lunedì 19 giugno 2017

FILOSOFIA E RELIGIONE. S. VASTANO, Peter Sloterdijk spiega il fondamentalismo di Lutero, L'ESPRESSO, 2 GIUGNO 2017

Nessuno sa se il 31 ottobre 1517 le conficcò davvero sulla porta della Schlosskirche, la chiesa del castello di Wittenberg. Sicuro è che con la pubblicazione (o affissione) delle sue 95 tesi contro la pratica delle indulgenze, il 34enne Martin Luther stava cambiando quel giorno non solo la sua vita. Ma anche la cultura, la società e la storia di tutti gli altri tedeschi. E quindi dell’Europa intera. Con la rivolta del monaco tedesco, infatti, la Cristianità si spacca in due: al Nord le chiese “riformate” di Lutero e poi di Calvino, al Sud “i vecchi cattolici”, fedeli all’infallibilità del papa e agli altri riti e miti della Chiesa santa, apostolica e romana.
Peter Sloterdijk

Ma non più “una”. «Lutero inverte la geopolitica del sacro in Europa e le coordinate centrali del nostro rapporto con la trascendenza», esordisce il grande filosofo tedesco Peter Sloterdijk, accogliendoci nel suo salotto. Tutto ciò che sino ad allora il cristiano aveva creduto, sperato o temuto - il senso della vita e della morte, i peccati, la salvezza, il rapporto con l’autorità, il potere ecclesiastico - si scioglie con la protesta di Lutero come neve al sole.



«E tutta la nostra vita, almeno qui al Nord, si trasforma in un unico Purgatorio e continua contrizione», continua Sloterdijk, docente di estetica all’università di Karlsruhe e autore della monumentale trilogia “Sfere” (Raffaello Cortina Editore). Qual è dunque il senso della rivolta scoppiata cinque secoli fa a Wittenberg, un paesino sperduto della Sassonia? Fu la “Galassia Gutenberg”, l’invenzione della stampa, a dare l’impulso decisivo alla Riforma luterana? E in che modo la mentalità, l’etica e la politica tedesca sono segnate dall’eredità di quel testardo e geniale monaco sassone? Comincia con questi interrogativi il colloquio in esclusiva per L’Espresso.



Martin Lutero fu un rivoluzionario o il più grande eretico della storia?
«Nella cronologia della storia europea il primo rivoluzionario non è Lutero, bensì il pontefice Urbano II, che per primo organizzò, sulla base del famoso “Dictatus Papae” del 1075, un putsch della Chiesa contro l’autonomia della sfera politica. È nel momento in cui il potere ecclesiastico inizia a assorbire lo spazio secolare della politica che in Europa partono le rivoluzioni. Senza l’instaurazione di questa teocrazia non si può comprendere né la novità di San Francesco né la protesta luterana».

Intende dire che il monaco tedesco riprende, nel Cinquecento, motivi francescani? 
«L’imperativo che spinge Lutero non è la povertà francescana, ma la riduzione all’essenziale della fede, contro una Chiesa sempre più grassa e corrotta. Quella del monaco sassone è una dieta radicale contro la fame compulsiva di potere e denaro della Chiesa romana. E, come tutte le diete, anche quella di Lutero è fondamentalista: il suo fine è una nuova anoressia del Sacro per l’uomo moderno».

La dieta di Lutero inizia con la protesta contro la pratica diffusissima delle indulgenze.
«Il 31 ottobre 1517, a Wittenberg, Lutero vede le bozze delle sue 95 tesi e le spedisce al suo vescovo-principe Albrecht il quale, da Magonza, gestisce un corrottissimo Stato ecclesiastico. La proclamazione delle indulgenze per Albrecht, come per il pontefice a Roma, era una impellenza economica, dal momento che si era indebitato orribilmente con la banca dei Fugger e con altri istituti di credito».

La miccia che fece esplodere la Riforma e l’era moderna fu una rivolta contro il sistema bancario? 
«Facciamo chiarezza. Moderna non è solo l’invenzione della stampa, con cui Lutero diffonderà le sue tesi, ma anche il catalogo che il vescovo Albrecht fece stampare con l’offerta di oltre 9mila reliquie. A quei tempi, una città in cui veniva esposto lo scheletro di un santo poteva essere proclamata luogo di pellegrinaggio. Le indulgenze contro cui si scaglia Lutero sono solo una porzione di una industria del sacro su cui la Chiesa romana aveva fondato il proprio potere».

