lunedì 4 settembre 2017

CINEMA FICTION E SOCIETA' ITALIANA. P. NEGRI, L'immagine dell'Italia nella fiction, LA STAMPA, 3 settembre 2017

La prima immagine di «Suburra», la prima serie prodotta in Italia per Netflix, è la facciata della Basilica di San Pietro. Di notte. La camera arretra su via della Conciliazione, deserta, fino a quando da un antico portone esce una figura misteriosa. Scopriremo presto che è un prelato, immaginiamo di curia, e che è diretto a una villa suburbana in cui si sta svolgendo un’orgia. La radio intanto annuncia le dimissioni del sindaco di Roma.  



«Sesso, droga e Vaticano»: Michele Placido, regista dei primi due episodi, ha sintetizzato così i contenuti della serie, che ha l’obiettivo di reggere il confronto con «House of Cards», «Narcos» e «The Crown», e comunque con i prodotti più amati e di maggior successo della piattaforma via streaming che ha 100 milioni di abbonati nel mondo. Ma non è così semplice: in «Suburra» i riferimenti all’attualità abbondano e non è difficile trovarne di puntuali alle vicende e alle indagini che portarono il nome giornalistico di Mafia Capitale.  

La serie, come è evidente a chi ha potuto vedere i primi due episodi, presentati ieri a Venezia, in una Mostra del cinema che Netflix con molte ragioni considera amica (soprattutto nel confronto con Cannes), discende da «Gomorra». Stessa esplicita violenza, di gesto e di linguaggio, stesse ambientazioni notturne e stessi colori saturi, stessi volti realistici e intensi. Soprattutto, stessa produzione: Cattleya, la società che nel 2008 ha realizzato «Romanzo criminale» e nel 2004, appunto, «Gomorra». Con tali successi alle spalle, oggi si può ben dire che la linea Cattleya «Romanzo criminale»-«Gomorra»-«Suburra», ovvero Banda della Magliana-Camorra-Mafia Capitale stia raccontando l’Italia al mondo. È bello, è giusto che sia così? Un altra narrazione è possibile? 

Forse la risposta non si trova a Venezia, dove anche i musical («Ammore e malavita» dei Manetti Bros.) e i cartoni animati («La gatta cenerentola» realizzata a Napoli) parlano di camorra, me nei progetti seriali, per piattaforme tv o in streaming ai quali si sta lavorando. C’è «L’amica geniale», prodotto da Wildside per Rai e Hbo, dai romanzi di Elena Ferrante, diretto da Saverio Costanzo. Poi c’è «Les Italiens», che il regista danese Nicolas Winding Refn trarrà dai gialli politici di Enrico Pandiani; il «Papa nuovo» di Sorrentino, che con «The Young Pope» fu geniale nel far credere di parlare del Pontefice mentre raccontava di sé. Poi arriveranno gli omaggi al nostro grande cinema popolare: «Colt», che sviluppa un’idea di Sergio Leone; «Django», omaggio agli spaghetti western; «Suspiria De Profundis», ispirato allo stesso libro da cui Dario Argento prese spunto per «Suspiria».  

E poi sì, ci sono i progetti che continuano la linea mafiologica: «ZeroZeroZero» dal libro di Roberto Saviano, «Beati Paoli», curato da Giuseppe Tornatore, sull’associazione segreta che anticipò Cosa Nostra, e «Vaticano», dai libri sul lato oscuro della Chiesa. Quali di questi racconti così italiani il mondo vorrà ascoltare?  

Nessun commento:

Posta un commento