti gli indigeni". Ad oggi sarebbero già diversi i casi confermati fra varie tribù e il rischio, visto che molte popolazioni vivono isolate, è che il diffondersi del virus aumenti in maniera drammatica il numero di vittime. Per il caso di contagio del giovane Yanomami deceduto, sono già settanta le persone costrette all'isolamento e a controlli, con il dubbio che famigliari e amici siano già stati contagiati
Fra i circa 38 mila Yanomami che vivono per lo più nelle zone di confine fra nord del Brasile e sud del Venezuela, la morte del giovane 15enne potrebbe rivelarsi come l'inizio di una possibile strage, da scongiurare con qualsiasi mezzo, dicono le autorità locali. Il Socio-Environmental Institute (ISA) afferma che se gli Yanomami ora sono in pericolo è a causa della diffusione del virus portato attraverso i minatori che entrano e operano illegalmente in territorio indigeno.
"Senza dubbio - si legge sul sito dell'ISA - il vettore principale per la diffusione del Covid-19 all'interno del territorio indigeno sono gli oltre 20 mila minatori illegali che entrano ed escono dal territorio senza alcun controllo", scrivono lanciando una accusa all'esecutivo brasiliano.
Tutte le tribù dell'Amazzonia oggi sono particolarmente vulnerabili, e l'Associazione degli indigeni del Brasile (APIB) ha affermato che il ragazzo potrebbe essere già il terzo indigeno a morire di Covid-19 in Brasile. In tutto il Paese si registrano circa 20 mila casi di contagi e il virus sembra che sia arrivato anche nella zona nord-orientale dell'Amazzonia, dato che i test post mortem su una donna Borari di 87 anni avrebbero confermato il contagio
L'appello delle varie associazioni che operano nel territorio dell'Amazzonia è per un maggiore impegno da parte del governo in modo da evitare la diffusione dell'epidemia, a comionciare dalla lotta alle miniere illegali dell'area
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