Ma la velocità con cui la rivolta di Lutero prende piede si deve anche alle immagini e alle copertine altrettanto incisive disegnate per lui da Cranach.
«L’invenzione di Gutenberg fu decisiva perché moltiplicava per migliaia le copie di un testo. Ma quegli opuscoli venivano immessi nel mercato e letti da un pubblico. La protesta di Lutero coincide col fatto che, per la prima volta nella storia tedesca, si stavano formando a Erfurt o a Wittenberg delle università. Lutero approfitta di nuovi lettori e del nuovo rapporto tra le università, il Principe e i suoi “dottori”. Il Principe tedesco voleva sviluppare competenze teologiche e Lutero divenne il cervello favorito e protetto, prima da Federico il Savio e poi da suo fratello Johann Friedrich».

Secondo Gramsci quello di Lutero è il primo vero “partito” della storia europea.
«Gramsci aveva ragione: le Confessioni prefigurano i partiti politici. Anche prima di Lutero i cristiani sapevano di non essere l’unica religione al mondo, ma quello che sino a Lutero non immaginavano è di dividersi in confessioni intese come partiti politici, governati cioè dal principio “cuius regio eius religio”».

Che ruolo ha avuto, nella lingua e nella cultura tedesca, la traduzione di Lutero della Bibbia in tedesco? 
«Fondamentale. Nella maggior parte delle famiglie tedesche, il Nuovo testamento e la Bibbia nella traduzione di Martin Lutero sono i primi volumi della libreria domestica. Generazioni di tedeschi hanno imparato a leggere su quel testo e il tedesco di Lutero è l’impronta più profonda nella grammatica dell’anima tedesca».

Bibbia a parte, quali sono gli ingredienti su cui si basa la “dieta” della teologia luterana?
«Anzitutto la convinzione che nel nostro rapporto con Dio e l’aldilà contano solo la fede, le sacre scritture e il battesimo. Ciò vuol dire che un contadino o un artigiano, una volta battezzato, è automaticamente il proprio prete, vescovo e papa. Per Lutero, con il battesimo diventiamo membri effettivi della comunità cristiana. La lettura della Bibbia, inoltre, azzera ogni altra differenza tra sacro e profano, il prete e il laico. Riforma significa riduzione all’essenziale del messaggio cristiano».

Il rifiuto delle Indulgenze rimanda a un’altra visione dei peccati e della penitenza. Come funziona per Lutero la giustizia di Dio, cioè come ci si salva dai peccati?
«Il pensiero di Lutero è impregnato di un odio nevrotico contro Aristotele. L’intero movimento luterano si basa sull’odio viscerale contro lo Stagirita e la scolastica, la mistica neoplatonica e tutto ciò che confluì negli studi umanistici. La teologia luterana è segnata da una marcia indietro reazionaria rispetto alle tesi di Sant’Agostino. Con il vescovo di Ippona, Lutero nega risolutamente che l’uomo possa sviluppare con le proprie forze la “grande anima”, come la chiamava Aristotele. Contro questo cardine della cultura umanistica il monaco sassone tira fuori il revolver, perché per lui è solo la fede in Dio e nella Bibbia a salvare l’anima dell’eterno peccatore».

Secondo Le Goff ci sono voluti secoli di elucubrazioni per costruire il Purgatorio. Perché Lutero lo abbatte?
«Non è vero che Lutero lo abbia smantellato. Al contrario, radicalizzando la dottrina del peccato originale di Sant’Agostino, Lutero toglie il Purgatorio dall’aldilà per trasferirlo nella vita terrena. La 15esima e la 16esima delle sue 95 tesi, in cui tratta della paura delle pene eterne, sono centrali. L’alternativa è tra “Desperatio” o “quasi Desperatio”: tutta qui per Lutero la differenza tra Inferno e Purgatorio, come dice la tesi numero 16».

Già Marx, criticando la filosofia politica di Hegel, coglie in Lutero il marchio di fabbrica dell’Homo Teutonicus: «La trasformazione della Devozione in Convinzione e dei laici in preti». Dopo aver distrutto la religione dei papi Lutero ha creato il diktat ancora più invasivo della moralità?
«Dall’imperativo categorico kantiano all’idealismo di Fichte, Schelling o Hegel, tutta la filosofia tedesca è una metastasi della Riforma. Non si possono comprendere i tedeschi senza i secoli di biblicismo interiore dell’etica luterana. I miei impegni, le mie energie e desideri sono spesi diversamente se per i miei peccati ho un confessionale e un prete a cui rivolgermi. Oppure se sarò io stesso a sorvegliare ogni giorno il processo di purificazione morale. Non è facile essere un protestante».

Dal 1517 in poi, almeno nell’Europa del Nord, la religione diventa un modo più rigoroso per gestire i debiti con Dio?
«Il Purgatorio era il preludio a una vita migliore e celeste. L’operazione di Lutero, e soprattutto dei calvinisti, di annullare questo spazio per radicarlo nella vita terrena ha l’effetto di amalgamare il processo del pentimento all’etica del lavoro. Un elemento che contribuisce alla spaccatura tra Nord e Sud dell’Europa».

