Grazie ad una ricognizione aerea del Funai, l'ente governativo brasiliano che si occupa di difendere e preservare le comunità indigene dell'Amazzonia, sono emerse nuove e importanti prove della loro sopravvivenza: dall'alto, in un'area al confine con il Venezuela, è stato fotografato un grande "maloca", o “yano”, la struttura di capanne circolare dove vivono i Moxihatetema.
Sono scatti importanti, che testimoniano come la tribù sia sana e cresciuta (si stima siano almeno 100 persone a comporla), ma che raccontano anche il rovescio della medaglia: gli Yanomami, spostati in cerca di un rifugio sicuro, appaiono sempre più in a rischio. A minacciarli ci sono due fattori: i minatori illegali che continuano a devastare la foresta e i fondi governativi brasiliani che stentano, tanto da dimezzare le risorse del Funai.
Le immagini del Funai sono state scattate a settembre mentre, con una ricognizione aerea, i responsabili dell’ente cercavano tracce dei minatori che continuano a dar vita a campi illegali: si stima ci siano almeno 5mila garimpeiros nel territorio Yanomami. E continuano ad arrivare.
Una minaccia che da quando è in carica Micheal Temer, 37esimo presidente brasiliano, non vede soluzioni imminenti. Il governo, che sta applicando una forte austerity a tutti gli enti nazionali del paese, sta facendo pesanti tagli di bilancio del Funai. Da un anno, per esempio, il campo base degli attivisti proprio nella zona dei Moxihatetema è stato chiuso per assenza di fondi. Questo significa minori controlli e maggiore caos, nel quale i minatori illegali agiscono indisturbati. "Sono stati lasciati al proprio destino" racconta Fiona Watson di Survival International. "Stiamo chiedendo che i finanziamenti non vengano tagliati, o per lo meno rimangano inalterati. Ma non abbiamo risposte in questo senso".
L'area dove vivono gli Yanomami è stata classificata come parco nel 1992 con l'obiettivo di proteggerli ed evitare il contatto con l'uomo. Dopo decenni di morti, violenze e deforestazione dovute dall'imperare dei minatori oggi le popolazioni indigene sembrano riuscire a sopravvivere, a curarsi e costruire abitazioni, a espandersi, a vivere grazie a una vasta conoscenza di oltre 500 piante, alla caccia, alla coltivazione e la pesca. Una cultura, la loro, preziosa e insostituibile.
Ma i diritti degli indigeni, racconta Davi Kopenawa, presidente dell'associazione Yanomami Hutukara e considerato una sorta di Dalai Lama delle foreste, potrebbero presto essere cancellati dato che nel 2017 sono previsti ulteriori tagli al Funai, lasciando l'ente con la più bassa disponibilità economica negli ultimi 10 anni.
"I minatori illegali sono come le termiti - ha commentato – continuano a tornare e non ci lasciano in pace. Ogni anno ci sono più garimpeiros. Che non rispettano il nostro territorio. Il governo deve fare di più per impedire loro di invadere la nostra terra".
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