Non è la prima volta che Luca Ricolfi interviene sulla vicenda del covid (lo aveva fatto pubblicando "La notte delle ninfee. Come si malgoverna un'epidemia", anche in questo caso il titolo (Covid e tabù) allude alle oscurità dei miti che ci accompagnano) per stigmatizzare le modalità di rappresentazione dei fatti, le decisioni politiche, gli atteggiamenti e i comportamenti di gruppi e collettività. Lo aveva fatto, nel passato, anche per altri fenomeni ricorrendo a strumenti più precisi e propri delle scienze sociali a fronte di quelli impropri di cui si serve il senso comune e l'informazione.
A me pare che l'intento dell'articolo sia quello di evidenziare come, nel racconto pubblico che si sta facendo da mesi, media, politici e anche esperti abbiano preferito schierarsi e/o appoggiare le diverse fazioni che si sono costituite piuttosto che esaminare le cose senza farsi "accecare dalla faziosità e dall'ideologia", cosa possibile se si adottassero le strategie dello studioso di scienze sociali quale Ricolfi è e se, soprattutto, si facesse ricorso alla matematica (per la quale il nostro sociologo nutre da sempre grande rispetto). Solo in questo modo ci si potrebbe districare meglio fra i vari totem e tabù che, invece, la comunicazione e i poteri dominanti hanno eretto in questi mesi e continuano ad erigere a difesa delle varie posizioni formatesi. In questo senso i termini tabù e totem, evocati da Ricolfi, potrebbero essere interpretati come l'ennesimo provocatorio rimprovero finalizzato a distinguere fra una comunità certo istituzionale, ma che, però, pensa e agisce in modo parziale, omissivo, settario, ai fini della pessima gestione dell'ordine e del potere (il che rimanda, aristocraticamente e anti-democraticamente, ai "molti che non pensano e che non si sanno autogovernare", se non addirittura, alla rappresentazione socio-psicologica delle masse di inizio Novecento: Ricolfi è anche l'autore di un saggio controverso e provocatorio come "La società signorile di massa", 2019) e una comunità di studiosi (quella a cui Ricolfi appartiene, i pochi) che dovrebbe, invece, esaminare i fatti con strumenti obiettivi, neutri e raffinati come quelli esemplificati dalla "matematica della scelta razionale". Solo così, sembra voler dirci l'autore, la "comunità dei molti" potrebbe diventare altro rispetto a quel "primitivo" che, consciamente o inconsciamente, continua ad agirli in profondità (forse Ricolfi e gli studiosi suoi pari, come rappresentanti dei pochi che pensano, si sentono al riparo da questi rischi) e che l'incertezza del covid ha sicuramente risvegliato evocando, sopra ad ogni altra paura, la paura, questa si ancestrale, della morte.
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