In che modo?
«Gli abitanti dell’Europa del Sud non si sentono così in colpa da dover lavorare in continuazione per espiare i propri peccati. Da noi al Nord la dimensione del lavoro è ormai parte dell’ascesi calvinista. A partire da Lutero, la “poenitentia” non permea solo la Chiesa, ma la dignità del “laboratorio” o, diremmo oggi, il posto di lavoro. E in ciò si vede la distanza che separa Petrarca, e la cultura umanista dell’Otium, dal monaco sassone».

L’assalto di Lutero a Roma era dunque un attacco al cosiddetto “Tesoro dei Santi e di Gesù”, alla “santità morale” custodita in Vaticano?
«Sì. Lutero e le chiese riformate sono la dilapidazione sistematica di quel “Tesoro dei Santi e di Gesù” conservato nella banca del Vaticano. Una accumulazione originaria della “santità” che consentiva ai pontefici di proclamare indulgenze convertendo in oro, con la salvezza dell’anima dei fedeli o dei defunti, i peccati della cristianità. A questa operazione alchemica, lo scambio dei peccati in oro, Lutero non crede più. E da quel momento spariscono dalle chiese protestanti non solo le immagini di Maria, ma anche le reliquie. È un altro passaggio decisivo per capire l’essenza del cristianesimo e delle due confessioni».

Perché?
«Per vedere in carne e ossa l’essenza del cattolicesimo contro cui Lutero si ribella basta aver visto una volta la lingua di Sant’Antonio a Padova: il culto della reliquia si basa sulla magia dell’incarnazione del Verbo in una lingua. E Lutero è l’Anti-filosofo che non crede più in questi passaggi simbolici».

La tesi di Max Weber sull’etica protestante come incubatrice del capitalismo ha ancora la sua plausibilità?
«Oltre che con le inclinazioni del protestantesimo, la diffusione di una nuova etica del lavoro in Nord Europa ha a che fare con norme molto rigide nel sistema dei crediti di allora. Il debitore era condannato a immaginare metodi molto creativi per restituirlo in tempo: in caso contrario lo aspettavano punizioni terribili, come la morte per fame in carcere. È anche questo sistema punitivo dei crediti che spinse nel Nord Europa a nuove discipline del lavoro».

Cinquecento anni dopo Lutero l’uomo occidentale ha ancora voglia di ribellarsi in nome della fede?
«I monaci si chiamavano “Athletae Christi” perché Cristo era il loro “Epistates”, il loro allenatore, e perché l’ascesi degli atleti fungeva loro da modello corporale. In ogni forma di allenamento sportivo vi è latente un potenziale spirituale. Oggi si praticano esercizi atletici come non mai, non sottovalutiamone gli indiretti effetti spirituali. E non disperiamo: l’Occidente è pur sempre fondato sull’aspettativa della buona novella o – nell’era digitale – almeno di buone notizie».

Joachim Fest, il più accorto biografo di Hitler, diceva che per capire l’anima dei tedeschi e il nazismo dovevamo tornare alla Guerra dei Trent’anni, l’immane carneficina innescata dall’insurrezione di Lutero. Dal 1517 alle catastrofi del Ventesimo secolo la storia è segnata dalla teologia della “sola fede” di Martin Lutero?
«Con tutto il rispetto per Fest, intendo sottolineare che il nazionalsocialismo non è stato conseguenza della Guerra dei Trent’anni, ma una copia tedesca del fascismo italiano. L’insurrezione anti-cattolica di Lutero non ha nulla a che fare col nazismo. Hitler era un disastroso quasi-cattolico; e il suo ideologo Carl Schmitt, a Pasqua, andava regolarmente a Roma per farsi benedire dal santo padre».

La politica della cancelliera Angela Merkel sui grandi temi - l’euro, la crisi economica nei Paesi del sud, l’austerity - in quale misura si basa sul paradigma dell’intransigenza luterana? 
«La differenza tra Nord e Sud dell’Europa, in materia di debiti, non deriva tanto dalla spaccatura delle confessioni, quanto dal contrasto tra due scuole economiche. Le nazioni meridionali, Francia inclusa, adottano un modello di stampo keynesiano: assumono crediti senza chiedersi come restituirli. Gli altri Paesi europei, Repubblica Federale inclusa, credono a un equilibrio tra entrate e uscite. È sbagliato bollare come austerità la fiducia in questo equilibrio, come è astruso far derivare da qui un nuovo “Anti-Germanismus”. Purtroppo, è ciò che accade in tutta Europa, specialmente in Francia. In Europa, anche in Italia, sono in tanti a credere che ci si salvi non con la fede, ma tramite questo “delirium economico”».



2 commenti:

  1. Articolo interessante, di cui tante ne ero a conoscenza. Comunque grazie per averlo condiviso.

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